TRENTO. A volte il coraggio non basta, ci vuole anche un pizzico di fortuna, mancata a Fabio Turchi (17-1) nel senso che una ferita dovuta ad una testata ritenuta involontaria, da parte di Tommy McCarthy (16-2), inglese di origini giamaicane, residente a Belfast in Irlanda del Nord, nel settimo round, ha condizionato per quasi metà incontro il rendimento dell’italiano. Fattore non secondario contro un avversario possente e potente che sembrava un robusto massimo. Match intenso come nelle previsioni e a mio parere il migliore da parte di Turchi, che senza le ferite, visto che aveva entrambe le sopracciglie sanguinanti, avrebbe ottenuto un risultato sicuramente migliore. Dodici round di battaglia, metà dei quali in condizioni di inferiorità e arrivare al termine battuto per 2-1, con Cavalleri 116-112 per Turchi, mentre Loughlin (112-116) e Barrovecchio (113-115) vedevano McCarthy, è un riconoscimento al valore di Turchi, che esce da questa sconfitta con un voto alto. Non certo una bocciatura, solo una battaglia perduta di misura e la conferma che il giovanotto ha tutti gli attributi per crescere. Un match sofferto, dove ha incassato pugni pesanti e superato momenti difficili, riuscendo sempre ad uscirne da vero guerriero. Non solo, proprio nella parte finale ha cercato di chiudere la partita di potenza. Personalmente avrei stilato il pari, senza creare scandalo. All’estero non ti regalano nulla, mentre noi abbiamo l’inossidabile Barrovecchio che valuta freddamente il match da ragioniere, senza emozioni ed sterofilo. Purtroppo la sconfitta costa al fiorentino l’Internazionale WBC e la cintura vacante UE.
Qualora il clou della bella serata di boxe, allestita dalla Matchroom Boxing Italy e Opi Since '82, avesse arriso a Turchi, la festa si sarebbe trasformata in trionfo. Così non è stato, ma meritano applausi le imprese di Matteo Signani e Francesco Grandelli, che hanno capovolto i pronostici della vigilia. Matteo come ho scritto nella presentazione non ci ha guadagnato troppo dal cambio. L’armeno Gevorg Khatchikian (29-3) non è un fuori classe, ma per batterlo devi possedere qualità notevoli, altrimenti resti al palo. Aver perduto ai punti contro il messicano Gilberto Ramirez (Mes. 32) a Las Vegas, il miglior supermedio in attività, appare significativo. Ebbene, il quarantenne ragazzo di Cesena, allenato dal grande maestro Meo Gordini, ha combattuto imitando proprio il giaguaro, come lo chiamano i sui tifosi. Ha toccato rapido evitando le repliche di un rivale più potente ma anche meno rapido. Certo, quando l’armeno arrivava con quel gancio destro pesante, si capiva che faceva male, ma Signani ha sempre saputo replicare mostrando boxe migliore, e senso tattivo superiore. Ha sofferto in avvio, poi ha capito che per batterlo doveva usare gambe e non farsi sorprendere e ha eseguito il compito alla perfezione. Ha vinto la tenacia dell’italiano, che ha replicato ad ogni fase negativa e alla fine dei 12 tempi, la vittoria sia pure di misura era fuori discussione. Due giudici lo hanno premiato: Gugguheim (Ch) 116-112, il francese Dolpierre 115-113 che condivido, mentre lo spagnolo Rosa optava per l’olandese 115-114. Giustificata la grande gioia del vincitore, che ha raggiunto il tetto d’Europa di una delle categorie più prestigiose, quella dei medi, dopo dodici anni di attività e il primo tentativo svanito d’un soffio. Il 2 dicembre 2016 a Colleferro (Roma) perdeva contro Emanuele Blandamura per split decision. Aveva già 37 anni e un altro si sarebbe arreso. Invece ha aspettato la seconda occasione, che i Cherchi con i quali era passato nel frattempo, gli hanno offerto. Il destino aveva scritto che sarebbe arrivato la grande occasione e lui ha fatto il suo dovere. Passato professionista nel 2007 a 28 anni, ha detenuto a lungo il titolo italiano tra il 2010 e il 2013, ha conquistato la cintura UE nel 2014, battendo il quotato francese Ahamed Rifae, nato in Libano. Si è preso anche l’Intercontinentale WBA nel 2015, mettendo KO all’ottavo round Rafael Sosa Pinto, quasi coetaneo ancora in attività. Dopo la battuta d’arresto con Blandamura ha vinto gli ultimi tre incontri, fino al capolavoro di Trento. Strameritato perché difficile da raggiungere. Che i soliti inventori della boxe abbiano dissentito, ingigantisce l’impresa. Anche il campione italiano dei piuma, Francesco Grandelli (12-1-1) è stato grande, anzi grandissimo, battendo l’inglese Watford Belotti (14-2) per il vacante Internazionale silver WBC, meglio quotato e pericoloso picchiatore. Il piemontese ha impostato il match sulla velocità di esecuzione, tattica che puoi fare se hai la condizione perfetta. L’italiano ha sorpreso l’inglese che forse si aspettava un rivale prudente, portato a limitare i danni. Invece ha incrociato uno che l’ha sempre anticipato, guidando lui il confronto. Certo, ha incassato anche qualche corpo sotto pesante, ma il rapporto è sempre stato a favore di Grandelli. Indubbiamene superiore alle attese. Pure in questo caso verdetto a maggioranza. Il giudice inglese Victor Loughlin, (al contrario di Barrovecchio con Turchi), favoriva il suo pugile, 95-96, mentre lo spagnolo Rosa 96-94 e Cavalleri 96-95 davano la vittoria giustamente a Grandelli.
Il suo manager Mario Loreni, quando gli venne proposta la sfida, mi chiamò per conoscere il mio parere. Risposi che i rischi c’erano, ma valeva la pensa provare. I fatti hanno dimostrato che Francesco poteva farcela disputando un match perfetto. Adesso l’Internazionale Silver WBC piuma è suo e a consegnarglielo è stato un certo Roberto “mani di pietra” Duran, ospite a Trento, la leggenda del Panama e uno dei più grandi guerrieri del ring. Francesco sa bene che una rondine non fa primavera, quindi deve confermare il salto di qualità con altre prove di qualità. Conoscendo la serietà del pugile e dell’uomo, sono sicuro che il nuovo campione non deluderà le attese. Francesco titolare di una palestra a Nichelino alla periferia di Torino, è impegnato anche come agente di sorveglianza, infatti due giorni dopo il match era già al lavoro in un supermarket. “Per tutti gli organi di informazione – fa presente – ero destinato alla sconfitta. Sul ring ho dimostrato che si sbagliavano. Belotti lo avevamo studiato bene e sapevamo che si poteva battere solo in velocità. Mi sono preparato come al solito, ma avevo un piano preciso che ho svolto diligentemente. Belotti fa male effettivamente, ma non ha la mia velocità e neppure lo stesso gioco di gambe. Lui era sicuro di mettermi KO. Me lo aveva annunciato al peso. Io gli avevo risposto che la pensavo diversamente. Dopo il match sorrideva a denti stretti, consapevole di aver perduto. Mi ha detto “ci rivedremo presto”. Niente in contrari ma adesso sono io e il mio manager a dettare le condizioni. I Cherchi si sono complimentati ed io ero entusiasta di combattere in una serata di quel tipo. Sembrava di essere negli USA. Spero di ripresentarmi ancora con i Cherchi. Sicuro di non deluderli. Un particolare: ho usato la cintura protettiva dei dilettanti, perché quella nuova mi dava fastidio. Purtroppo i colpi erano meno attutiti. La prossima volta non accadrà più”.
Nella prima parte della serata hanno combattuto altri tre pugili della OPI 82. Il superleggero Samuel Gonzalez (22-5), 31 anni nato in Venezuela, stabilitosi nel Messico e approdato dal 2017 in Italia, ha faticato parecchio contro l’honduregno Jairo Duran (14-5) battuto sui sei round di misura. Più facile per il campano nato in Brasile, Valentino Manfredonia (2) avere ragione del serbo Milos Jankovic (1-8-2) regolato ai punti sui sei round. Il superwelter romano Mirko Natalizi (7) ha centrato il settimo sigillo contro Alexander Benidze (13-27-3), mestierante georgiano di 36 anni, residente a Kiev in Ucraina, attivo dal 2006, abbonato alle sconfitte, ma allergico a quelle per ko. Nell’ultradecennale attività era stato sconfitto solo due volte (2007-2015) prima del limite. La terza l’ha dovuta sopportare dal romano che ha trovato il colpo giusto nella sesta e ultima ripresa, quando sembrava che finisse ai punti. Comprensibile la delusione di Alex. Come la gioia di Mirko.
Articolo di Giuliano Orlando