I geni degli scacchi. Storie, follie e stravaganze dei grandi maestri
Dalla scuola russa alla sfida stellare Spassky-Fischer lungo un percorso affascinante e incredibile – Adolfo Mollicelli – I geni degli scacchi. Storie, follie e stravaganze dei grandi maestri. DIARKOS Editore - Pag. 226 – Euro 18.00
di Giuliano Orlando
Genio e sregolatezza rappresentano il binomio ideale, riferito ai grandi campioni degli scacchi, un gioco che si perde o si scopre, fosse già attivo diversi millenni addietro. Il lavoro scritto da Adolfo Mollicelli, illustra con dovizia di particolari, senza cadere nel tranello della ripetitività, quelli che hanno scritto le pagine indimenticabili di una disciplina che coinvolge la mente al punto di diventarne schiava. Sul vertice di questa piramide, albergano personaggi straordinari nel bene e nel male, visto che anche i punti oscuri hanno buone percentuali in questa galleria. Oltre al genio e alla sregolatezza va aggiunto un terzo particolare non trascurabile. L’esuberanza verso il gentil sesso arrivando all’ossessione fino a pagarne conseguenze pesanti. Il primo della lista è sicuramente Francois-André Denican Philidor, nato in Francia nel settembre 1726, che conobbe gli scacchi attraverso la musica, dove si era rivelato giovanissimo. A soli dieci anni faceva già parte del coro della Cappella reale di Versailles. Osservando due giocatori in un intervallo di riposo, ne restò affascinato, perfezionandosi al Café de la Régence, frequentato da nomi celebri quali Rousseau, Diderot, l’americano Franklin in quel periodo ambasciatore a Parigi e Napoleone tra una guerra e l’altra. Francois-André, spesso lontano da casa, non dimenticava mai di scrivere alla moglie Angelica, pregandola di baciare i figli, ben sette e salutare cane e gatto. Il grande affetto per la famiglia non gli vietava di essere un impenitente corteggiatore, procurandosi seri problemi con i mariti. Scrisse L’Analyse du jeu des Eches” , tradotto in dodici lingue. Nonostante i guadagni, morì a 79 anni a Londra, povero e solo. Che dire di Paul Charles Morphy, nato nel 1837 a New Orleans; a soli tredici anni considerato già un fenomeno. Avvocato fallito, battè tutti i più forti giocatori dell’epoca. Collezionista di scarpe femminili, si chiuse in un isolamento monastico, spegnendosi a 47 anni, pure lui in miseria. Sulla cima dei fuoriclasse degli scacchi, nel ruolo di dongiovanni, il capoclassifica è indubbiamente il cubano Josè Raul Capablanca, nato all’Avana nel 1888 e morto a New York nel 1942. Scrive l’autore: “Un volto da torero, capelli neri e lisci, elegante, si avviava al tavolo da gioco con passo da ballerino”. Famiglia benestante, talento assoluto, In carriera vinse 302 partite, ne impattò 246, perdendone solo 35, con la tara che potevano essere anche ridotte, se fosse stato meno donnaiolo. A Karlsbad, città termale vicino a Stoccarda, aveva portato a seguire il torneo dove era favorito. la nuova fiamma, non immaginando che la moglie era partita dagli Stati Uniti per andarlo a trovare. Invece di una sorpresa fu un patatrac. Perse il torneo, la nuova fiamma e la moglie che chiese subito il divorzio. Conoscere i retroscena della sfida del secolo nel luglio 1972 tra Robert James Fischer, l’astro di Chicago, nato nel 1943 e morto in Islanda nel 2008 e Boris Spassky, il russo di Pietroburgo, caposcuola di un vero esercito di campioni, capaci di dominare il mondo scacchistico per decenni, sportivo autentico con prestazioni di assoluto rilievo: cento metri in 10”, nuotatore, saltatore in alto, giocatore di hockey, pallavolo e pingpong, oggi a 86 anni, in una casa di riposo su una sedia a rotelle, è davvero elettrizzante. Il confronto sull’orlo del fallimento per i capricci di Fischer (dovette intervenire addirittura Henry Kissinger), una parte della sfida si svolse nello sgabuzzino dove venivano tenute le scope del Sagha Hotel di Reykjavik. Solo alcuni spiccioli di un libro che fa scoprire il mondo degli scacchi a 360 gradi. Dalla nascita al magico perché si gioca, la psicologia e poi i più grandi. Dal primo campione del mondo, Wilhelm Steiner nato a Praga nel 1836, che faceva parte dell’Impero austro-ungarico, non certo un simpaticone: un metro e mezzo di statura, miope, leggermente claudicante e polemico, una sfinge quando giocava. Restò ben otto anni sul tetto del mondo, sollevato da Emanuel Lasker, origini ebree, matematico e filosofo, amico di Albert Einstein col quale dissertava su vari argomenti, campione del mondo dal 1894 a 1910. Nel 1897 trascorse alcuni giorni a Milano, accolto con grande entusiasmo. Poi Alekhine, Botvinnik, Smyslov, Tal, Petrosjan fino a Karpov, Kramnik e Korcnoj allievi della scuola russa o pseudo tale, ma anche l’azero Kasparov, che restò al vertice per quindici anni, fonda il “Comitato 2008 – Libera scelta” contro la dittatura del Cremlino e l’autocratico regime di Putin. Atmosfera semi-italiana con Luigi Caruana, tutta tricolore con Clarice Benini, la più grande giocatrice di casa nostra in assoluto. Infine, l’accostamento con altre discipline dove gli scacchi hanno una funzione di relax e arricchimento mnemonico. Un libro delizioso, indispensabile per gli appassionati, imperdibile per chi come il sottoscritto, non sa giocare e invidia chi sa muovere re e regina, cavalli e alfieri, torri e pedoni, in modo magistrale.
Giuliano Orlando