Con l’Africa. Storie e persone che costruiscono il futuro
Sotto la spinta del Cuamm, giovani medici e non solo, danno la speranza a chi soffre in un Continente dimenticato - Giuseppe Ragogna – Con l’Africa. Storie e persone che costruiscono il futuro. Ediciclo editore - Pag. 255 – Euro 18.00.
di Giuliano Orlando
Un libro che lascia il segno. Potente come un pugno nello stomaco. Il Cuamm (Collegio Universitario, Aspiranti e Medici Missionari) è nato nel 1950, ad opera dei coniugi Francesco Canova e Regina Dal Zio, precursori di un volontariato di coppia e non solo, che si è sviluppato negli anni, come una luce capace di illuminare e cercare di porre rimedio alla situazione drammatica nell’area sub-sahariana che comprende Etiopia, Tanzania, Uganda, Repubblica Centrafricana, Angola, Sud Sudan, Mozambico, Sierra Leona e Costa d’Avorio. Un cosmo dove ogni nazione ha problemi diversi, anche se poi convergono con le stesse necessità, tutti drammatici, dove nascere è una scommessa e la percentuale di sopravvivenza è ai limiti più bassi al mondo. In questi gironi infernali, il Cuamm e altre organizzazioni religiose e laiche, compresi Medici senza Frontiere e altre Ong, portano il loro amore perché di questo su tratta, per alleviare e offrire quella speranza in un futuro migliore, che diversamente si tradurrebbe in tragedia assicurata. Un libro di episodi, di storie struggenti e al limite dell’incredibile. Nell’ospedale di Tosamaganga, distretto rurale di Iringa in Tanzania, c’è un batuffolino che si muove nell’incubatrice. Pesa 800 grammi e si aggrappa alla vita con una tenacia commovente. L’hanno chiamata Kindness, gentilezza. Qualche settimana dopo, esce dall’ospedale, al momento ce l’ha fatta, in un Paese dove la mortalità per i nati sotto il chilogrammo è del 90%. Il problema della mortalità infantile è una delle tragedie quotidiane. I villaggi rurali distano km. e km. dalle strutture sanitarie e non ci sono mezzi di trasporto. Solo nel Corno d’Africa quasi dieci milioni di bambini sotto i cinque anni, sono affetti da malnutrizione. Che restano l’anello debole della società. Il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili anche se in diminuzione è ancora alto, pur se meno esteso del matrimonio prematuro concordato dai genitori per le figlie. Pratiche che sono frutto di culture e tradizioni antiche, da estirpare con azioni di convincimento e mai prese di petto. In Kenya e non solo, il problema dell’acqua è drammatico per molti, in particolare nei villaggi dove il rifornimento è il primo pensiero di ogni famiglia. A creare ulteriori difficoltà i flussi migratori che accendono tensioni per il possedimento dei territori e non solo. Sempre in Kenya sugli altipiani non manca l’acqua, ma dove finisce? Osservando il territorio, scopri l’espandersi a perdita d’occhio di enormi serre. Dentro le strutture in ferro coperte da teloni bianchi, si coltivano rose di ogni specie con sfumature diverse. Il Paese è tra i maggiori produttori su larga scala. Da Nairobi decollano gli aerei per il rifornimento dei mercati mondiali. L’Olanda in particolare è uno degli attori principali del grande business. Delocalizzata in Kenya la parte produttiva, mantenendo per sé la commercializzazione. Sfruttando la mano d’opera a basso costo. Con turni di lavoro di dieci ore al giorno per cinquanta euro al mese. I fiori hanno bisogno d’acqua e quindi laghi e fiumi servono a questa funzione. “I grandi tubi – denunciano i missionari - sono stati dirottati tutti verso i sistemi di irrigazione, escludendo i villaggi. Le risorse naturali sono sfruttata dalle multinazionali, d’accordo con i governi che ignorano la popolazione, alla quale non vanno neppure le briciole. I beneficiari sono gruppi occidentali, cinesi, turchi, russi, indiani o monarchie del Golfo. Le ricchezze del sottosuolo sono spesso maledizioni in assenza di uno Stato strutturato. L’impoverimento è causato da disuguaglianze inaccettabili”. In questo marasma di sfruttamenti vari, spunta come un fiore nel deserto, l’iniziativa di don Romano Filippi, un sacerdote veneto: “Ho responsabilizzato i kikuyu, gli abitanti della zona, convincendoli a mettere ciascuno il proprio mattoncini. Non è stato facile, in certi momenti ero vicino alla resa, ma grazie alla fede adesso il villaggio è autonomo e c’è l’acqua”. Capire come abbia fatto a mettere tubi per oltre 650 km. è qualcosa di incredibile, resta il fatto che il sogno è diventato realtà. Ottenere i visti per entrare nella Repubblica Centroafricana è assai complicato. Ostacoli a non finire e l’avvertenza che il Paese è ritenuto tra i più instabili al mondo. Il motivo del viaggio è a scopo umanitario. Una nazione con un territorio il doppio dell’Italia abitata da cinque milioni e mezzo di persone. Il 10% delle quali risiede a Bangui, tra le capitali più povere del mondo. Per capire meglio, il Paese si gioca l’ultimo posto a livello mondiale nella scala dello sviluppo umano col Sud Sudan e il Niger. Gran parte della popolazione sopravvive con un dollaro al giorno e anche meno. Il Cuamm è impegnato in una nazione dove manca tutto riguardo a strutture sanitarie. “Nel 2015 - ricorda don Dante Carraro, il direttore dell’ospedale – abbiamo raccolto l’appello di Papa Francesco quando in occasione del Giubileo della Misericordia, aprì la Porta Santa della cattedrale più povera del più povero dei Paesi. Il Pontefice si era accorto che nell’ospedale mancava un reparto destinato ai bambini vittime di malnutrizione”. Tramite l’ospedale Bambino Gesù di Roma e il Ministero della Salute locale, il Cuamm è intervenuto ed è attivo assieme ad altre Ong, per dare aiuto ai tanti che non hanno nulla. Il viaggio dei cooperanti verso Bossangoa, fotografa villaggi remoti e dimenticati, ma anche check-point, più meno regolari, dove la punta del kalashnikov entra dal finestrino per far capire chi comanda. Per fortuna l’adesivo sulla fiancata “no armi” e la bandierina dei Medici con l’Africa, servono più di ogni lasciapassare. A sorpresa in un villaggio spuntano due omaccioni russi, armati e in tuta mimetica, che ti osservano restando in disparte. Sono gli ex dalla Wagner, che dopo la morte di Yevgeny Prigozhin, è diventata Africa Corps, sigillando il legame con Mosca, operativa in Mali, Niger, Burkina Faso, e nella Repubblica Centroafricana. La giustificazione ufficiale è la lotta all’espansione del terrorismo jihadista. Mosca offre l’assistenza militare e la fornitura di armi in cambio della gestione delle miniere ricche di oro, diamanti e metalli preziosi. Portando via tutto ciò che possono compreso il legno pregiato delle foreste equatoriali. Senza investire nulla. L’ingorgo di interessi sviluppa incidenti di percorso. Nella miniera d’oro a Chimbolo è avvenuta una strage di tecnici cinesi. Senza individuare i responsabili. A proposito della Cina, presente nell’Africa sub-sahariana, lavora a livello economico-commerciale. Costruiscono infrastrutture, strade, ferrovie, porti e aeroporti. Senza apparire, solo attraverso il business. Sfruttano i mercati a basso costo, privi di barriere normative. La strategia è sempre quella: i Paesi si indebitano e il Dragone li strangola. Ho descritto una minuscola parte degli episodi e situazioni che il libro tratta. Ma invito tutti a leggerlo, per capire e riflettere. Scoprendo realtà affaristiche scandalose, i vertici di una concorrenza senza scrupoli, contro il lavoro umile, disinteressato e spesso ostacolato di missionari con o senza veste talare. Minuscole formichine operose a favore di quell’esercito infinito che non ha nulla. Che il resto del mondo ignora, essendo prive di interesse scandalistico. A chi importa come le stime dei ricercatori, affermino che siano oltre il mezzo miliardo i poveri, senza un futuro? All’allarme risponde un manipolo di persone che opera per vincere una battaglia disperata. “Con l’Africa”, fa parte di questa missione impossibile. Un libro che dovrebbe entrare nelle scuole e nelle strutture pubbliche.
Giuliano Orlando