Il viaggio impossibile
La prima traversata a pedali della foresta amazzonica di un’avventurosa cinquantenne
Una bici per compagna, il coraggio e la fiducia nel prossimo, più forte dell’isolamento totale. Mille pericoli e una volontà infinita - Louise Juliet Sutherland – Il viaggio impossibile. La prima traversata a pedali della foresta amazzonica di un’avventurosa cinquantenne. Ediciclo editore - Pag. 223 – Euro 19.00.
di Giuliano Orlando
Più viene consigliata a desistere e maggiore è la convinzione a tentare, quello che esperti e amici ritengono un rischio ad alto tasso di pericolosità. L’autrice è una signora che ha varcato la cinquantina, che ha esperienze di viaggio, abbastanza importanti, ma quello che si è messa in testa rappresenta il top del pericolo, oltre che un segnale d’incoscienza. Di cosa si tratta? Semplicemente la traversata della foresta amazzonica in solitaria, meglio col supporto delle bici. Che la Peugeot le ha regalato. La signora nata in Nuova Zelanda, in effetti e in apparenza sembra abbastanza sprovveduta, addirittura irresponsabile. La bici con più cambi non la conosce affatto, non sa neppure gonfiare le gomme, il bagaglio è al limite del ridicolo. Percorrere oltre 1100 km. ovvero la Transamazzonica in bici, da parte di una donna, non più nel fiore dell’età, significa giocare alle roulette e sperare che escano i numeri giusti. Ed è quello che miss Louise Juliet Sutherland è sicura che accada. E’ il 12 maggio 1978, quando atterra a Belem do Parà, proveniente da Londra. Il bagaglio si compone della bici, nuova ma di cui non conosce nulla, due borsette da attaccare al portabagagli, oltre ad una scorta di latte condensato. Ma oltre questo, ci sono alcuni dettagli che fanno la differenza. Non è la prima volta in quel continente. Ha percorso le foreste del Perù, possiede la serenità dei giusti, la fiducia nel prossimo, compresi gli indios che dovrebbe trovare sul percorso che definiscono feroci. Nonostante l’apparenza fragile, i toni pacati e misurati, dimostrerà di essere una fuoriclasse assoluta. Più viene sconsigliata e più si rafforza l’idea del progetto. Dire che il viaggio sia stata una passeggiata di salute, non avrebbe senso. Lungo l’infinito percorso, ha trovato tutte le situazioni, ha perso la strada, si è ritrovata ricoperta di fango, è caduta rovinosamente, ha rotto la bici, ha conosciuto tanta gente, ha scoperto che la Transamazzonica, è un cantiere ad intermittenza. Da Belem a Tucurui, Brasil Novo, Santarem, alla Miniera d’oro, Jacareacanga, Porto Velho e la temuta e sconosciuta Manaus, e i cercatori del prezioso metallo gli operai e i disperati, i missionari che cercano di evangelizzare, anche se spesso si fanno la guerra per occupare il territorio di caccia. E’ il progresso che trasforma gli indios in occidentali, sono realtà che la viaggiatrice trova e la fanno riflettere. Scopre pure la burocrazia. Essere presentata da persone influenti accorcia i tempi, per rinnovare la permanenza in Brasile che sta per scadere. Come cambiare i i traveller’s cheque con i cruzeiro, rifiutati da banche e supermercati. Se poi trovi un signor Miguel che senza farlo pesare ti paga la telefonata per la Nuova Zelanda, che ti permette di parlare con la famiglia, fingendo che sia a carico del destinatario, significa che spesso trovi la buona stella che ti accompagna. Non sempre, ma questo fa parte del gioco. La giungla è davvero misteriosa e spaventosa, anche se l’uomo la sta penetrando col suo trapano tecnologico. Cambiandola radicalmente, e questo, non è certo un bene assoluto. A pochi chilometri da Porto Velho, nello stato di Rondonia, scopre che nella base dell’Istituto linguistico, i missionari Wycliff, dopo le fatiche evangeliche, si riposano in villette con piscina, che trovi nelle riviste patinate di “Case e giardino”. Definendo la Transamazzonica un cantiere ad intermittenza, ha forse pensato a Manaus, dove ci sono palazzi con colonne di marmo, acqua calda e fredda a volontà, piscine e auto di lusso. Un teatro dell’Opera che non avrebbe sfigurato a Napoli o a Parigi. Lo dice la viaggiatrice. Anche se è finito il boom del caucciù, qualcosa è rimasto. Non per tutti, è chiaro. L’ultimo tratto da Tarauaca a Cruzeiro do Sul è una maledizione, ovvero la pioggia infinita che rende le strade impraticabili per il fango, una trappola argillosa dove tutto affonda. Ci finisce lei, la bici e le borse. Tra pioggia e lacrime, questa minuscola signora non più verde, alla fine arriva a Cruzeiro do Sul, vincendo una battaglia impossibile. Non solo, ma scrivendo un libro che nella semplicità ha il suo pregio maggiore. Incredibile, il suo viaggio non è finito a Cruzeiro do Sul. Per l’infaticabile signora, c’era da realizzare un altro sogno: la clinica mobile da portare in Amazzonia, per dare sollievo ai problemi degli indios. Altra impresa impossibile. Dicono gli amici. Lei sorride, lotta e vince.
Giuliano Orlando