Ai Giochi di Parigi, il percorso delle cinque azzurre, tra delusioni ed errori dei giudici.

Pubblicato il 13 agosto 2024 alle 19:08
Categoria: Boxe
Autore: Wilma Gagliardi

 

Ai Giochi di Parigi, il percorso delle cinque azzurre, tra delusioni ed errori dei giudici.

Cina padrona, ma Harrington la star.  Il caso della Khelif e Carini



di Giuliano Orlando

Ho seguito con grande attenzione i Giochi di Parigi e non solo la boxe. Molte volte la tentazione di commentare a caldo le situazioni che la riguardavano è stata forte, ma mi ero ripromesso di scrivere solo a Olimpiade conclusa, dopo aver riflettuto attentamente su una situazione a dir poco drammatica per la nostra disciplina. Un problema che tratterò in modo dettagliato nell’articolo successivo, iniziando dai Giochi al maschile, quindi la situazione politica dopo la definitiva frattura tra CIO e IBA, l’ingresso ufficiale dell’Italia nella nuova sigla World Boxing, presieduta dall’olandese Boris Van der Vorst. Il percorso dell’AIBA dal boicottaggio del 1980 ai giorni nostri. Oltre all’impreparazione delle voci che dovevano raccontare i Giochi su Skay ed Eurosport.                                                                                                                                                         

  Alla vigilia dei Giochi di Parigi, la squadra azzurra appare compatta e di buon livello. Preparazione sulla carta perfetta, condizione generale ottima, formata da tre uomini: Salvatore Cavallaro (80), Aziz Abbes Mouhiidine (92) e Diego Lenzi (+92) e cinque azzurre: Giordana Sorrentino (50), Sirine Charaabi (54), Irma Testa (57), Alessia Mesiano (60) e Angela Carini (66). Responsabile: Emanuele Renzini, tecnici: Riccardo D’Andrea, Gennaro Moffa, Giovanni Cavallaro, Eugenio Agnuzzi e Massimiliano Alota. Fisioterapista: Fabio Morbidini. Massoterapia: Pierluigi Pantani. Medico: Carmela Ignozza  Non c’è alcun arbitro italiano!                                                                                                 

 Il sorteggio non è dei più favorevoli, ma Renzini tranquillizza: “Iniziamo subito con match abbastanza tosti. Ce lo aspettavamo, ai Giochi Olimpici si confrontano i migliori del mondo. La gara, quindi, inizierà subito con un tenore molto alto. Sulla carta abbiamo qualche piccola difficoltà ma i nostri atleti sono tutti in grande forma e ce la possono fare. Ovviamente, dipenderà dalle loro prestazioni. Passaggio di turno per la Carini e unica testa di serie Mouhiidine. Un sorteggio importante ma siamo pronti per questa sfida e ci metteremo il cuore”. Ripreso dal sito federale. Purtroppo la realtà del ring ha detto altro. Inizio dalle donne. La Sorrentino (50) debutta contro la kazaka Kyzaibay, non una sconosciuta, ma i trionfi iridati risalgono al 2014 e 2016 a JeJu in Corea del Sud e ad Astana in casa. Dopo la storica doppietta la sua stella declinava. A Parigi ci era arrivata all’ultimo esame, quello di Bangkok. Bocciata dalla mongola Oyuntsetsegn ai Panasiatici in Cina. A Busto, lo scorso marzo, l’aveva sostituita Bakibekova, bronzo iridato a New Dehli nel 2023 a sua volta battuta dalla tedesca Klotezer.

Torna alla preolimpica di Bangkok, e afferra ultima opportunità per Parigi, entrando nelle prime quattro. L’azzurra combatte senza lo smalto consueto e quattro giudici preferiscono l’asiatica che prosegue il cammino fino al bronzo. Stoppata solo dalla cinese Wu Yu, 30 anni nel prossimo gennaio, campionessa nazionale, qualificata ai Giochi Panasiatici in Cina nell’ottobre 2023. A Parigi percorso netto ai danni dell’indiana Nikhat, quasi 28 anni, iridata 2022 a Istanbul nei 52 kg., sulla thai Raskat e quindi la kazaka. In finale tiene a bada la turca Cakiroglu, europea 2019-2022, argento 2018 e mondiale 2022, che bissa l’argento di Tokyo. La Wu, nessuna partecipazione ai mondiali, alla prima presenza olimpica centra l’oro. Nei 54, categoria nuova, stessa sorte per Sirine Caraabi, argento iridato 2023, con qualche problema nell’ultimo periodo della preparazione.


Trova la mongola Munguntsetseg, 25 anni, boxe muscolare che aggredisce l’azzurra come un toro impazzito. L’azzurra fatica, comunque regge. All’inizio del secondo round, ci pensa l’arbitro marocchino Abbar Bachir, con due richiami nel giro di mezzo minuto a cancellare ogni sogno di riscossa per Sirine, Anche per lei, out immediato. Il titolo lo centra la seconda delle cinque cinesi arrivate alla finale. Si tratta Chang Yuan, classe 1997, promossa ai Panasiatici, alle spalle della nord-koreana Pang, oro mondiale 2018 a New Dehli in India, con un 3-2 che la cinese digerisce solo a Parigi, quando in semifinale ritrova Pang e la ripaga della stessa moneta ma a suo favore. In finale la turca Akbas, 23 anni, iridata a Istanbul 2022, appare incapace di cambiare schema per tentare l’impresa. Corretto il 5-0 per la Chang.                                                                                                                                                             

  Nei 57 l’Italia puntava al podio con Irma Testa, bronzo uscente a Tokyo, iridata lo scorso anno in India, battendo tra le altre la francese Zidane e la kazaka Ibragimova, che si era imposta alla favorita Lin Yu Ting, il trampoliere di Taipei in odore di transgender da anni, con un carniere sontuoso: oro mondiale 2018, bronzo 2019 a Ulan Ude, con un 3-2 a favore della russa Vorontsova vergognosamente casalingo. A Istanbul 2022, torna all’oro, battendo in finale Irma Testa, che si rifarà l’anno dopo in India, conquistando l’oro.  Ai Giochi di Tokyo 2021 la Lin partiva da stravaforita, ma tre giudici inetti la bloccano contro la filippina Petecio, la cui boxe è un’offesa ai canoni ortodossi. Forte come un uomo, opera solo con colpi esterni girandoli raramente che giudici e arbitri premiano e permettono, tanto da cogliere il mondiale 2019 in Russia e arrivare in finale a Tokyo, superando in semifinale la nostra Irma.

Al dunque, la giapponese Irie coglie il titolo, mandandola a farfalle per tre round, prendendosi anche la rivincita delle selezioni asiatiche dove la Petecio si era imposta. Sena Irie, dopo il trionfo a cinque cerchi si laurea e attualmente fa la ricercatrice universitaria, guardando la boxe in Tv.  Il CIO ai Giochi di Parigi ha scelto le teste di serie con un criterio da brividi, favorendo atlete modeste e ignorando le titolate come la nostra Irma Testa, iridata in carica. Mentre la francese battuta dall’azzurra figurava addirittura al numero tre. Il debutto è contro la cinese Xu, votata all’attacco senza badare allo stile tenendo la capoccia bassa. L’azzurra parte comunque bene, evita lo scontro, si muove e colpisce con precisione, non è un dominio ma la superiorità è evidente, almeno per noi. Cala al terzo round, ma questo non dovrebbe bastare alla cinese. Invece tre giudici la premiano ingiustamente e l’azzurra è fuori dai Giochi. Una beffa indegna che giudici incapaci ripeteranno altre volte.

Non ho capito i commenti di chi afferma: sì, aveva vinto, ma non era brillante come altre volte. Che significa? Nella boxe si vince o si perde, sia di un punto come di dieci. Irma di misura, ma aveva vinto, quindi meritava il passaggio del turno, dopo poteva succedere di tutto. Invece è andata avanti la cinese la cui corsa finiva nei quarti, quando la solita Petecio si dimostrava più forte nello scontro da strada, tra sberle e abbracci. La filippina si ferma contro la polacca Szeremeta, cresciuta nella stagione, molto movimento e scelta di tempo con colpi esterni. Dall’altra parte del girone la Lin viaggia come i treni cinesi che portano dall’aeroporto di Pechino alla city, toccando i 400 kh. Nessun ostacolo insuperabile. Le lunghe braccia trovavano sempre bersaglio e le gambe da fenicottero le permettevano di evitare i pericoli. Così contro l’uzbeka Turdibekova, la titolata bulgara Staneva e la turca Yildiz. Finale a senso unico, nonostante l’impegno offensivo della polacca, che avrà modo in futuro di rifarsi. Considerato che la campionessa ha 29 anni e la vice 21, compiuti a fine agosto.                                               

  Ad Alessia Mesiano, prossima ai 33 anni, iridata nel 2012 e podi europei faccio i miei complimenti. Carriera ultradecennale, una signora del ring alla quale mancava la presenza ai Giochi. Realizzata per l’appuntamento di Parigi. La categoria dei 60 kg. aveva una vincitrice scritta da tempo. Ovvero l’irlandese Kellie Harrington, mondiale 2018, oro di Tokyo già nel cassetto. Agli europei di Belgrado lo scorso aprile, non era parsa in grande condizione, finendo terza, battuta dalla russa, ora serba Shadrina, arrivata al titolo, grazie alle giurie e al tifo, sciroppo che i giudici degustano con piacere mentre segnano punti ai e alle locali.  Nell’occasione, la FPI mi aveva chiesto se volevo prendere parte alla rassegna continentale col ruolo di responsabile della squadra. Accettai l’invito con piacere, considerandola una nuova esperienza positiva. Scatenando la rabbia di un collega, chiamato nell’ambiente “il necroforo“, per l’attitudine di cercare storie tragiche in guantoni. In compenso la squadra e i tecnici alla fine del torneo mi ringraziarono per la mia presenza costante con gli atleti, e le parole di incoraggiamento a tutti, come deve fare chi li rappresenta.

Nel corso del torneo ebbi modo di parlare col tecnico irlandese, che segue la Harrington dai tempi in cui era jr. Mi confessò che l’atleta si sentiva scarica, poco motivata e pensava addirittura di non prendere parte ai Giochi. Detto questo, strizzando l’occhio, aggiunse: “Conosco Kellie da troppo tempo per dubitare della sua presenza ai Giochi e aggiungo, che sarà la prima irlandese a concedersi il bis”. I fatti gli hanno dato ragione.  Torniamo alla Mesiano, che si è guadagnato il pass olimpico con infinita pazienza. Fuori a Cracovia, battuta dalla Shadrina, riprova a Busto, dove trova il posto all’ultimo momento a spese di Rebecca Nicoli a sua volta vittima di giochi interni, che non condivido. Ha la forza di non mollare, disputando ben cinque incontri. Supera la svedese Alexiusson, la messicana Solis, la romena Marin e viene punita ingiustamente contro la kosovara Sabiku (3-2) in semifinale. Le resta l’ultima opportunità: battere la slovacca Jedinakova, nel barrage per l’ultimo posto verso Parigi.

Impresa riuscita alla grande. A Parigi debutta battendo la turca Ozer, che agli europei aveva eliminato la Nicoli, sia pure col dubbio. Trova la Harrington e disputa un match bellissimo, tenendo botta per tre round. L’irlandese la spunta giustamente, ma l’azzurra merita applausi anche da parte della rivale, che prosegue il cammino, battendo la brasiliana Ferreira, due ori mondiali (2019-2023) e l’argento nel 2022 a spese della cinese Yang, in una finale anticipata. In quella ufficiale incrocia la cinese Wenlu Yang, vincitrice ai Panasiatici, con un palmares di tutto rispetto e un girone decisamente più facile. La sfida tocca punte di grande valore tecnico, ma la protagonista assoluta è l’irlandese, che realizza lo storico bis. Il 4-1 finale è bugiardo. Il 5-0 sarebbe stato quello giusto. Il coreano Cho è recidivo in errori.  Dopo il trionfo Kellie, attiva dal 2006, con un record di 101 vittorie e 17 sconfitte, ha annunciato il ritiro, ritenendosi ormai appagata. Dovrebbe tornare ad operare nell’ospedale come addetta alle pulizie. Uso il condizionale per due ragioni. Dopo quanto ha fatto per l’Irlanda sono certo che avrà un lavoro migliore. Passati alcuni mesi, parlando magari con Katie Taylor, potrebbe anche ripensarci e tentare l’avventura da pro.                                                                                                                                                                

  Nei 66 kg. l’oro è andato a Imane Khelfi, battuta nel 2021 a Tokyo nei quarti dalla Harrington da leggera. La vicenda dell’algerina, tansgender come la Lyn, oro nei 57, è stata sviscerata in modo vergognoso da cani e porci. Pro e contro. Pochi esperti e un esercito di incolti, tra i quali l’onorevole Boldrini, che probabilmente non sa neppure se la boxe usa i guantoni o combattono a pugni nudi. Pur di apparire ha urlato che è dovere difendere i diritti delle donne! Lasciando tutti a bocca aperta. Chi ha ragione? La situazione di queste persone nate anatomicamente con gli organi femminili, hanno la particolarità di produrre valori alti di testoterone, un ormone che negli uomini viene rilevato per valutare la forza muscolare. Alzando il valore è chiaro che funziona anche sulle donne. Mi spiego in termini semplici, evitando di entrare in dettagli, visto che questo ormone agisce anche sul desiderio sessuale. Stabilita questa situazione, l’IBA ai mondiali 2023 ha usato un test in cui veniva valutato il valore del testosterone, come si fa nell’atletica leggera, riscontando che la Khelfi e la Lyn superavano il limite consentito, quindi le fermarono alla soglia delle finali. Il CIO non poteva certo imitare l’IBA, che ha cancellato dalle federazioni olimpiche, dando diverse versioni del problema.

Prima afferma che i valori riscontrati erano nella norma, poi che da anni non vengono richiesti test. Chiaro che la lotta è politica e le vittime comunque sono le atlete.  In questo caso è stata portata all’eccesso la sfida tra l’algerina e la nostra Angela Carini, sottoposta prima del match ad una pressione pazzesca, che alla fine è esplosa sul ring. Con l’abbandono dell’azzurra dopo meno di un minuto del confronto. A quel punto si sono scatenati tutti, per insultare o esaltare. Personalmente ritengo che i veri colpevoli sono ai vertici e le decisioni dovevano prenderle prima del confronto in modo chiaro e deciso. Scatenarsi dopo, lo ritengo vergognoso, Angela non ha retto alla pressione, ma resta sempre una grandissima campionessa, argento mondiale e oro europeo, vincitrice di tutti i titoli giovanili, esempio di dedizione alla boxe. Inoltre, mentre Angela veniva messa sulla graticola e insisto, ingiustamente, la Khelif vinceva l’oro olimpico, battendo la copia sbiadita della cinese Liu Yang, nella finale più modesta dei Giochi. L’algerina non è un talento ma solo una pugile che sfrutta il potente destro, che i tecnici giustamente hanno cercato di far rendere al meglio. Intimorendo le avversarie. La cinese, che all’esordio ha battuto brillantemente la turca Surmeneli, ovvero la campionessa d’Europa e del mondo, oro uscente a Tokyo, giunta in finale ha perso tutte le sicurezze. Attenta a evitare i pugni dell’algerina, col solo scopo di finire in piedi la sfida. Khelfi premiata e Algeria felice per il primo oro in guantoni a cinque cerchi.                                                                                                                                                  

     Nei 75 kg. arriva il terzo oro cinese con Li Qian, veterana di 34 anni, premio fedeltà visto che lo insegue da Rio 2016, dove giunge al bronzo, fermata dall’olandese Fontin.  A Tokyo 2021 conquista l’argento, preceduta dalla gallese Lauren Price, oro iridato 2019, passata pro e attuale titolare della cintura IBO welter. A sua volta la Li, arriva all’argento mondiale nel 2014, fallito l’assalto nel 2016 ma centra l’oro nel 2018. Nel 2023 coglie il bronzo e a Parigi, realizza la più bella impresa della carriera. L’antagonista in finale è la panamense Bylon, 35 anni, che ha nel destino l’aiuto dei giudici.  La prima volta ai mondiali 2014 a JeJu in Korea del Sud. Dove l’AIBA in piena tranche di onnipotenza guidata dal presidente WU di Taipei e dal segretario Kim, coreano che ha fatto dell’ente un suo feudo personale, inserendo nella parte logistica tutto il parentado, tiene la sua Convention. L’ente ha bisogno di trovare una vincente iridata del Centro America per assicurarsi i voti utili alla loro rielezione.

Puntano sulla giovane Bylon, atleta di bella presenza, anche se non vale le migliori. Nessun problema, basta far capire ai giudici che la ragazza deve vincere sempre e comunque. Infatti arriva all’oro, pur non meritandolo. Non è un talento, ma ha un fisico di ferro. Infatti a distanza di dieci anni, la ritroviamo ancora attiva e promossa a Parigi, dopo Rio e Tokyo. Longeva non solo ai Giochi, ai mondiali ha raggiunto le sei presenze e non sembra intenzionata a smettere. Sul ring di Parigi ottiene tre vittorie per grazia ricevuta. La prima contro la kazaka Khalzova che può anche starci, quella contro la polacca Wojcik molto meno. I giudici si confermano la vera peste di questo torneo. Incapaci di leggere i match, ognuno naviga a vista, quasi sempre nella nebbia più assoluta. L’assurdo e lo scandalo arriva in semifinale contro la camerunense Djankeu, che combatte con l’equipe dei rifugiati politici, che il CIO ha promosso dal 2016 a Rio, con 10 atleti, saliti a 29 a Tokyo e a 36 a Parigi.

Tra questi due pugili, un uomo e una donna, ovvero Djankeu Ngamba Cindy Winner che si allena in Inghilterra, nata nel Camerun il 7 settembre 1998, quindi ha 26 anni.  Dopo un primo round equilibrato, l’africana trova le giuste misure a prende letteralmente a pugni la Bylon, per i restanti due round. La sua vittoria sembra una semplice proforma, invece viene fuori un 4-1 folle per la panamense. Che ottiene la finale a pedate, grazie a giudici incompetenti o peggio. Per fortuna il disastro si ferma di fronte alla Li Qian, che mette le cose a posto, anche se un giudice premia la Bylon, A conferma che fino all’ultimo qualcuno ha cercato di rovinare tutto. Statisticamente per Panama è la prima medaglia olimpica della boxe femminile. Qui si chiude il primo articolo in chiave olimpica e altro. Il resto lo potrete leggere nel secondo a tempi brevi, anzi brevissimi.

Giuliano Orlando