Boxe, intervista al CT Coletta: "A Londra situazione allucinante e pericolosa"

Pubblicato il 29 marzo 2020 alle 13:45:10
Categoria: Boxe
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Lo sport mondiale è fermo, il più grande motore agonistico del pianeta si è arreso ad un nemico invisibile, subdolo e di una ferocia incredibile, capace di azzerare tutti i sistemi produttivi e colpire gli affetti più cari, con una crudeltà sottile, come mai in passato. Togliendo alle famiglie la possibilità dell’ultimo gesto di affetto, l’ultima lacrima dell’addio, lasciando il proprio caro che muore in una solitudine straziante. Anche gli organizzatori dei Giochi, la vetrina dal fascino immutato dai tempi più remoti, capace di fermare le guerre, hanno dovuto prendere atto che questo corona virus al momento è più maleficamente forte del festival universale della gioventù. Tokyo tornerà la vetrina dell’agonismo solo nell’agosto 2021. Il pugilato per la prima volta ha spento ogni luce, costretto al silenzio per difendere il proprio futuro. L’ultimo gong è stato suonato a Londra, dove irresponsabilmente, la Task Force ha dato l’esempio peggiore di impreparazione, allestendo un torneo in piena pandemia. Con grave rischio di tutti i presenti.

Ecco l'intervista a Coletta.

Da allenatore della nazionale azzurra maschile, come ha vissuto il torneo di Londra, iniziato e poi fermato dopo tre giorni di gare, mentre in tutto il mondo si diffondeva la pandemia del virus Covid19? Non solo, al rientro in patria, le squadre della Turchia e della Croazia, hanno riscontrato in alcuni membri la positività al Covid 19.

“È stata tutta una situazione quasi surreale. Ci si salutava da lontano, col timore della vicinanza. Con persone di vecchia amicizia, non si sapeva cosa fare. Limitandoci ad una battuta e via. Abbiamo vissuto sempre in albergo, spostandoci solo per gli allenamenti e le gare. Stando attentissimi, evitando ogni contatto. Ci dicevano di aver applicato tutti i canoni di sicurezza ma non avevamo nulla, oltre ad un disinfettante per le mani, negli alberghi e nei siti di gara e allenamento. Non mi pare che siano stati adottati tutti i canoni di sicurezza”.

La squadra, di questa situazione paradossale, quanto ne ha risentito sul piano psicologico? Pur isolati in albergo, gli atleti erano in contatto con le famiglie e sapevano tutto.

“E’ normale pensare che psicologicamente ne abbiano risentito e non poco. Avere le notizie da casa che ci dipingevano uno scenario da fantascienza, sentire i propri cari preoccupati e le notizie online, un vero bollettino di guerra, di certo non tranquillizzavano. Il colpo più pesante è stato il malessere di Clemente Russo, quando il 12 sera è venuto in camera dicendomi che non si sentiva bene. Se mi avessero dato un destro in faccia, mi avrebbe fatto meno male. Anche se non aveva i sintomi del virus, il nostro pensiero è subito corso li. Abbiamo subito spostato Mangiacapre che dormiva con lui, aspettando il giorno dopo, per vedere l’evolversi. Quando la mattina dopo, la febbre era salita oltre i 37 gradi, ci è cascato il mondo addosso e i ragazzi si sono davvero preoccupati. Abbiamo contattato immediatamente per telefono il medico, che la federazione ci aveva messo a disposizione (visto che non era potuto partire nessuno dall’Italia dopo il 10, dal momento che era tutto bloccato) e fortunatamente, lui ci ha tranquillizzato, spiegando che si trattava di un problema di altra natura, nello specifico intestinale, consigliandoci comunque di tenerlo separato dagli altri. Capirete che non è stata una situazione tranquilla per tutti noi”.

Quando avete saputo che il torneo si sarebbe fermato, in forma ufficiale?

“Il giorno 16 marzo. Prima di andare alla sessione mattutina ci avevano avvisati che sarebbe stato fatto un technical meeting urgente subito, al termine della prima sessione. Nel corso del meeting ci hanno avvisato che al termine della sessione serale, il torneo sarebbe terminato e tutti potevano rientrare a casa. Hanno dato questa notizia come se fosse una semplice nota di servizio. Allucinante”.

D. Al momento dello stop, la squadra aveva solo due atleti ancora in gara, impegnati con avversari decisamente difficili. Cappai, Maietta, Di Lernia, Mangiacapre, Cavallaro e Russo fuori al primo turno, contro avversari non certo irresistibili. Come giustifica, malgrado una preparazione lunga e accurata, lo scarso rendimento collettivo della squadra?

“Sicuramente il sorteggio non era stato dei più favorevoli. Abbiamo avuto sulla nostra strada tutti i migliori. Vero, la preparazione era stata lunga ed accurata, durante l’ultimo stage ad Assisi ci siamo testati con tutti i più forti e il riscontro era risultato più che positivo. Poi la partenza improvvisa da un giorno all’altro, imposta dal CONI a causa della probabile prossima chiusura dei voli per l’Inghilterra, il doversi organizzare in una situazione d’urgenza, le notizie da casa e il resto hanno incrinato tutto. Quello che non riesco a farmi andare giù è che loro (la Task Force), sapevano che il torneo si sarebbe dovuto interrompere. Il giorno 11 era stato rimandato quello di Buenos Aires, due giorni prima che iniziasse il nostro torneo e ripeto, loro sapevano che non sarebbe potuto andare avanti. Allora mi chiedo: perché iniziarlo?”

Al di fuori del fatto che tale torneo non doveva neppure partire, lo stop vi ha penalizzato o favorito?

“Ci ha penalizzato averlo cominciato in quella situazione sapendo a cosa andavamo incontro, così come ha penalizzato anche altri atleti, non solo i nostri”.

Fermo restando che i risultati acquisiti a Londra, non dovrebbero essere in discussione, quale sarebbe a suo giudizio, il periodo migliore del proseguimento?

“Penso che prima di tutto sia necessario che passi questa situazione. Dal giorno del nostro rientro siamo in isolamento fiduciario obbligatorio, i ragazzi si possono allenare solo a casa, da soli e questa non è certo la preparazione ideale per preparare e pensare alle Olimpiadi. Se parliamo di programmazione penso che si potrebbe finire questo torneo verso fine anno, per disputare poi quello mondiale a febbraio-marzo se le Olimpiadi si fanno tra luglio e agosto 2021. In tal modo si potrebbe avere una buona cadenza di gare. Ma è una congettura”.

Anche a Londra, come nei due tornei di qualificazione (Africa, Asia e Oceania) disputati, il problema arbitri e giudici ha confermato la confusione nella lettura dei match. L’AIBA, estromessa per la nota squalifica, è stata sostituita dalla Task Force, organizzazione creata dal CIO. Come tecnico ha visto cambiamenti sostanziali dalla precedente conduzione?

“Non credo sia un problema AIBA o CIO. Personalmente penso che il problema sia proprio una non uniformità di giudizio generale. Anche qui come in passato si sono viste delle lacune di giudizio, troppi 27-30 e 30-27 nello stesso match, sintomo che i giudici o non capiscono o non giudicano allo stesso modo. La Sorrentino nella seconda ripresa ha fatto contare l’avversaria e un giudice la dà sconfitta in quel round, Maietta nella terza ripresa fa contare l’avversario, molti giudici gli danno il 10-8, si va alla preferenza e scelgono l’avversario, finito esausto. Questi sono due esempi che ci riguardano, ma vi assicuro che ce ne sono stati moltissimi altri errori di giudizio”.

Sta prendendo spazio la boxe muscolare, sempre più rari i casi di pugilato tecnico, basato sulla scherma. Ai mondiali di Ekaterinburg pochissimi atleti molto tecnici sono arrivati sul podio. I premiati sono l’espressione dove lo scambio è sempre più vicino e quello dei professionisti. Si trova d’accordo?

“Sì, questo è un altro problema che condiziona molto il giudizio sui cartellini. Non viene più valutato il pugilato nella sua essenza tecnica, ma si guarda l’aggressività, non si giudica la conduzione del match dal punto di vista schermistico, ma solo da chi “mena di più”, così facendo si porta ad un impoverimento stilistico che di certo non fa bene al pugilato in maglietta. Sinceramente non mi sento di dire che lo scambio è vicino a quello dei professionisti, perché i tempi dei professionisti sono più lunghi, gli scambi sono più brevi e diventano più “puliti". Nelle tre riprese il ritmo è più alto e spesso si traduce in “aggressività e confusione" impoverendo la tecnica”.

Mi rendo conto che la mia è una domanda scomoda, ma a giudizio personale, la squadra vista a Londra non solo è parsa in decrescita tecnica e di condizione, ma anche poco reattiva ad un impegno come quello che dava il pass Olimpico. Solo la mia impressione?

“Ci stiamo ponendo questa domanda da quando siamo rientrati e già lo facevamo quando eravamo lì. Dal punto di vista atletico i ragazzi erano in condizione perfetta. Se riguardiamo i match, osserviamo che la terza ripresa è stata sempre a nostro favore, i ragazzi finivano in crescendo quindi atleticamente erano in condizione ottimale. Tecnicamente abbiamo lavorato tanto e bene. Forse il problema è stato mentale più che di decrescita tecnica o di condizione. Ora è il momento di valutare ogni particolare, passare ogni momento al microscopio e trovare le necessarie soluzioni senza lasciare nulla al caso. Mi farò le pulci su tutto, ogni decisione ed ogni passaggio, in modo da eliminare gli errori che ci sono stati, punto per punto”.

Con lo slittamento di un anno dei Giochi, come pensa verrà programmato il calendario dei campionati. L’EUBC aveva già deliberato gli europei delle varie categorie tra maggio e ottobre. Subiranno solo un posticipo a suo giudizio? Gli europei e i mondiali, previsti per il 2021, cambieranno l’anno o altro?

“Chiaro che i calendari andranno rivisti, partendo dalla data precisa dei Giochi. Da quel momento tutto dovrà essere impostato ex-novo. Importante ora, è uscire da questa situazione del Covid-19. Solo dopo, quando avremo tutti la possibilità di allenarci allo stesso modo e di viaggiare senza problemi, si potranno riprendere gli allenamenti. Operare a “mezzo servizio” non seve a nulla, solo ad aumentare confusione e incertezza”.

Giuliano Orlando