La conquista del K2
Dopo 70 anni dalla conquista della vetta himalaiana da parte della spedizione italiana, nuova edizione del libro sull’impresa – Ardito Desio – La conquista del K2 – Corbaccio Editore – Pag. 268 – Euro 19.00.
di Giuliano Orlando
Ci ha pensato la figlia Maria Emanuela Desio a ricordare l’impresa della spedizione che conquistò il K2, allestita dal padre Ardito, geologo, alpinista, esploratore, ma soprattutto pioniere, anticipatore nella scoperta di terre lontane e misteriose sotto l’aspetto scientifico e geologico. Alla guida di spedizioni nel deserto del Sahara, in Albania, in Birmania, al Polo Sud, in Tibet e sull’Himalaya. Dopo la storica impresa, Ardito Desio scrisse un corposo libro che ripercorreva non solo il tracciato della conquista nel 1954, riuscita dopo numerosi tentativi falliti, costati vite umane, ma apriva le porte alla conoscenza di quanto sia difficile allestire e portare a termine una simile impresa. Può servire un solo particolare, per portare al campo base il materiale e i viveri, il carico degli apparecchi vari, dai respiratori alle radio, furono necessari 502 portatori! L’Italia ci aveva provato due volte, la prima nel 1909 guidata da Luigi Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi, protagonista di altre spedizioni importanti. La successiva nel 1929, guidata dal sabaudo Aimone di Savoia-Aosta, principe di Spoleto, alla quale prese parte anche Ardito Desio. Purtroppo per la drastica riduzione dei fondi previsti e l’organico al minimo, venne cancellata ogni meta alpinistica, ritoccato il programma scientifico. Fu proprio Desio con la guida Croux a risalire il ghiacciaio Godwin Austen ai piedi della sella Vittorio Sella, giungendo a quota 5600 metri, dove presero la via del ritorno. Nel corso dell’ascesa Desio ebbe modo di studiare il crestone meridionale, che vent’anni prima aveva tentato di scalare il Duca degli Abruzzi. Quanto la vetta del K2 fosse un traguardo difficile lo dimostrarono i tentativi falliti da spedizioni importanti a cominciare dal 1902, poi quella italiana nel 1909. Gli americani guidati da Charles Houston, un medico statunitense, con esperienza alle spalle di altre spedizioni himalayane, ci provarono nel 1938 sfiorando i 7800 metri. L’anno dopo ci riprovarono ancora gli americani sotto gli auspici dell’American alpine club. Il gruppo guidato da Wiessner arrivò a quota 8385, costretti a fermarsi per il maltempo. La Grande Guerra bloccò ulteriori tentativi, che ripresero nel 1953, ancora con Charles Houston che ebbe poca fortuna, e lasciò una vittima sul ghiacciaio, stoppati a quota 7650. La spedizione italiana del 1954, ebbe un parto decisamente laborioso, partendo alcuni anni prima, richiedendo permessi e finanziamenti non facili da ottenere. Qui la bravura di Ardito Desio, abile tessitore a livello politico e culturale, venne fuori alla grande e permise di allestire una spedizione che per quegli anni, si dimostrò altamente qualificata sul piano tecnico e della ricerca. Il libro è la cronaca minuto per minuto di un percorso lunghissimo, che ha nella preparazione il segreto del successo. Due anni prima Ardito era stato in Pakistan, facendo richiesta per scalare il K2 nel 1953, ma ebbe risposta negativa, essendo stato preceduto da quella del dottor Houston. L’insuccesso non lo scoraggiò e si propose per l’anno successivo, muovendo le alte sfere italiane, aiutato dall’allora presidente del CONI, il conte Alberto Bonacossa che sollecitò l’intervento di Alcide De Gasperi, il capo del governo. La situazione venne sbloccata favorevolmente grazie al colloquio tra De Gasperi e Mohamed Alì, il presidente del Pakistan, in visita a Roma. Ottenuto il permesso, Ardito mise in moto la macchina della spedizione in ogni dettaglio. Dalla scelta dei componenti, gli alpinisti più validi per una spedizione del genere, dalle visite mediche alla predisposizione ad una prova tanto impegnativa, in modo che partissero nelle condizioni migliori, l’equipaggiamento e la preparazione fisica e mentale, non secondarie. Anche la scelta degli altri non risultò meno minuziosa, dal medico agli altri componenti. In totale 20 persone compreso Ardito Desio. Gli alpinisti Abram, Angelino, Bonatti, Compagnoni, Floreanini, Lacedelli, Puchoz, Rey, Viotto, Soldà e Gallotti. L’operatore Fantin e i pakistani Badshajan topografo e il colonnello medico Atta Ullah, osservatore del governo locale, che si dimostrò indispensabile quando molti portatori decisero di lasciare la spedizione. Per la parte scientifica vennero scelti i professori Graziosi e Matussi, i dottori Zanettin e Pagani e il capitano medico Lombardi. Ai fatti una scelta indovinatissima, che risultò quella vincente anche nei momenti più drammatici e non furono pochi. Il libro ha grande vivacità e non soffre affatto dell’anzianità della prima uscita. Coloro che amano la montagna e non sono pochi, in particolare per i tanti che quell’impresa non l’hanno vissuta in diretta, leggere questo libro è una scoperta incredibile. Pagina dopo pagina, viene vissuta un’avventura ad altissimo tasso emozionale. Ci sono siparietti molto divertenti dalle partite di polo e hockey, evitate dai nostri, costretti poi a ballare, dove non dettero prova di grande abilità, ma solo di buona volontà. Anche il dopo impresa risultò abbastanza impegnativo ma divertente. Poi ci sono gli aspetti della fatica e la lotta contro freddo, fatica e maltempo. La squadra che sale da un campo a quello successivo, tra mille difficoltà verso il gigante di pietra che ha sempre respinto gli assalti per violarne la cima e sembra intenzionato a non concedere il privilegio neppure alla spedizione italiana. Con grande tristezza, paga il prezzo della vita un componente. Stroncato dalla polmonite il valdostano Mario Puchoz, uno dei più forti del gruppo. La tragedia sprona al successo per dedicarla a lui. Evito di raccontare nel dettaglio il racconto dell’impresa, perché il lettore assapori un testo di grande freschezza, che grazie alla figlia Emanuela è tornato alla luce, dopo un silenzio di 70 anni, un’eternità. Incredibile è che il tempo trascorso non abbia inciso sull’attualità della conquista. Se Compagnoni e Lacedelli furono i predestinati a salire in vetta e la scelta, determinò anche una coda polemica infinita, per incomprensioni volute o fortuite, l’impresa grazie al libro coinvolge tutti i componenti, nessuno escluso. Ognuno adempì al proprio compito e nessuno venne meno. Questo il segreto del successo.
Giuliano Orlando