L’ultima volta che Roberto Cammarelle è salito sul ring è stato il 29 maggio 2016 a Milano, a 35 anni, dopo un ventennio abbondante di attività, sedici anni dei quali con le insegne delle Fiamme Oro, battezzate dal primo titolo assoluto sul ring di Pisa nel 2000, a cui seguirono altri otto scudetti, l’ultimo nel 2012 a Roma. Un patrimonio infinito, lungo una carriera onorata in oltre 230 incontri, da tre podi d’Olimpia (bronzo 2004, oro 2008 e argento 2012), due ori iridati (2007-2009) e un bronzo (2013), tre vittorie ai Giochi del Mediterraneo, mondiale militare nel 2004, tre ori con l’Unione Europea e altrettanti argenti europei, un paio dei quali avrebbero meritato l’oro.
Oltre ad un consistente numero di tornei internazionali vinti, da meritare il titolo di più grande dilettante italiano di tutti i tempi. A tale proposito, Cammarelle precisa: “L’ultimo match, l’ho disputato nel doppio ruolo di pugile e dirigente, visto che è avvenuto il 29 maggio 2016 al Palabadminton di Milano. Il 2 maggio 2016, era stato ufficializzato il mio passaggio da pugile a direttore tecnico presso le FFOO, il corpo di polizia di cui faccio parte dal lontano aprile 2000, con compiti di responsabilità nella conduzione del settore pugilistico”. La scorsa settimana, per la prima volta, ha avuto l’incarico dalla FPI di seguire una squadra azzurra nel ruolo di tecnico responsabile. Lo ha fatto, guidando sei atleti e due atlete impegnate nel dual match Svizzera-Italia sul ring di Zurigo. Che il diretto interessato ha vissuto così: “In partenza da Roma, ci avevano informati che si trattava di un quadrangolare, con i padroni di casa, oltre a Polonia e Norvegia. Giunti sul posto abbiamo appreso che si sarebbe svolto un doppio confronto con la Svizzera, non essendo arrivare le altre due formazioni invitate. Ci siamo adeguati alla novità e non solo. Non c’è voluto molto a capire che avremmo pagato il il fattore campo in alcuni casi decisamente sfacciato contro di noi. Visto che arbitri e giudici erano tutti svizzeri, i verdetti avevano il sapore del gusto casalingo più dell’Emmental. Su tutti, hanno pagato pedaggio, Erylmaz nei 56 kg., Maniscalco (81) e le due azzurre Martusciello e Nicoli, in particolare la seconda che aveva vinto entrambi i match. Gli altri si sono battuti bene, ma hanno trovato avversari tosti e decisi. Inoltre si capiva che certi pugili locali non dovevano perdere, in preparazione agli assoluti in programma a novembre”.
Leggo sulla locandina, che ha combattuto anche Sandra Brugger, considerata la più grande pugile donna svizzera, in attività dal 2006, dotata di un bagaglio tecnico notevole e potenza. Ha conquistato due argenti europei nel 2006 e 2007, ha preso parte ai mondiali del 2008 e ancora oggi si difende molto bene, nonostante i 34 anni. Contro di lei come se la sono cavata le due italiane? Anche se cariche di lavoro, quindi meno brillanti del solito, Francesca si è difesa bene sia con la Brugger che contro la Hungerbuhler, mentre Rebecca non aveva perduto con la Brugger e aveva superato l’altra svizzera. Inoltre, la lombarda ha 19 anni, appena compiuti e molta esperienza da incorporare. Ha dimostrato comunque carattere e anche una potenza naturale che deve perfezionare. Il tempo gioca a suo favore. Al momento è un peso leggero da costruire muscolarmente. Il responsabile svizzero, dopo il verdetto è venuto a chiedere scusa. Lo ha fatto diverse volte e ad un certo punto mi è venuto da ridere. In particolare dopo la vittoria di Smejl su Maniscalcio (81), quella di Penna su De Rosa (60) e Varga su Buremi (69).
I nostri hanno ottenuto vittorie ufficiali con Buremi su Winterhalder, Sarchioto su Salika, Antonaci su Smejl e De Rosa su Barreto. Avrei preferito tornare a casa con la vittoria, ma ho capito subito che certi verdetti erano già stati confezionati. Arbitri e tecnici erano in grande confidenza e si capiva che salvo il ko, per vincere dovevi dominare e magari non bastava. Tutto il mondo è paese e la Svizzera non fa eccezione. Che in qualche caso ci abbiamo messo del nostro è anche vero. A Sarchioto il consiglio di combattere con giudizio nel secondo match è andato a vuoto. Così si è vista una zuffa inguardabile e i giudizi non hanno avuto dubbi sul verdetto. Antonaci bravo e lucido nel primo incontro, ha voluto fare a botte nel secondo.
Halit Erylmaz, origini turche nato in Toscana, è stato battuto dai più giudici che dagli avversari. Purtroppo il ragazzo in fondo è andato a cercarsela. Nonostante l’impostazione da contrista e una buona base tecnica, preferisce fare a cazzotti, dando sfogo alla sua indole di guerriero. Il giorno che vorrà diventare grande, potrebbe ottenere buoni riscontri. Comunque per tutti è stata una utile esperienza. La prossima uscita? “Non ne ho la minima idea. Anche se guidare i pugili all’angolo mi è sempre piaciuto. Magari riprovare per ottenere un successo italiano. Intanto, vivendo ad Assisi vado quotidianamente in palestra dove ho modo di tenermi in buona condizione. In questi giorni ho fatto qualche ripresa di guanti con la campionessa europea dei +81, Flavia Severin e altre azzurre, che si preparano per i mondiali di novembre in India. Una bella sensazione”.
Articolo a cura di Giuliano Orlando