Fare paragoni, nel mondo dello sport, è uno dei mestieri preferiti dai giornalisti. Nessuno, tuttavia, ha mai pensato di accostare le storie di Fernando Alonso e Max Biaggi: due grandi talenti delle quattro e delle due ruote, campioni vincenti e amati, ma che nel corso dei lustri hanno saputo dividere le tifoserie come pochi altri loro colleghi. Le ultime vicende di Formula 1 e MotoGp, con i trionfi di Vettel a Sepang e di Rossi a Losali, danno lo spunto per provare ad accostare i percorsi di vita dello spagnolo e del romano, che in un modo o nell’altro sono stati coinvolti nel trionfo della Rossa e del Dottore.
MAX, 4 VOLTE IRIDATO NELLA 250 cc
Divisi da dieci anni di differenza (Biaggi è nato nel 1971 mentre Alonso nell’81), questi due grandi interpreti dei motori hanno più di un punto in comune. Per tanti tifosi si tratta di un binomio di “rosiconi”, due piagnoni che non hanno saputo accettare le sconfitte subite in carriera: le cose stanno veramente così? Forse bisognerebbe scavare più a fondo e provare a focalizzarsi sulle spigolosità di due caratteri forti ma allo stesso tempo difficili, che con il passare del tempo hanno creato più di un’inimicizia. Pensiamo a Biaggi, al debutto nel Motomondiale nel 1992 (classe 250) in un periodo in cui erano i piloti romagnoli a farla da padrone (Chili, Reggiani, Capirossi, Gresini, ma anche l’emiliano Cadalora e il ligure Romboni): tutta gente che negli anni ha creato un bel gruppo, nel quale Biaggi non ha mai saputo né voluto entrare. Il centauro romano, tuttavia, si prende la scena nel 1994 e con la sua Aprilia ufficiale griffata Chesterfield domina tre campionati: nel 1997 passa alla Honda ed arriva anche il quarto titolo della 250.
MAX, IL SALTO NELLA 500
Nel 1998 ecco il grande salto nella 500, alla guida di una Honda clienti del team Kanemoto: Max debutta alla grande, vincendo la gara inaugurale a Suzuka, ma l’uomo su cui punta la Honda è Michael Doohan, il quale dispone di un mezzo ufficiale e di un team di primissimo livello (in cui spicca l’ingegnere Jeremy Burgees, il quale seguirà poi Valentino Rossi). Doohan vince quel campionato non senza episodi controversi (come la famosa bandiera nera di Barcellona) e Biaggi, incapace di accettare quella situazione, preferisce abbandonare la magica Nsr per cercare di risollevare la Yamaha, squadra che in quel momento attraversa più di una difficoltà. Scelta sbagliata: il destino vuole che Doohan sia costretto al ritiro definitivo dopo un terribile incidente nelle prove del Gp di Spagna a Jerez e così la Honda designa come suo successore Valentino Rossi, che debutterà nella 500 nel 2000 e saprà diventare il nuovo leader della scuderia di Tokyo. Cosa sarebbe accaduto se Max fosse stato bravo a rimanere nei ranghi senza alzare polveroni? Probabilmente la Honda lo avrebbe promosso nel team ufficiale, cambiando un pezzo di storia dello sport: nel 1999 e nel 2000 i titoli vengono vinti da Criville e Roberts, Biaggi (prima della consacrazione di Rossi) getta alle ortiche la possibilità di fare suoi quei due mondiali. Altra storia nel 2003, quando torna alla Honda (team Pons, una squadra clienti) lasciando la Yamaha a Rossi, che si porta dalla Honda Burgees ed inizia a costruire la grande risalita della casa dei tre diapason. Oggi Biaggi fa i complimenti a Rossi per la vittoria in Qatar e sui social c’è più di un tifoso che lo etichetta come “rosicone”: proprio come Alonso, fermo ai box con la sua McLaren Honda mentre Vettel va a trionfare sulla Ferrari.
FERNANDO, I 2 MONDIALI VINTI
Anche lo spagnolo, così come Biaggi, dispone di un talento innato, qualità che lo ha portato a vincere il suo primo Gp nel 2003 (all’Hungaroring) e i suoi due titoli mondiali del 2005 e del 2006, battendo nel secondo caso un certo Michael Schumacher. Sembra l’inizio di un dominio, Alonso accetta poi la corte della McLaren Mercedes e si presenta al via della stagione 2007 come favorito, ma la squadra di Ron Dennis fa debuttare Lewis Hamilton il quale, a poco a poco, riesce a tirare dalla sua parte tutti componenti del team. L’iberico non prende bene l’ascesa dell’inglese e dopo alcuni episodi ai limiti dello scorretto (come quando in Ungheria danneggia il proprio compagno di squadra in qualifica con una mossa a dir poco plateale) saluta il team, per tornare alla Renault (che intanto ha perso molto del suo potenziale). Risultato? 2008 e 2009 da dimenticare, con una vettura palesemente inferiore alla concorrenza.
FERNANDO, DALLA FERRARI ALLA MCLAREN
Nel 2010 arriva la grande occasione alla guida della Ferrari: sono anni intensi e difficili, in cui c’è da confrontarsi con una vettura avversaria più forte (la Red Bull) e un giovane tedesco pieno di ambizione (Vettel). Il tedesco vince quattro titoli di fila, aiutato anche da una macchina incredibile, ma ad Alonso resta il rammarico di non essere riuscito a conquistare i campionati del 2010 e del 2012, annate in cui c’era davvero la possibilità di spuntarla sulla Red Bull. La Ferrari tocca il fondo nel 2014 a causa di una vettura nata male e sviluppata peggio: i cambi di management (da Domenicali ad Arrivabene, intramezzati dalla parentesi Mattiacci) esasperano lo spagnolo, il quale decide di abbandonare la Rossa (dopo una stagione non senza polemiche con il team) e di tornare in McLaren, che intanto passa ai motori Honda. Altra scelta sbagliata: mentre la Ferrari sforna dopo anni una buonissima vettura (e la grande rimonta di Raikkonen in Malesia lo dimostra) Alonso si trova imballato in una situazione tragicomica, con una monoposto piena di problemi e difficilmente competitiva, almeno nel 2015. I tifosi della Ferrari già idolatrano Vettel, mentre lo spagnolo è giudicato da molti un “rosicone perdente”. Come Biaggi, al quale parecchi appassionati hanno sempre preferito Rossi: che Vettel e il Dottore siano due fenomeni non è in discussione, ma i casi Biaggi-Alonso dimostrano che nello sport, come nella vita, il solo talento non basta per emergere se poi si è incapaci di prendere le decisioni giuste e di gestire certi equilibri.