Boxe in Italia e nel mondo da Magnesi, Turchi a Joshua col trionfo dell’azzurra Nicoli in Serbia.
di Giuliano Orlando
Nel ricco week end di fine marzo, l’Italia è tornata in possesso di una cintura internazionale di prestigio per merito di Michael Magnesi (22-1), che ha conquistato il Silver superpiuma WBC ai danni dell’argentino Ayrton Gimenez (17-1) sul ring del Magicland Parc di Valmontone, nella città metropolitana di Roma a circa 35 km dalla capitale, su un rialzo tufaceo, sulla via Casilina a 300 metri di quota. Match a senso unico, visto che l’ospite ha scelto la tattica del non contatto, attuando una maratona per dodici round, costringendo Magnesi ad inseguire questo “fantasma” che evitava il sia pur sporadico contatto. Contro un avversario di questo tipo costruire una sfida spettacolare era impossibile. L’italiano, capita l’antifona, si è adeguato, ottenendo il massimo vantaggio senza rischiare sorprese. Lo ha inseguito con giudizio, lo ha centrato varie volte e almeno in un’occasione doveva essere contato, ma l’arbitro ha fatto finta fosse una scivolata. Gimenez ha sicuramente un futuro come maratoneta, da pugile dubito possa compiere imprese. I giudici (119-109, 118-110, 118-110) hanno specchiato nei numeri l’andamento della sfida. Non conosco il futuro del laziale, la cui gestione oltre alla moglie riguarda anche un team USA, ma facilmente punterà al mondiale superpiuma. Nel contorno il medio toscano Simone Bicchi (9-1) concedeva quattro round al bosniaco Nerdin Feizovic (5-21-1), più sbrigativo il supermedio romano Fabrizio Carbotti (4) che ha liquidato la facile pratica col magiaro Csaba Toth (14-35-1) in due round. Nei superleggeri, Daniel Spada (14-1) confermava l’ottima impostazione tecnica, ma anche la mancanza di potenza, permettendo all’altro bosniaco Nikola Ivkovic (11-33-4) di arrivare alla sconfitta ai punti sulle otto riprese.
Nella boxe ci sono sconfitte che valgono la vittoria. E’ il caso del fiorentino Fabio Turchi (21-3) che ha conteso all’australiano Floyd Masson (13) la cintura iridata dei cruiser dell’IBO vacante. Il match si è svolto all’ Eatons Hill Hotel ad Eatons Hill, del Queensland in Australia. L’organizzatore Angelo Di Carlo aveva puntato e rischiato non poco sul pugile di Brisbane, nato in Nuova Zelanda che per questo incontro era andato ad allenarsi a Las Vegas negli USA, seguito dal suo storico allenatore Steve Rowlands, tornando in una condizione ottimale. Ed è stata la condizione ha permettergli di concludere meglio la sfida, che per quasi dieci round si è svolta su un piano di equilibrio, nonostante l’italiano avesse riportato una ferita all’occhio sinistro, non grave ma sicuramente fastidiosa. Turchi, per tre quarti del confronto ha restituito pugno su pugno alle bordate di Masson, che ha imposto un ritmo frenetico. Il pubblico ha applaudito lungamente entrambi i pugili, protagonisti di uno spettacolo avvincente. Nella parte finale per l’italiano, le tossine accumulate nei round precedenti si facevano sentire e l’arbitro faceva il resto, togliendogli un punto per aver espulso tre volte il paradenti. Il verdetto ha premiato Masson all’unanimità, con due giudici che in modo imparziale hanno segnato 115-112, i tre punti conquistati dall’australiano nella parte conclusiva, il terzo (117-112) offriva l’ennesimo esempio di giudice casalingo. Dopo la vittoria, il neo campione ringraziava sia lo staff che l’organizzatore in particolare, che lo ha portato alla conquista del mondiale, aggiungendo: “L’Australia ha anche il campione IBF, Jai Opetaia (22), 27 anni, di Sydney ed io sono pronto ad affrontarlo per riunire le due cinture e assicurare uno spettacolo indimenticabile”. Il campione IBF, ha compiuto l’impresa lo scorso luglio a Broadbeach, superando il lettone Mairis Briedis (28-2), 38 anni, ex campione di varie sigle, sulla carta favorito, sul ring sconfitto all’unanimità. In attesa di questa sfida interna, la prova di Turchi è solo da elogiare. Battuto ma non certo rassegnato: “Ero bene allenato, anche se combattere feriti non è il meglio. Quello che ho pagato nel finale è stata la scarsa attività nelle ultime due stagioni, quantificato in quattro round. Fin che ha retto il fiato ho dimostrato di essere alla pari con Masson. Per questo, d’accordo con i Cherchi riprenderò l’attività a fine estate guardando ai vertici europei e anche oltre”.
Nella storica Arena O2 londinese, la struttura che ospitò il Giochi olimpici 2012, la Matchroom di Eddie Hearn ha organizzato il ritorno di Anthony Joshua (26-3), reduce dalla duplice sconfitta contro l’ucraino Oleksandr Usyk (20) che il 25 settembre 2021 a Tottenham gli aveva sfilato le quattro cinture (IBF-IBO-WBA e WBO), confermandosi nella rivincita a Jeddad (Arabia Saudita) il 20 agosto 2022, sia pure di misura. A distanza di otto mesi, il gigante londinese, 33 anni, pro dal 2013, dopo l’oro olimpico rubato a Roberto Cammarelle, da giudici disonesti, si è riproposto contro Jermaine Franklin (21-2), brevilineo del Michigan, che aveva destato ottima impressione affrontando Dillan Whyte (29-3) a Wembley lo scorso novembre, finendogli quasi alla pari. Joshua ha vinto largamente come nelle previsioni, ma definire la sua prova molto promettente sarebbe dichiarare il falso. L’ex campione, per quattro riprese ha usato il sinistro e sporadicamente il destro, senza mai affondare, timoroso oltre ogni previsione. Nel contempo l’americano lo assaliva sia pure scompostamente, costringendolo a difendersi senza la reazione attesa. Solo dopo metà match ha reagito, replicando con più convinzione, anche se il destro partiva sempre con troppa prudenza. Detto francamente, questo Joshua sia contro Usyk e ancor più con Fury non ha scampo. Gli elogi di alcuni media, mi sembrano fantasie. E il nuovo staff tecnico guidato da James Derick non sembra abbia portato novità, semmai involuzione.
Dai vertici mondiali dei professionisti, passo ai dilettanti, precisamente in Serbia, nella capitale dove si è svolto il Belgrade Winner, giunto alla 60° edizione. L’Italia si è presentata con sette maschi e due femmine, guidata dai tecnici Eugenio Agnuzzi, Subu Kalambay e Domenico Filippella, oltre all’arbitro Gaetano Valentino. Erika Prisciandaro (48) e Rebecca Nicoli (60) per il settore femminile, Alessio Camiolo (51), Tommaso Sciacca (54), Michele Baldassi e Francesco Iozia (57), Paolo Di Lernia (63,5), Gianluigi Malanga (67) e Gerlando Tuminello (80). Al Torneo hanno preso parte pugili provenienti da Asia, Africa, Americhe ed Europa. In totale 189 atleti, 133 maschi e 56 donne, in rappresentanza di Algeria, Australia, Austria, Brasile, Bulgaria, Capo Verde, Croazia, Cuba, Cipro, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Kazakistan, Kirghizistan, Marocco, Montenegro, Macedonia del Nord, Polonia, Portogallo, Russia, Serbia, Slovenia, Spagna e Taipei. In particolare Russia (16 M e 12 F), Kazakistan (13 U e 17 F) e Serbia (22 U e 11 F), come la Spagna con 16 atleti e tante altre, hanno portato prime e seconde scelte. Per l’Italia inizio in salita: sconfitte all’esordio di Iozia, Malanga, Tumminello in modo netto, mentre quelle di Camiolo, Sciacca e in particolare della Prisciandaro erano il frutto di giudizi errati più o meno in buona fede. Anche in questo torneo i giudici ne hanno combinato di tutti i colori. Da segnalare che i quattro 3-2, sono risultati tutti a sfavore dell’Italia. A salvarsi sono rimasti Di Lernia, Baldassi e la Nicoli. Il primo ha conquistato il bronzo, cedendo prima del limite al francese Hamrauoi, dopo aver vinto il primo round. Baldassi cedeva in finale al brasiliano Oliveira, mentre la lombarda Rebecca Nicoli, dopo aver battuto due russe (Selina e Mustaeva la seconda per rsc al secondo round), in finale trovava la serba Shadrina, russa fino al 2018, 33 anni, alle spalle un decennio di attività ai vertici, otto presenze agli assoluti russi, quattro argenti e due bronzi, mai l’oro. Per la Serbia ha preso parte agli europei 2022 a Budva, eliminata dalla svedese Alexiusson. In finale contro la mancina azzurra è sempre stata anticipata, in pratica perde le tre riprese, come scrivono l’italiano Valentino e l’algerino Nourredine, mentre il serbo si limita ad un 29-28 per l’italiana, che risulta determinante. Il kirghiso Yrsaliev assegna la vittoria alla serba 29-28 e già questo sorprende, ma è nulla in confronto al russo Andej Nikolenku, un quattro stelle, che in colpevole malafede assegna 30-27 alla serba! Per cui la Nicoli ottiene l’oro con un 3-2 incredibile. Che abbia indicato la vittoria all’italiana il giudice serbo è significativo, mentre il russo ha emesso un giudizio palesemente falso, significativo di una scelta di bandiera, purtroppo non l’unica ce porterà all’esclusione del pugilato a Los Angeles 2028. Il CIO insiste da tempo nel far rilevare che i giudici sono l’aspetto negativo di tutto il sistema dell’IBA. Sempre più orientata a proseguire in un percorso di assoluta indipendenza, ignorando il pericolo dell’esclusione dai Giochi. Non solo, vagliando alternative per il distacco definitivo. Ipotesi rischiosa, che ricorda l’atteggiamento di WU e Kim al congresso 2014 a Je Ju, quando l’allora AIBA dichiarò guerra aperta al professionismo. Il risultato fu disastroso per l’AIBA. Con questa IBA il rischio di ripetersi è molto, molto concreto. La nostra federazione ha operato con grande equilibrio, ottemperando alle normative del CONI, senza preclusioni alla partecipazione a tornei e campionati continentali, come ha riferito il presidente federale dottor Flavio D’Ambrosi.
Giuliano Orlando