Tre uomini e una… macchina. A quanto pare, il 27 agosto è il giorno più “automobilistico” dell’anno, perché tre piloti di chiara fama hanno la coincidente data di nascita: Mark Webber, Derek Warwick e Gerhard Berger.
Dei tre, colui che ha lasciato di più il segno nella mente dei tifosi italiani è senza dubbio Gerhard Berger il pilota austriaco nato a Wörgl nel 1959 e che ha legato uno dei momenti più gloriosi della sua carriera al cavallino rampante della Ferrari. Arrivò nella scuderia di Maranello nel 1987 e chiuse la stagione con la doppietta ottenuta prima in Giappone e poi nella “sua” Austria. I migliori risultati di Berger nella classifica del Mondiale, terzo nel 1988 e nel 1994 si riferiscono ai due periodi in cui era al volante della “Rossa”. Tra l’altro, il destino volle che l’austriaco, nel 1986 prima e nel 1994 poi, contribuì ad interrompere le due più lunghe sequenze di gare senza la vittoria di una Ferrari. Berger entusiasmò il pubblico italiano quando sul circuito di Monza quando nel 1986, al volante di una Benetton, raggiunse l’incredibile velocità di 351,22 chilometri orari, record ancora oggi imbattuto. Carriera splendida quella del pilota austriaco, approdato in Formula Uno nel 1984: dopo l’affannosa stagione con la Arrows in cui pagò la pochezza del mezzo, seppe esprimere il suo talento con la Benetton, con la Ferrari e con la McLaren, anni in cui ebbe come compagno di scuderia l’indimenticato Ayrton Senna. Gerhard Berger ha lasciato il mondo delle corse dopo 14 stagioni, dieci Gran Premi vinti, 48 corse concluse salendo sul podio e 12 pole position.
Il 27 agosto del 1976, ma a Queanbeyan in Australia nacque invece Mark Webber, che si mise al volante già alla tenera età di 14 anni. Il talento non manca, il coraggio nemmeno e così, a 17 anni, Webber vince il campionato del New South Wales. Altro capitolo importante nella carriera del pilota australiano è quello del 1996, anno in cui vince il campionato Formula Ford, arriva secondo posto al campionato inglese e al terzo a quello europeo. Da brividi è, invece, il ricordo della 24 ore di Le Mans del 1998. Al volante della CLK, Webber si capovolge in rettilineo dopo che la macchina decolla alzandosi dall’asfalto. L’incidente non spaventa il pilota ma, al contrario, ne rafforza la convinzione. Nel 2000 entra nel circuito della Formula Uno: testa la Arrows ma esordisce con la Minardi. Nel 2003 passa alla Jaguar ma è nel 2005, alla Williams che ottiene il primo podio arrivando terzo a Monte Carlo. Per rivedere Webber sul podio bisogna aspettare il 2007 con la Red Bull al Gran Premio d’Europa. L’ascesa è inarrestabile: arriva la prima vittoria al Nurburgring che viene poi bissata, nel corso delle stagioni successive da altre otto affermazioni, quattro delle quali nella sua stagione migliore: è il 2010 e Webber colleziona anche cinque pole position ed arriva terzo nella classifica del mondiale. L’australiano si ritira con profondo senso di rammarico nel 2013: in Malesia, ad un passo dalla vittoria, il compagno di squadra Sebastian Vettel lo supera nonostante la scuderia dica il contrario. Si ritira quindi con tre terzi posti nei Mondiali 2010 e 2011, 9 vittorie, 11 pole position e 15 giri veloci.
L’obiettivo viene messo a fuoco in direzione di Alresford, Hampshire, Inghilterra. Lì, il 27 agosto del 1954 viene alla luce Derek Stanley Arthur Warwick uno dei piloti più validi ma, al contempo, meno vincenti della storia della Formula Uno. A posteriori, molti critici hanno sottolineato come l’inglese abbia pagato il prezzo di scelte sbagliate nel corso di una carriera che purtroppo non è mai decollata. Il nome di Derek Warwick sale alla ribalta nel 1978 quando con grande temerarietà vince il titolo nella Formula 3 inglese. Nel 1981 arriva la chiamata che può cambiare la vita: la Toleman gli offre una guida in F1 ma su dodici occasioni non si qualifica mai. Ragazzo mai domo, questo Warwick che passo dopo passo contribuisce allo sviluppo della monoposto e, nel 1983 la conduce al miglior risultato di sempre, arrivando per ben due volte ai piedi del podio. Il nome di Derek va sui taccuini che contano e nel 1984 arriva l’ingaggio con la Renault. La macchina è però oggetto di restyling e Warwick è visibilmente in affanno al volante di una vettura per nulla competitiva. Ciò nonostante ottiene i migliori risultati in carriera: secondo in Inghilterra e Belgio, terzo in Germania ed in Sudafrica. Il suo nome viene affiancato alla Lotus, ma Ayrton Senna pone il suo veto e l’inglese resta a piedi. Per consolarsi prende parte al campionato delle auto sportive al volante di una Jaguar, Torna in Formula 1 con la Arrows nel 1987 (arriverà decimo nella classifica piloti) e nel 1990 passa alla Lotus Lamborghini. E’ il 1990 e Warwick, impegnato al Gran Premio d’Italia a Monza, si schianta a 250 chilometri orari e resta imprigionato per decine di metri. Un impatto spaventoso dal quale il pilota inglese esce illeso. Chiuderà la sua avventura in Formula 1 alla Footwork e saluterà il circuito senza aver mai assaporato la gioia di una vittoria. Soddisfazione che ebbe nella categoria Superprototipi: nel 1992 con la Peugeot 905 si laureò campione del mondo assieme a Yannick Dalmas. Nello stesso anno trionfò alla 24 Ore di Le Mans in squadra con Yannick Dalmas e Mark Blundell.