Saul Alvarez sfila a Gennady Golovkin le tre cinture medi con un verdetto a maggioranza che farà discutere. Ma il vero vincitore è stato l’organizzatore Oscar De La Hoya che ha riportato la sfida a Las Vegas e due giudici hanno fatto il resto. Se è vero che la pazienza vince sempre, Oscar De La Hoya, che ha fortemente voluto la rivincita ancora a Las Vegas, intervenendo di persona, quando il team kazako chiedeva più dollari, mai come in questa occasione il proverbio è diventato realtà.
La rivincita tra Golovkin e Alvarez, tornata a Las Vegas ha visto due giudici su tre: Dave Moretti e Steve Weisfeld col loro 115-113 per il messicano, che hanno portato sotto le voraci ali della Golden Boy e associati le tre cinture (IBO, WBC e WBA) che valgono molti milioni e danno ai nuovi padroni la possibilità di gestirle. Pur vedovo del capitale, Golovkin non resterà all’asciutto, poiché la GGG/K2 ovvero i fratelli Klitskho, che lo gestiscono, erano soci nell’evento e quindi avranno una parte del pacchetto messo in palio.
Alvarez è dunque il nuovo titolare delle tre cinture, ma aveva realmente vinto? Non ero a Las Vegas e la mia opinione deriva dalle immagini televisive. Personalmente avrei optato per il pari e dovendo proprio scegliere un vincitore indicherei il kazako, anche se contrariamente al primo match, il distacco era decisamente minimo. Golovkin (36 anni) è sempre forte e resistente, ma ha perso la potenza di un tempo e il messicano di pelo rosso che di anni ne ha otto meno, è migliorato sia in fase difensiva che offensiva. Si è visto chiaramente che i suoi tecnici hanno studiato a fondo il campione e preparato Saul per il tipo di boxe di Gennady. Ha sorpreso la vitalità del kazako, mentre il messicano dopo la nona ripresa ha avuto un calo di rendimento vistoso che ha cercato di mascherare nell’ultimo round, andando all’attacco senza precisione e convinzione. La parte migliore di Alvarez è stata quella centrale, dove ha tenuto l’iniziativa trovando bersaglio veloce e dimostrando anche un gioco di gambe apprezzabile.
Golovkin non è stato a guardare, anche se portava meno colpi. Rifacendosi nelle riprese conclusive. A completamento del verdetto, il giudice Glenn Feldman ha segnato 114-114 che mi trova d’accordo. Al contrario degli esperti delle emittenti e dei media: Barry Jones (BT Sport) 116-112; Harold Lederman (HBO) 116-112; Michael Benson (talkSPORT) 116-112; Michelle Phelps (Behind The Gloves) 115-113; Adam Abramowitz (saturdaynightboxing) 115-113; Matt Christie (Boxing News) 115-114, tutti per Golovkin. Il confronto, al contrario di quanto si temeva è stato corretto e anche spettacolare, nessuno dei due è stato in difficoltà e proprio il costante equilibrio avrebbe dovuto orientare i giudici al pareggio. Golovkin e il suo clan sapevano bene il rischio di una giuria tutta americana. Composta da tre veterani, con oltre mille presenze a testa. Moretti (74 anni) e vive a Las Vegas conosce bene il gioco, dall’alto di una carriera che lo ha visto redigere i cartellini di tutti i più grandi degli ultimi 50 anni, avendo debuttato nel 1977. L’altro che ha visto Alvarez avanti è Steve Weisfield, 53 anni, attivo dal 1991 e ormai di casa a Las Vegas. Quello del pari Glen Feldman proviene dal giornalismo, fa il consulente finanziario e giudica dal 1992. Diciamo che la Golden Boy è andata sul sicuro. Nel cartellone figurava il medio canadese David Lemieux (40-4) che ha messo KO al primo round l’inglese O’Sullivan (28-3) e potrebbe diventare il primo sfidante volontario di Alvarez, visto che Lemieux fa parte della Golden Boy. Il vero problema è quello di tenere a bada le tre sigle, ognuna delle quali fa pressione per far combattere il proprio sfidante. Tutto questo mentre i due clan pensano alla bella, visto l’andamento dei due confronti.
Di certo è che adesso la forza contrattuale di Golovkin è decisamente meno forte e dovrà sottostare agli interessi del campione. Al momento è la torta più consistente della grande boxe. Insidiata da Floyd Mayweather (50) ex iridato di 5 categorie (superpiuma, leggeri, superleggeri, welter e superwelter - unico vincitore di Saul Alvarez - che viaggia verso i 42 anni, facendo conoscere l’intenzione di voler riaffrontare Manny Pacquiao (60-7-2) che battè nel 2015. Il filippino sulla soglia dei 40 anni, attivo dal 1995 è l’attuale campione del mondo welter WBA. Una sfida tra illustri veterani che tre anni addietro raccolse il primato delle payperwieu, con un incasso che sfiorò i 420 milioni di dollari con 4.6 milioni di contatti. Dopo tre anni sarà ben difficile ripetersi, anche se Mayweather non a caso viene definito “the money”. A Las Vegas, Jame Minguia (31) 21 anni, ha mantenuto lo scettro superwelter WBO, spedendo KO al terzo round, il canadese Brandon Cook (20-2) 32 anni, che nulla ha potuto contro la furia del giovane messicano.
Tornando ai veterani, sul ring tedesco di Ludwigshafen, il congolese Lolenga Mock (42-15-1) 46 anni, residente in Danimarca da quasi vent’anni, ha sfiorato la grande impresa, lottando alla pari contro il turco Avni Yildirim (20-1), residente in Germania, che di anni ne ha 26, per la cintura Internazionale WBC supermedi. Mock, ben conosciuto dagli italiani avendone affrontati e battuti cinque (N’Diaye, De Carolis, Di Giacomo, Giovanni Alvarez e Sinacore) ha disputato un match incredibile. Finito al tappeto nel primo round, Mock non solo si è rialzato ma ha tentato in tutti i modi di capovolgere l’avvio sfavorevole. Una battaglia violenta sul filo dell’equilibrio, decisa proprio da quel kd. Tutto facile per Vincent Feigenbutz (29-2) il pugile di casa, 23 anni, contro Yusuf Naguel (Ger. 17-2-1) in difesa della cintura medi GBU nota solo in Germania. Il confronto è finito al 6° round per manifesta superiorità del detentore. Feiganbutz nel 2016 a Karlsruhe venne battuto da De Carolis per kot all’11° tempo, per il mondiale supermedi WBA.
Voglio chiudere l’articolo col torneo dilettantistico di Istanbul denominato Ahmet Cömert giunto alla 32° edizione. L’Italia al femminile, guidata da Maurizio Stecca, si è presentata con nove atlete reduci da uno stage in Ucraina. Bilancio finale: un argento con Flavia Severin (+81) campionessa d’Europa e due bronzi (Amato 69 e Nicoli 64). Confermando il problema sempre più drammatico del caos di valutazione dei giudici, siamo a andati a leggere il cartellino della sfida in semifinale tra l’indiana Kaur e la nostra Nicoli, che lo stesso sito della FPI dava sconfitta 5-0. Intanto è di 4-0 e vale la pena di conoscere i punteggi dei 5 giudici. L’ungherese (30-27), il kosovaro (30-26), gli altri tre, tutti turchi hanno segnato 30-27, 29-28 e 28-28. Non servono commenti quando su tre round, un giudice vede ben quattro punti per l’indiana e un altro ritiene giusto il pari. L’unico commento è un grido d’allarme al quale l’AIBA deve assolutamente correre ai ripari. Diversamente, saranno le nazioni meno forti a pagarne le conseguenze.
Articolo scritto da Giuliano Orlando