La Matchroom Boxing Italy della Opi 82 all’ottavo e ultimo appuntamento a Milano, del primo anno di contratto con Eddie Hearn e la DAZN, ha fatto centro pieno. Sotto le volte dell’Allianz Cloud, ex Palalido, sono accorsi più di 2600 spettatori, facendo aprire anche il terzo anello della struttura, nonostante lo sciopero dei mezzi di trasporto. La dimostrazione che quanto seminato, prima da Alex Cherchi al Principe, dalla fine del 2014 al 2018 e poi col contratto suaccennato ha riportato il grande pubblico alla boxe. Traguardo importante, considerato il numero limitato di professionisti italiani di vertice e dei pochi ricambi. Nonostante queste oggettive difficoltà, la famiglia Cherchi ha intrapreso l’avventura in guantoni senza il minimo tentennamento, superando difficoltà di vario genere, alcune legate a infortuni a cui si sono aggiunti alcuni errori arbitrali clamorosi. Otto serate di boxe iniziate il 30 novembre 2018 a Firenze, proseguite l’8 marzo al Superstudio di Milano, bis a Firenze il 26 aprile, ancora Milano, debuttando nell’ex Palalido il 28 giugno, a Roma l’11 luglio, terza tappa a Firenze il 19 settembre, poi a Trento l’11 ottobre e infine a Milano come detto in apertura. In particolare, significativo l’incremento degli spettatori a Milano.
Dai meno di mille al Superstudio ai 1250 dell’Allianz in giugno. Stavolta è stata sfiorata quota 3000, che la capitale lombarda non ricordava da diversi decenni. Neppure il mondiale di Fragomeni al vecchio Palalido nel 2014 raggiunse tanto pubblico. I motivi sono diversi a cominciare dalla continuità della grande boxe in Italia, dopo un silenzio preoccupante.
Ed eccoci alla serata di venerdì 25 ottobre.
Otto incontri e neppure uno deludente. A cominciare dalla splendida prova di Daniele Scardina (18), vincitore nettissimo del belga Ilias Achergui (13-5-1) un cagnaccio dalle energie inesauribili. Nonostante lo avesse spedito al tappeto nel corso del secondo round con una spettacolare combinazione: destro-sinistro devastanti al viso, che avrebbe tramortito un bisonte, il belga si è alzato in tempo, riprendendo a combattere come nulla fosse. Daniele a quel punto ha realizzato che metterlo KO era impresa quasi impossibile e ha gestito il match con grande intelligenza, usando il jab sinistro da maestro, dimostrando una perfetta condizione atletica e miglioramenti tecnici costanti. Evidentemente gli allenamenti sotto la guida di Dino Spencer a Miami in Florida, nel gym alla 5th Street, stanno dando frutti importanti. Scardina ha disputato il miglior match della carriera e questo gli ha permesso di vincere largamente, di ricevere applausi a scena aperta e l’ovazione finale del pubblico, che ne ha fatto il proprio idolo. Pino Caputo, il maestro della Domino, dove è nato pugilisticamente, ci ha informato che dalla quarta ripresa non ha potuto più utilizzare il destro, dolorante e gonfio. “Infatti, l’ha portato raramente e questo, contro una roccia come il belga, è risultato un handicap notevole. Per fortuna il sinistro sta diventando un’arma reale e non più di disturbo. Adesso dobbiamo valutare il guaio alla mano destra, facendo le lastre, quindi agire di conseguenza. Sperando si tratti sono di contusione”.
Scardina a sua volta, valuta la prova contro Achergui, in modo positivo, proprio perché arrivata alle dieci riprese: “Per assurdo, se avessi vinto al secondo round, non avrei capito molte cose, contro un avversario che incassava le cannonate. Più prendeva pugni e più si esaltava e veniva sempre avanti”.
Quale era l’aspetto più pericoloso del belga?
“A corta distanza portava colpi strani, usando anche spalla e gomiti, comunque tosti. Infatti appena mi fermavo sulle gambe, lui cercava di chiudermi alle corde. Per fortuna stavo bene e l’ho tenuto a distanza. Sicuramente l’avversario più impegnativo, un test che mi ha fatto crescere e capire che sono sulla buona squadra. Adesso resto in Italia fino a febbraio, prima di tornare a Miami. Voglio godermi la mia famiglia, anche se proseguo a allenarmi”.
Quando torni a combattere?
“Da quanto ne so, dovrei salire sul ring, sempre a Milano in febbraio”.
I progetti per il 2020?
“Un titolo internazionale di sigla, importante che ti fa salire nelle classifiche mondiali”.
L’europeo non interessa?
“Mi affido ai Cherchi e al mio staff. Ogni decisione la prendiamo collegialmente”.
La bella serata milanese è stata rovinata dal verdetto che ha permesso a Francesco Patera (23-3) di mantenere l’europeo leggeri ai danni di Mirco Valentino, che ha effettivamente disputato il match della vita e meritava la vittoria. Negata da tre giudici che hanno fatto cartello, dando al belga una netta vittoria immeritata. Ci chiediamo se l’EBU, che sta navigando nelle nebbie, non si renda conto di queste situazioni. La sfida tra Patera e Valentino sulla carta era tutta per il campione, sul ring è stata altra musica. Il campione, tanto esaltante nella precedente difesa contro Paul Hyland jr., attaccante frontale, ideale per un incontrista come il belga, vincitore per KOT al sesto round, di fronte ad un avversario dalla boxe speculare, motivatissimo, ha mostrato i limiti, non trovando la giusta contraria, mentre Valentino, dimenticando l’età (35 anni) anticipava l’avversario e si sottraeva alle repliche con abilità. Questo per almeno cinque round, che lo sfidante portava a casa. Al sesto tempo Patera capiva che così non andava e iniziava a colpire al corpo, con risultati migliori. Fino all’ottavo tempo il campione recuperava in parte lo svantaggio e si pensava che nelle riprese successiva la rimonta si realizzasse. Valentino non era di questo parere e invece di calare il ritmo, muovendosi sulle gambe entrava ed usciva dalla guardia di Patera, portando serie non potenti ma veloci che facevano (pensavamo) punti. Si andava avanti fino all’undicesima con l’italiano che faceva sognare il pubblico, entusiasta dalla prova dello sfidante. All’ultimo round, per eccesso di fiducia incocciava sul destro di Patera e veniva contato, portando due punti insperati al campione. Personalmente nella penultima ripresa avevo tre punti che potevano essere quattro, visto era stato molto prudente per l’italiano. Deducendone due, restava sempre Valentino in vantaggio. Il pubblico era della stessa opinione, fino alla doccia gelata dei cartellini. Che segnavano qualcosa di incredibile! Il russo Sergey Litunov e l’austriaco Ernst Salzegeber 117-111 e il polacco Grzegorz Molendi 117-110, tutti per Patera. Se questo non è un ‘cartello’, ditemi come posso definirlo. I tre sono giudici esperti e questo conferma la malafede. Mi chiedo se l’EBU, che è ingessata da tempo, muoverà un dito a fronte di questo sconcio.
Come ho criticato aspramente l’operato dei giudici dell’europeo, altrettanto non ho condiviso il giudizio della sfida tra Maxim Prodan (18-0-1) contro il gallese Tony Dixon (12-3), dato sconfitto da due giudici, l’italiano Francesco Rega 97-93 e il francese Ammar Sakraoui 98-92, mentre l’altro italiano Enrico Teruzzi premiava la continuità offensiva dell’ospite: 96-94. In effetti dovendo scegliere con onestà, Dixon meritava la vittoria, anche se il pari poteva starci, valutando che nel professionismo la potenza ha il suo peso. E questa era dalla parte dell’ucraino, comunque troppo frontale e senza variazioni sul tema. Un Prodan opaco, fermato dai sinistri di Dixon, infaticabile e resistente, sempre pronto alle repliche. Spiace anche per il maestro Franco Cherchi, che aveva lavorato duramente per migliorare l’impostazione tattica dell’allievo. Realizzata in palestra, dimenticata sul ring. Prodan è forte e ha carattere, ma non cresce nella qualità. Anche se schiva un po’ meglio, contro Dixon ha ricevuto sinistri in quantità e questo non va bene. Mi auguro che questo test lo abbia fatto riflettere. Vittoria regalata che non cancella la realtà dei fatti.
Il resto della serata non è venuta meno alle attese. Sbrigativo il massimo croato Alen Babic contro Ramazi Gogichashsvili (Geo. 9-30-2) travolto in meno di due round. Il medio nigeriano Joshua Nmomah (8) ha regolato con sicurezza il ghanese George Painstil (3-1-1), troppo ripetitivo per opporsi con successo alla migliore scherma di Joshua (22 anni) che sembra sulla giusta strada. Non altrettanto buona la prova del gemello Samuel Nmomah (12) contro l’esperto georgiano Ambrosi Sutidze (4-18-5), tignoso e scorretto, ma abile e furbo, capace di spedire al tappeto il rivale nella terza ripresa e tenerlo in soggezione per buona parte del match. L’arbitro Enrico Licini gli ha comminato un richiamo, ma ne meritava almeno un paio. Samuel ha troppe pause e non affonda i colpi. Deve migliorare e non poco. Il welter Nicholas Esposito (11) prosegue la striscia vincente, battendo il pugliese Benito Ruggiero (7-4), che sporca le indubbie qualità con scorrettezze gratuite. Contro Esposito ha variato azioni pregevoli con altrettante furbate. Esposito è il solito generoso, sempre in attacco ma ancora poco vario. Il supermedio Ivan Zucco (10) ha superato il moldovo Vadim Gurau (6-6) ostacolo non facile, boxando troppo di forza e poco in scioltezza, contro un avversario esperto e valido. “Non posso andare avanti così – mi spiega Zucco – allenandomi senza sparring, con l’ombra. Adesso vado alla OPI a Milano, dove ci sono pugili con i quali fare i guanti. Diversamente, non posso migliorare e non posso fermarmi a Gurau, bravo ma solo una tappa”. Nel corso della Convention WBC, tenutasi a Cancun in Messico, è stato assegnato il premio “Judge Of The Year", all'arbitro bergamasco Guido Cavalleri, che lo aveva già ricevuto nel 2014, presente alla serata di Milano, persona stimata in tutto il mondo pugilistico. Più di 250 incontri alle spalle, dirige da oltre 40 anni, lo scorso luglio ha diretto la sfida tra i massimi Dillian Whyte e Oscar Rivas a Londra. Per una norma obsoleta, in Italia non arbitra più, avendo superato i 65 anni.
Giuliano Orlando