Quando la notizia che Josè Mourinho aveva firmato con la Roma, la prima reazione del popolo giallorosso fu di incredulità e scetticismo. La solita bufala per i boccaloni di giornata. Nei giorni successivi il sogno prende forma concreta e la gioia romanista esplode. A quel punto è intervenuto il giornalista e scrittore giusto, uno che conosce il mestiere e in particolare sa tutto del nuovo allenatore, personaggio che unisce abilità e paradossi, il top dell’antipatia e il vertice del coinvolgimento. In effetti uno che è riuscito a farsi licenziare tre volte in quattro stagioni, come possa creare emozioni forti all’arrivo a Roma, una delle panchine più traballanti del campionato italiano, resta un mistero. Personaggio diabolico, capace di spandere il suo virus personale, trasmettendolo nella vecchia europea. L’ultimo approdo nella Città Eterna. Uno che torna in Italia, dopo aver centrato il ‘triplete’ all’ombra della Madonnina, versione nerazzurra. L’abilità dell’autore è che come Mou, sa essere paradossale e ironico, raccontando con l’abilità di affabulatore su carta, non una storia, quella di Maurinho, ma tante storie in giallorosso dove i personaggi si sprecano, anche se l’unico per il quale tutti si tolgono il cappello, di chiama Totti, l’ottavo effettivo re di Roma. Intanto l’ex ‘number one’ si è presentato spiazzando tutti: “Io sono l’allenator della Roma e voglio essere solo questo”. Completando con l’affondo che ha prodotto non poche aritmie cardiache: “Non voglio che questa sia la Roma di Maurinho, voglio che sia la Roma dei romanisti”. Mette tutta la squadra sotto torchio, coccola il suo pupillo Zaniolo, che già voleva quando allenava il Tottenham, convinto che in tempi brevi entrerà nella Hall personale dove trovano posto Deco, Drogba, Terry, Lampard, Zanetti, Cristiano Ronaldo, Sergio Ramos, Pepe, Benzema, Maicon Pogba, Son fino ad Harry Kane. Traggo questi concetti leggendo il libro, che nel capitolo A Trigoria la vita è provvisoria, e precisa nel sommario: Gli allenatori prima di Mou: la strage degli innocenti. Snocciola una decina di nomi, da Zeman a Fonseca evaporati come neve al sole. Vengono passati in rassegna questi tecnici, il cui destino ha come denominatore comune la fine del rapporto prima della scadenza di contatto. Con due eccezioni: il ‘barone’ svedese Nils Liedholm, che ha scritto la storia del Milan come calciatore e Don Fabio Capello, ovvero mascella volitiva, friulano di ferro, tecnico di rara sensibilità, anche lui nato nel vivaio rossonero. Entrando nella galleria dei paragoni, trova Helenio Herrera che a giudizio dell’autore non possiede il carisma di Mou. In volo rapido, entrano in questa rassegna Claudio Ranieri e Antonio Conte, che oggi operano in Inghilterra. La conclusione è ovvia, diciamo scontata. Le tappe prima di Roma, tra luci e ombre, grandi club e gossip con qualche pruderia gratuita. Trionfi e tonfi, ma come Napoleone, cadendo sempre in piedi. Sant’Elena è ancora lontana.
Giuliano Orlando