Giro d’Italia. Racconti e misteri in maglia rosa
Una corsa che ha più di un secolo di vita riscoperta da episodi inediti e divertenti - Beppe Conti – Giro d’Italia. Racconti e misteri in maglia rosa - Editrice Diarkos – Pag. 258 - Euro 18.00.
di Giuliano Orlando
Mille storie e non solo. L’autore ha sciorinato una parte dell’archivio personale, attingendo alle tante pubblicazioni in materia, che raccontano il ciclismo dal suo nascere ai giorni nostri. Oggi la disciplina è tecnologia ad alto livello, le bici sono strumenti dove i grammi e i materiali fanno la differenza tra la vittoria e la sconfitta. Il livellamento è talmente impalpabile che per trovare il divario ti viene il mal di testa. Molti degli episodi riguardano l’avvio dello scorso secolo, ovvero anni luce dal ciclismo odierno anche se scavando a fondo, ti accorgi che resta sempre l’atleta a fare la storia e la differenza. Nei primi Giri e Tour, le tappe erano maratone crudeli e infinite. Parliamo di oltre 300 km. e anche 400, le medie attorno ai 20/25 all’ora. Oggi si arriva a percorrere oltre 200 km. sfiorando i 50 orari! La differenza è fotografata dall’epoca, quella che viene raccontata è l’archeologia dello sport in generale, quando correre in bici era pionierismo puro, con tutti gli incerti del caso. Con una costante che resta la continuità del tempo. Chi incoraggiava il progresso e chi lo osteggiava. Atra differenza sostanziale riguardava il senso dell’avventura che ogni corsa e ogni tappa assicuravano. Potevi incrociare una mandria di bufali, che non sopportando la polvere sollevata dalle bici, caricavano tutta la carovana costretta a disperdersi tra i campi. Non arrivando mai Napoli, dove migliaia di spettatori li attendevano. Era il Giro del 1911 e la tappa partita da Bari, dopo 345 km. doveva arrivare nella città vesuviana, per festeggiare anche i 50 anni del Regno d’Italia. Gli equivoci erano la costante. Il pubblico accorreva in una città e il Giro approdava altrove. Nel 1912, qualche amico del giaguaro, cambiò la segnaletica e i corridori, che da Pescara dovevano giungere a Roma, finirono in un paesino sconosciuto, tra la sorpresa di un pubblico incuriosito e sorpreso. Il finale fu a sorpresa. La carovana giunse a Roma in… treno. La prima donna ciclista ufficialmente riconosciuta fu Alfonsina Strada e la sua storia fece epoca. Prese parte al Giro del 1924, presenza che destò curiosità notevole, fatto inedito per l’Italia, mentre in Francia e Gran Bretagna si organizzavano sfide al femminile da tempo. Alfonsina era una tosta in ogni senso e grazie al ciclismo, la sua grande passione, uscì da quella povertà che l’aveva accompagnata negli anni giovanili. Lascio al lettore il piacere di una storia emblematica che potrebbe specchiarsi ancora oggi. Episodi a non finire. Da Alfredo Binda, che nel 1930 venne pagato per non prendere parte al Giro d’Italia, dopo aver fatto sua la corsa nei tre anni precedenti, troppo forte per il resto dei colleghi, alle tragedie dei fratelli d’arte, Giulio Bartali e Serse Coppi. Un effluvio di racconti, nessuno soporifero, tutti stuzzicanti. Si lottava anche per arrivare ultimi e quella sfida tra Malabrocca e Carollo nel 1949 fu talmente importante che ebbe l’ufficialità anche oltre i confini del Giro. Poi, come tutti i giochi a nascondino, ci furono esagerazioni al punto che per arrivare ultimo ci si nascondeva, aspettando il penultimo. Nel 1951 la maglia nera esalò l’ultimo respiro. Scandali, doping e soste fisiologiche come quella di Gaul, l’alleanza di Anquetil contro Nencini, il sabotaggio all’emergente Massignan che stava vincendo la tappa di Bormio e altro ancora. Tanto altro, fino all’appendice che consegna al lettore tutti i numeri Giro dal 1909 ad oggi. Una variante dopo tante storie.
Giuliano Orlando