Il Cammino della Tuscia, dal Tevere al Mar Tirreno
Percorso inedito e antico, fuori dalla rotta Roma-Firenze. Nel cuore del viterbese, lungo dieci borghi e cinque siti archeologici – Stefano Mecorio – Il Cammino della Tuscia, dal Tevere al Mar Tirreno – Ediciclo editore – Pag. 96 – Euro 14.00.
di Giuliano Orlando
Sono sempre stato un convinto sostenitore delle guide che scoprono l’Italia meno conosciuta, lasciate troppo a lungo nell’anonimato. Il Cammino della Tuscia è la testimonianza di questa filosofia. Stefano Mecorio, fa conoscere un territorio che potrei definire inedito, ricco di storia e non meno paesaggisticamente interessante, attualizzando un percorso discretamente impegnativo, partendo da Orte scalo, la frazione di Orte bagnata dal Tevere, dove sostano i treni, per l’ultimo stop prima di giungere a Roma Termini. Il cammino della Tuscia prevede otto tappe, per un totale di 110 km. nel cuore del viterbese, scivolando a Sud per scoprire realtà che paiono magicamente ferme nel tempo, eppure vive e pulsanti. Non è stato un lavoro semplice, rendere fattiva questa via che è un tortuoso filo di terra – sono le parole dell’autore – che inanella scorbutiche perline dalla montagna fino al mare. Meglio non avrebbe potuto descrivere quello che un tempo era il Sentieri 103, oggi diventato il Cammino della Tuscia. Dieci anni per mappare nove paesi (Soriano, Vasanello, Orte, Vetralla, Civitella Cesi, Monte Romano, La Botte, Barbarano Romano e Tarquinia), dando luce a dieci borghi e cinque siti archeologici altrimenti ricoperti di quella polvere che nasconde e fa dimenticare un passato ricco e illustre. Il progetto è targato CAI Viterbo, sul cui sito è facile conoscere ogni dettaglio della camminata. Dalla montagna fino a lambire il Tirreno, approdando a Tarquinia, l’antica Tarkna città etrusca che fiorì nel 300 a.c., fiera rivale di Roma. Città da visitare assolutamente, con la sua parte archeologica dall’Ara della Regina, focalizzata dal tempio etrusco e dove nell’area furono trovati i famosi Cavalli alati visibili nel Museo nazionale etrusco. Non poteva mancare un piatto locale, tra i tanti del posto, ovvero la scafata, una minestra, dove l’ingrediente principale è rappresentato dalle fave, alle quali è consigliabile aggiungere bieta e patate, per renderlo più consistente. Ad ogni fine tappa, ne scoprirete altri non meno appetibili. L’aria del mare è l’ideale refrigerio e saluto di commiato ai partecipanti di una camminata che inizia da Orte Scalo, proponendoti subito una salita per avvisarti che i tratti di questo tipo ti accompagneranno per tutta la prima parte. Una fatica ripagata da un panorama dove i fiori (rosa canina, ginestra, pero selvatico e azzeruolo) in un territorio in apparenza arido, nella stagione primaverile ingentiliscono e aiutano a sopportare la fatica. La prima sosta a Vasanello (quota 265 metri) il segnale del successivo impegno che porta i camminatori a Soriano del Cimino (509 metri). Prima di lasciare il borgo è consigliabile visitare il Castello Orsini, struttura imponente, dalle quattro torri che funge da sentinella ideale, visto che nacque come edificio militare. Dove vi soggiornarono i Farnese e Lucrezia Borgia. Il percorso che conduce verso Soriano è tutto collinare, vigneti che incantano per la loro linearità e bellezza, in aggiunta il profumo dell’erica che accompagna per alcuni km. Peccato che non sia contemplata una sosta a Palazzolo, insediamento storico millenario, dove morì Elbio, l’ultimo re etrusco, e dove si trova anche la celletta di Santa Rosa. In alternativa e a sorpresa, lungo il percorso scopri nella foresta dalle alte querce una pista da cross per gli appassionati del fracasso. Pima di giungere alla fine della tappa, una sfilza di noccioli accompagnano l’ultimo tratto che conduce a Soriano. Il cui benvenuto è disegnato da una costruzione imponente e una roccaforte non meno importante. La cittadina conosce bene i benefici del turismo ed è attrezzata alla perfezione. Botteghe a non finire lungo gli infiniti vicoli, dove i negozietti espongono il meglio dell’artigianato locale. Non poteva mancare il castello Orsini, la cui storia ha qualcosa in più oltre i personaggi nobili che l’abitarono. Il conte Giovanni Caraffa, sorprese la moglie Violante Diaz in amorevole compagnia di Marcello Capece, e non ebbe dubbi nell’ucciderli entrambi. I loro fantasmi, dimostrando polmoni eccezionali continuano a sospirare sonoramente. La terza frazione è quella più impegnativa, oltre che la più lunga con i suoi 20 km. abbondanti. La salita è la costante, come il panorama mozzafiato, due le cime in programma, il monte Cimino (1053 mt) e il Poggio Nibbio (880 mt) a 6 km. da San Martino al Cimino dove finisce la tappa. L’autore assicura che la fatica è compensata dallo spettacolo che circonda il viandante. Nessun dubbio in proposito, quindi è stuzzicante provarci. A questo punto finisce anche la mia dissertazione, lasciando al lettore il piacere di conoscere il resto del Cammino della Tuscia, che ho trovato completo in ogni dettaglio. Un piccolo volume capace di contenere l’essenza di un lungo lavoro preparatorio che ha richiesto pazienza, conoscenza e soprattutto tanto amore per la Tuscia. Uno scrigno che si apre, dal quale escono tesori di informazioni storiche, culturali e ambientali, capaci di stuzzicare e coinvolgere fino alla decisione di conoscere dal vivo questo piccolo ma importante eden naturale.
Giuliano Orlando