La storia dell’Inter. Il romanzo nerazzurro

Pubblicato il 23 marzo 2025 alle 17:03
Categoria: Libri di Sport
Autore: Wilma Gagliardi

 La storia dell’Inter. Il romanzo nerazzurro

Nata nel 1908 da dissidenti, in contrapposizione al Milan. Il ballo di presidenti e allenatori - FABIO FAGNANI - La storia dell’Inter. Il romanzo nerazzurro - Diarkos Editore - Pag. 448 – Euro 19.00


di Giuliano Orlando

Confesso di non essere un grande appassionato di calcio. Preferisco l’atletica, lo sci e il pugilato, ovvero sport individuali. Tuttavia, dopo aver letto per la casa editrice Diarkos, storie e leggende della Juve, del Milan e della Lazio, aver appreso che anche gli arbitri hanno un cuore, conosciuta la storia Gian Luigi Buffon, mi sono fatto un’idea abbastanza chiara del cosmo calciofilo, al quale aggiungo la storia dell’Inter, dopo aver letto le sue leggende. L’autore, a differenza di altri, allarga il percorso della squadra alla situazione politica italiana, pesantemente condizionata dal regime fascista, che guarda allo sport come rampa di lancio e al calcio in particolare, disciplina in grandissima espansione internazionale. Nel 1928, l’allora presidente della federazione Leandro Arpinati - fascista anomalo, vice presidente del partito, una vita avventurosa, passata dagli altari del partito all’esilio e alla tragica fine nel 1945 - sulla scia di nazioni come Austria e Ungheria decide di introdurre un campionato a girone unico. Idea che in quel periodo avrebbe penalizzato i club provinciali, ma che ancora oggi è funzionante. L’Internazionale nasce il 9 marzo 1908, nel corso di un incontro segreto, tra dissidenti del Milan. Luogo deputato il ristorante “L’Orologio di Milano”, dove secondo la leggenda, sono parole dell’autore, la parte iniziale dello statuto sia stata scritta su un tovagliolo. Lo spirito del divorzio riguarda la diversa filosofia della società. Il nuovo club su suggerimento di Giorgio Muggiani, stilista grafico, che disegna il logo con i colori azzurro e nero, osservando il cielo, dichiarando: “Saremo l’Internazionale, non solo giocatori italiani comporranno la squadra, ma talenti da tutto il mondo. E il mondo conquisteremo”. Il percorso è ricco di affermazioni e delusioni. Il primo scudetto arriva dopo due sole stagioni dalla fondazione. Poi la guerra interrompe non solo il calcio. Molti dei calciatori vanno al fronte e tanti non torneranno più. Come altri club, anche l’Inter deve ricompattarsi e lo fa nel migliore dei modi, trovando nel 1920 il secondo scudetto. Sembra l’avvio di una marcia trionfale, invece sono campionati dai mille ostacoli. Tra l’altro il nome Internazionale non piace ai vertici del partito e viene scelto quella di Ambrosiana, maglia bianca con striscia orizzontale nerazzurra, stemma del comune di Milano e il Fascio Littorio. Con quella maglia vince il terzo scudetto, e lancia il giovane Giuseppe Meazza, detto “Balilla”, un fenomeno assoluto, che vestirà a lungo la maglia azzurra. Oltre a conquistare nel 1934, sotto la gestione di Vittorio Pozzo il primo mondiale. Alla fine degli anni ’30, viene firmata l’alleanza con la Germania chiamato il Patto d’acciaio, per la difesa reciproca in caso di minaccia. Nella stagione 1939-40 l’Ambrosiana conquista il quinto scudetto. Il calcio, nonostante sia in corso la guerra, prosegue fino al 3 luglio 1943, quando il partito fascista, vista la gravità della situazione decreta l’interruzione di tutti i campionati sportivi a carattere nazionale. L’esito nefasto e negativo pesa anche sul calcio. Scompare il fascismo, almeno ufficialmente, nasce la democrazia e la società nerazzurra può tornare al nome originale. Dando inizio all’epoca dei grandi presidenti e di conseguenza dei grandi allenatori. Inizia Carlo Masseroni, nel periodo del grande Torino, che forniva alla Nazionale quasi tutta la squadra. Il 4 maggio 1949, l’aereo che riporta a casa la squadra granata, reduce dalla trasferta in Portogallo, si schianta sulle alture di Superba, la collina torinese, senza lasciare scampo a nessuno dei passeggeri. Una tragedia immensa, indimenticabile. L’Inter sotto la guida di Ulivieri e poi di Foni arricchisce il parco scudetti, ma il “magic moment” arriva a metà degli anni ’50, quando il presidente Angelo Moratti, dopo aver ingaggiato e licenziato in cinque stagioni ben undici allenatori, scova Helenio Herrera, un argentino che si era distinto in Spagna, pagandolo 100 milioni. Il binomio costruisce un periodo fantastico, dal 1960 al ’68, dove l’Inter sotto la guida del mago, conquista tutto e tutto, in Italia e in Europa. A subentrare a Moratti arriva Ivanoe Fraizzoli, che sceglie dopo una stagione affidata ad Alfredo Foni, un altro Herrera, il paraguaiano Heriberto, che non tocca gli esclamativi di Helenio, fermandosi al secondo posto, nel campionato 1970-‘71. Mentre lo scudetto arriva col debuttante Giovanni Invernizzi, la stagione successiva, conquistando il decimo alloro. Il percorso prosegue tra ombre e luci, presidenti e tecnici, conquiste sperate e non raggiunte, da Bersellini a Trapattoni, che conduce la squadra a trofei europei, poi Lippi e Bagnoli, quindi Mancini. Aspettando un nuovo mago. Che si chiama Josè Mourinho, portoghese di stanza al Chelsea. Pagato da Massimo Moratti qualcosa come sette milioni e mezzo di euri. Col Number One l’Inter trova scudetti e Coppa Italia, ma ancor più realizza nella stessa stagione il sogno inseguito per 45 anni: la Coppa Campioni. Conquistata il 22 maggio 2010, sul campo del Real Madrid, lo storico Santiago Bernabeu, praticamente inviolabile. L’Inter di Josè Mourinho, rompe il tabù, realizzando l’impresa passata alla storia come il Triplete. Massimo Moratti passa la mano dopo diciotto anni di presidenza, conquistando titoli come nessun altro. Il mondo cambia e non poco, nel 2019 spunta Suning Zhang, un presidente cinese, ambizioso che trova Spalletti in panchina. Sostituito da Antonio Conti, uno che esige il massimo da tutti. L’anno dopo centra lo scudetto numero 19. Sembra l’inizio di un lungo amore, invece è la fine del rapporto. La scelta per sostituirlo, siamo nel 2020, ricade su Simone Inzaghi, un tecnico giovane che ha fatto molto bene con la Lazio. Infatti porta la sua firma il trofeo numero 20, che depone in casa nerazzurra la seconda stella. Il commiato è solo un arrivederci, il traguardo è ben oltre i 135 anni, della storia. Una sosta per riprendere fiato, dopo quasi 450 pagine intrise di nerazzurro intenso. Quello che riporto sono briciole, spuntini di un romanzo sportivo che racconta l’Italia di ieri e quella di oggi. Non solo calci al pallone, ma scampoli di vita che attraversano guerre e trasformazioni politiche radicali. Un tomo che stimola la curiosità del passo successivo, fino all’ultima pagina.

Giuliano Orlando

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