Le leggende della Juventus

Pubblicato il 6 settembre 2024 alle 21:09
Categoria: Libri di Sport
Autore: Wilma Gagliardi

 Le leggende della Juventus

I grandi campioni della storia bianconera


La squadra più popolare d’Italia, lungo un viaggio che abbraccia le diverse generazioni all’insegna dell’eccellenza – Paolo Tomaselli – Le leggende della Juventus. I grandi campioni della storia bianconera – Diarkos editore – Pag. 270 - Euro 18.00

di Giuliano Orlando

Dopo le leggende dell’Inter, vincitrice del precedente campionato che gli è valsa la seconda stella, non poteva mancare la Juve, la squadra col maggior seguito di tifosi e la cui storia sa di leggenda.  Che la prefazione sia opera di Roberto Beccantini dà ulteriore spessore al lavoro. Il collega nato a Bologna, penso sia di fede bianconera, anche se posso sbagliare, lo ritengo detentore delle prefazioni in chiave calcistica. In questa occasione ha pescato addirittura nell’Estremo Oriente citando una celebre frase di Deng Xiaoping, il riformatore della Cina, che la guidò dal 1978 al 1992, sia pure con metodi autoritari. La frase in questione dice: “Non importa il colore del gatto, purché acchiappi i topi”. Tra quelli che acchiappò ci fu anche la vedova di Mao. Nel caso dell’autore del libro, il riferimento è al fatto non sia di fede bianconera.  Garanzia di imparzialità e aggiunge molto saggiamente nella conclusione: “Il bello di questo viaggio è che non finisce qui, perché c’è sempre un’altra leggenda da inseguire, costruire, esaltare”. Giusto concetto, che annulla il disappunto per l’assenza di nomi che alla Juve diedero molto e non sono entrati nella squadra. In questo scrigno ci sono trenta campioni vestiti di bianconero capaci di firmare il segno della leggenda. Ognuno dei quali è descritto con lo stile del cronista che si intrufola in ogni angolo del personaggio, scoprendone gli aspetti meno noti, capaci di definire non solo il calciatore ma l’uomo in ogni dettaglio. Pregi e difetti, vezzi e debolezze. Non esiste la perfezione, salvo eccezioni come Giampiero Combi, che fra gli anni ’20 e ’30, difese la porta della sua Juve in 351 partite e conquistò la prima coppa del mondo per l’Italia. Atleta a tutto tondo, pratica boxe, ginnastica, tennis, nuoto, canottaggio e salto con gli ostacoli. Atleta perfetto in tutto. Anche nel riconoscere il talento altrui. Chi era capace di batterlo e non erano in molti, Angelo Schiavio attaccante del Bologna in particolare o colleghi di ruolo come De Prà, che militava nel Genoa. Mitico fu anche Renato Cesarini, emigrante di ritorno. A nove anni, sbarca in Argentina, partendo dalla natia Senigallia nelle Marche, papà calzolaio che cerca nella nuova terra quel benessere negato in patria. Renato è un estroverso totale. Tira calci e si diverte anche ad apprendere l’arte del circo: salti e giochi di prestigio, ma pure chitarre e ballo. Oltre e soprattutto, la compagnia femminile. In concomitanza cresce anche nella squadra locale Chacarita, al punto che la Juve su segnalazione di un loro talent scout, lo fa arrivare a Torino. Dove si presenta con sciarpa di seta, gemelli d’oro, l’immancabile Borsalino e un guardaroba degno di una star dello spettacolo. Preziosismi offerti sia sul campo che al night, dove è cliente fisso. Per il barone Mazzonis che presiede il club, questo giocatore è un problema notevole. Si formano due partiti in seno alla società. Chi lo difende e chi vorrebbe escluderlo. Alla fine la spuntano sempre i primi, perché quel discolo dal ciuffo biondo, nonostante il vezzo del gentil sesso, ha il guizzo vincente anche e soprattutto sul campo. Chi lo incolpa di averlo visto alle cinque del mattino, mentre cantava a squarciagola, abbracciato ad una fanciulla scarsamente vestita e in preda ai fumi dell’alcol, alla vigilia di una partita importante, trova i difensori che replicano: “Vero, ma l’indomani fece gol”. Qualche volta è anche il primo ad arrivare al campo. Direttamente dal dancing. Vestito di tutto punto, col farfallino e scarpe con le ghette. Quando si accorge che è in anticipo di due ore, si addormenta sulla panca degli spogliatoi. Prendere o lasciare. Si arrende perfino Vittorio Pozzo, il c.t. della nazionale che in fatto di severità non scherzava. Pure lui deve accettare l’evidenza. Come in quel 13 dicembre 1931, al Filadelfia dove si gioca Italia-Ungheria, una sfida tra due grandi rivali. Piove e fa freddo, campo pesante e l’Italia si vede raggiungere due volte, perdendo il vantaggio. Manca mezz’ora alla fine e sono tutti stanchi. Ad eccezione di Cesarini, che si inventa un gol tra spinte e finte a conferma di un talento infinito. Questo e altro del Cé, la cui lucida follia ha fatto innamorare i tifosi bianconeri e perdonare dai dirigenti. Due personaggi di un passato remoto intramontabile. Ai quali si aggiunge Felice Placido Borel, detto Farfallino, un bomber micidiale. Poi arrivano quelli più recenti, pure loro firmatari con la Juve di pagine memorabili, da Giampiero Boniperti detto l’immarcabile, scaltro e freddo, una vita tutta bianconera, giunta fino alla presidenza del club, al gigante buono gallese John Charles, ambito da tutte le squadre europee, voluto assolutamente e a giusta ragione da Umberto Agnelli. Omar Sivori il cabezon, un ballerino dal dribbling pazzesco, che rifiutava categoricamente di volare. Pietro Anastasi, Gaetano Scirea, Franco Causio, Dino Zoff, Antonio Cabrini dalla faccia da putto. Il danese John Hansen giunto alla Juve col fratello Karl. Ai Giochi di Londra nel 1948, il baldo John rifila all’Italia allenata da Pozzo ben quattro gol, eliminandola dal torneo. Il duro Sandro Salvadore, Marco Tardelli moto perpetuo e Antonio Conte, capitan coraggio. I quattro stranieri che hanno contribuito a far grande la Juve: Michael Platini, Zinédine Zidane, David Trezeguet e Pavel Nedved detto la locomotiva, agganciata ancora oggi alla società come dirigente. Il magico Roberto Baggio e Gianluca Vialli, troppo presto scomparso. Gigi Buffon l’ultimo dei grandi portieri, Andrea Pirlo e Giorgio Chiellini il potere operaio. Restano l’attaccante argentino Carlos Tevez protagonista nella squadra di Massimiliano Allegri alla fine degli anni ’90 e Cristiano Ronaldo ultimo della serie, troppo noto per essere illustrato. Con la Juve, il portoghese arriva dopo un lungo romanzo col Real Madrid. Il nuovo approdo ha il sapore di un dentifricio che serve per sbiancare, ma non certo per mordere, Il rapporto con Sarri è buono, ma per entrambi è un percorso giunto in darsena. Questo il mio modesto parere. Al suo posto avrei preferito altri e i nomi si sprecano. Ugualmente una splendida raccolta, che come nell’album delle figurine, queste trenta sono da record. In attesa dalla prossima rassegna. La ‘madama’ non ha che l’imbarazzo della scelta.

Giuliano Orlando