Il fotogramma dice che la palla non ha ancora lasciato le mani del giocatore quando il tabellone segna 0.00. Il tempo, però, non tiene conto degli ultimi 9 decimi (nel regolamento saranno introdotti soltanto l'anno successivo, ndr). Questioni meramente tecniche, ma la finale per assegnare lo scudetto di pallacanestro tra Enichem Livorno e Philips Milano, stagione 19988-89, è molto più di un dettaglio su un cronometro falsato già in partenza. E' un ciclone di emozioni, è una sirena che non suona perché la bolgia del Pala Macchia è molto più forte, è la chiusura di un ciclo leggendario di scarpette rosse portate magnificamente da D'Antoni-Meneghin-McAdoo. E' quello che non si apre in riva al mare perché il tricolore finirà sotto al Duomo, mentre a Livorno, senza saperlo, si prepara già il funerale del basket.
Un salto indietro di 25 anni esatti, 27 maggio 1989. L'Olimpia cerca il titolo numero 24, la Libertas il primo della sua storia in una finale anch'essa epica perché mai fino ad allora si era arrivati a Gara 5. Un libro non basterebbe a raccontarla tutta, almeno un capitolo servirebbe per gli ultimi quattro secondi. Milano sopra di uno e palla in mano va al tiro da tre punti con Premier, rimbalzo di sir Alexis che apre per Fantozzi, due palleggi per passare metà campo e scarico a Forti lanciato in contropiede: arresto in due tempi, appoggio al tabellone e canestro. Per il secondo arbitro, Grotti, "buono" più fallo, per Zeppili, il primo, da annullare. Il tabellone resta fisso sul punteggio di 85-86 in favore della Philips, il pubblico invade il campo mentre al tavolo dei giudici si cerca di capire.
Scoppia una rissa furibonda quando i giocatori e gli arbitri si avviano verso gli spogliatoi: Premier viene colpito e reagisce mentre l'ex stella gialloblù, il compianto Kevin Restani, cerca di calmare gli animi. E' il caos totale, fino a quando il canestro diventa valido. L'Enichem Livorno è campione d'Italia, lo dirà anche il telegiornale: si festeggia pure a Pesaro, dove la Scavolini si sente derubata di una finale per una monetina che, anni dopo, l'allora presidente della Federazione Dino Meneghin ammetterà non essere stata così dolorosa da impedirgli di rientrare in campo (l'episodio valse ai marchigiani la sconfitta a tavolino in Gara 1 di semifinale).
Livorno piange di gioia, poi di rabbia quando in tarda serata si capisce che lo scudetto sta per imboccare l'autostrada per Milano. Il ricorso toscano per un errore tecnico del tavolo, che permette ad Albert King di rimanere in campo anche dopo il quinto fallo, viene giudicato inammissibile. La Libertas, di lì a poco, sparirà dal basket che conta. L'Olimpia, salvo un titolo nel 1996 dal retrogusto triestino perché di marca Stefanel, non vincerà mai più. Stasera, guarda caso 27 maggio, sempre contro una toscana e per di più in Gara 5 (anche se dei quarti di finale), la possibilità di riscrivere la storia. E, magari, aprire un ciclo leggendario come fu quello di D'Antoni-Meneghin-McAdoo.