«Posso dire senza esitazione di aver fatto tutto ciò che volevo. Il successo che ho raggiunto, credo possa bastarmi anche per un paio di vite e sono grato per questo».
Era il 13 giugno del 1989 quando Ferdinand Lewis Alcindor jr, il mitico Kareem Abdul Jabbar (cambiò nome dopo essersi convertito all’Islam), poneva al posto giusto l’ultimo tassello di un mosaico che è tra i più affascinanti ed esaltanti dell’intera storia della NBA.
Oggi, 16 aprile 2020, quell’uomo compie settantatre anni ed è un piacere, oltre che un onore, poter rivivere i momenti salienti di una carriera stratosferica.
In venti, lunghe, intensissime stagioni, Kareem Abdul Jabbar ha lasciato un segno indelebile ovunque sia passato. Non è un caso che, in suo onore, tutte le squadre che hanno avuto la fortuna di schierarlo in campo, hanno ritirato la maglia numero 33, quella che lui ha vestito onorandola in ogni occasione, portando in campo 218 centimetri di grande tecnica e di fisico non prorompente ma che gli permetteva di “far presenza”.
Di lui il mitico Bruce Lee, elogiando la perfezione del corpo in un suo trattato, scrisse: «Non pesava tanto, ma sfruttava il massimo da quello che aveva. Era veramente forte e tutto il peso che aveva era muscolo. Aveva una forma fisica molto curata, molto definita».
Nato a New York nel 1947, Kareem ha impreziosito la sua carriera con una lunga serie di successi, sia individuali sia di squadra. Sempre “sul pezzo”, con una grande tecnica (“brevettò” lo “Sky Hook”, il famoso “Gancio Cielo” gesto che lo rendeva praticamente immarcabile) ed una velocità impensabile per un atleta della sua altezza, il centro ha mantenuto altissima la sua asticella.
Con 38.387 punti segnati è ancora il miglior marcatore della storia della NBA, in una classifica che vede alle sue spalle Karl Malone (36.928), Lebron James (33.655), Kobe Bryant (33.643) e MJ Jordan (32.292).
Ci sono numeri da far girar la testa che possono dare il senso di quanto sia stato importante il passaggio di Kareem Abdul Jabbar nel campionato più bello del mondo: 1560 partite giocate in regular season e 237 nei play off per un totale di 66.297 minuti trascorsi in campo. Oltre al record assoluto di punti, il numero 33 più splendente del pianeta NBA ha catturato 19.921 rimbalzi (ne prese addirittura 34 in una sola partita, il 14 dicembre del 1975 in maglia Lakers contro i Detroit Pistons), ha piazzato 3665 mortifere stoppate e recuperato 1349 palloni.
Al suo dito ha messo sei volte l’anello di Campione del Mondo: iniziò nel 1971 con i Milwaukee Bicks e completò la serie con il gialloviola del Los Angeles Lakers vincendo le stagioni 1980, 1982, 1985, 1987 e 1988. Arrivò alla NBA (fu prima scelta al Draft nel 1969) dopo aver condotto gli Ucla Bruins al titolo NCAA per tre anni di seguito, dal 1967 al 1969. E’ stato MVP della stagione per sei volte (‘71, ‘72, ‘74, ‘76, ‘77, ‘80) record che nessuno ha sin qui battuto. Ha vinto la classifica dei marcatori nel ‘71 e nel ‘72, quella di miglior rimbalzista nel 1976 e di miglior stoppatore del ‘75, ‘76, ‘79 e ‘80. Nel 1970 è stato eletto Rookie dell’anno, per dieci anni è stato inserito nell’All-NBA First Team e potremo continuare per ore, volendo ricordare tutti i riconoscimenti ottenuti da un giocatore inimitabile. Divenne presto idolo di una squadra che rese imbattibile, ponendosi come punto di riferimento accanto ad un altro giocatore di statura cosmica: Earvin Magic Johnson. Los Angeles era ai piedi delle due stelle di prima grandezza. Non per nulla, ad entrambi è stata dedicata una statua esposta all’ingresso dello Staples Center.
Anche dopo aver appeso le scarpe e gli inimitabili occhialini al chiodo, Kareem Abdul Jabbar ha ricevuto premi ed onorificenze che lo hanno reso una vera icona dello sport americano. Nel 1995 è stato sancito il suo ingresso nella Hall of Fame della NBA. Nel 1997 è stato inserito nell’elenco dei 50 giocatori NBA più forti di tutti i tempi. Il 22 novembre del 2016, alla Casa Bianca, l’allora Presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, conferì a Kareem Abdul Jabbar e a Michael Jordan la Medaglia presidenziale della libertà, la massima decorazione prevista negli Stati Uniti.
Così, immaginandolo mentre soffia sulle torta di compleanno è bello ricordare anche l’intelligenza e la sagacia di Kareem Abdul Jabbar, l’uomo che un giorno disse: «La tua mente è ciò che fa funzionare tutto il resto».