La vita degli aeroporti. Piccoli atterraggi in un mondo sospeso
Un luogo di incredibili opportunità, allegro e vivace, ma anche sospeso dove passeggeri e aerei esprimono tempi e velocità – Luciano Bolzoni – La vita degli aeroporti. Piccoli atterraggi in un mondo sospeso. edicicloeditore – Pag. 96 – Euro 9.50
di Giuliano Orlando
Cos’è un aeroporto? La domanda sorge spontanea e intrigante. La risposta è racchiusa in un libro di piccolo taglio, ma capace di evadere la curiosità nel modo più totale. Scritto da uno che in questa Arca di Noè moderna, ci vive da lungo tempo e ne ha recepito umori e sapori, rumori e silenzi. Testimone di saluti e lacrime, di sorrisi e addii. La culla di aerei ed elicotteri che dopo i voli hanno bisogno di riposarsi al sicuro. Ma anche testimone di un movimento senza soluzione di continuità. Dove persone di ogni ceto sociale si scambiano idee e direzioni. Una città abitata da soggetti diversi. Non solo passeggeri in attesa di imbarco, ma da operatori aeroportuali in continua attività e continuità. Ci sono anche aspetti non proprio piacevoli a cominciare dal gate, dove il procedere spesso è lento e triste, una liturgia obbligatoria per ottenere l’okay a salire sull’aereo e volare verso la destinazione prescelta. Come dimenticare che l’aeroporto è anche un complesso strutturale dove i programmi nascono, si sviluppano e si definiscono, attraverso la tecnologia più avanzata e che i computer offrono il loro aspetto finale, frutto di operazioni assai complesse in quel desk che solo gli addetti ai lavori vedono e seguono. Che debbono funzionare al meglio, il che vuol dire alla perfezione. Un luogo frequentato da un popolo variegato e raramente a riposo. Nella Babele di lingue e direzioni, trovi poliziotti, carabinieri, finanzieri e le immancabili guardie giurate responsabili dei controlli, come nell’informare ed evadere ogni tipo di domande. Che tempo fa e farà, sembra una battuta banale per chi si informa per pura curiosità. Non così in aeroporto. Nel libro avrete la risposta di quanto sia importante in caso di pioggia importante, conoscere i millimetri d’acqua che l’aereo troverà per avere la certezza dell’atterraggio perfetto. Ancor più delicata la situazione in caso di nevicata. La pista è una striscia infinita bitumata che assicura la giusta aderenza alle ruote dell’aereo sia al decollo che all’atterraggio. Come avviene? Grazie all’opera dei dipendenti che sono i vigilanti della superficie più importante della struttura. Notte e giorno. L’aereo è diventato il mezzo più frequentato per viaggiare. Per questo un vero esercito di persone è impegnato a rendere il volo sicuro, attivandosi a controllare traiettorie, incroci, l’altitudine, l’allontanarsi e l’avvicinarsi dalla e alla terra ferma. In volo sappiamo di essere protetti dalla carlinga, ma anche consapevoli che questa copertura è sottoposta a pressioni notevoli. Siamo sospesi nel vuoto e nel tempo. Pochi conoscono le leggi della fisica e della dinamica per cui possiamo volare su questo siluro metallico. Aeroporti grandi come città tipo quello di Dubai e di alcuni stati arabi o quello di Los Angeles, ma sopravvive pure quello minuscolo di Castiadas nei pressi di Cagliari con la pista in terra battuta. In fatto di curiosità l’autore cita l’emozione del suo primo volo da Milano, deduco da Linate, in un giorno piovoso diretto a Cagliari, dove lo accolsero il sole e i colori di una terra che si offriva come una serra e nel contempo non negava le forme poco elaborate della struttura in pietra. Dal mare alla montagna, dalla realtà abituale della pista retta e liscia, alla pista di atterraggio del piccolo campo di volo per aerei leggeri, come quello di Chamois in Valtournanche, un prato adattato a pista. Voglio aggiungere che merita citazione la pista di atterraggio di Aitutaki, isoletta paradisiaca alle Cook, nell’Oceano Pacifico, tra le isole di Tonga e Samoa. L’arcipelago è formato da 15 isolette. Per raggiunger Aiutaki, mi imbarcai ad Avarua, la capitale dello stato posto nell’isola di Rarotonga, quella più grande, che dista poco più di 200 km. Nell’occasione, su un Fokker vecchio e stanco, venti passeggeri e un esercito di galline, oche e qualche maialino nero, volando quasi a livello del mare a velocità da lumaca, arrivammo ad Aitutachi, su una pista da brividi. Ad accoglierci la coda di un aereo che evidentemente aveva avuto un impatto infelice e forse tragico. Alla domanda perché non venisse tolto il relitto, mi risposero che non sapevano dove metterlo e quindi la posizione era la più consona. Perché a quota bassissima e velocità da lumaca? Semplice: il carburante era limitato e in caso di esaurimento sarebbero finiti in mare senza salvagente. Questo nel 2012 e nell’isola non potevano viaggiare le auto, niente TV e un mare celestiale. Oggi i mille abitanti sono raddoppiati e l’unico villaggio per i turisti si è moltiplicato. Ugualmente resta una delle isole più belle al mondo.
Giuliano Orlando