L’ex re Lopez è nudo a lascia le cinture ad un greco-australiano. Tricolore a Ferrara

Pubblicato il 30 novembre 2021 alle 14:30
Categoria: Boxe
Autore: Redazione Datasport

All'Hulu Theatre del Madison Square Garden di New York, George Kambosos (20), 28 anni, australiano di origini greche, ha spogliato il re dei leggeri, Teofimo Lopez (19-1), delle tre cinture (WBA, WBO e IBF) al termine di 12 round cattivi e furiosi, un conteggio per entrambi, vantaggi alterni e viso segnato dalla dura lotta. Lopez ha sempre attaccato ma con poca lucidità, mentre l’australiano ha avuto l’accortezza di mantenere la calma anche nei momenti più difficili, in particolare al decimo round, investito dalla furia di Lopez, che lo ha costretto al tappeto e sembrava finita per Kambosos. Se l’americano fosse stato meno furioso avrebbe concluso la sfida. Invece assaliva come un toro, scagliando il destro a randello, spesso fuori bersaglio, spendendo tesori di energie mentre l’avversario recuperava al punto di vincere il penultimo round e non perdeva neppure l’ultima ripresa. Il nuovo tatuatissimo pluricampione, nell’occasione ha dimostrato resistenza incredibile, assorbendo pugni duri e pronta reattività ad ogni assalto di Lopez, che ha ragionato poco, troppo istintivo nel cercare di distruggere l’avversario. Saltati tutti i pronostici della vigilia, che davano largamente favorito il campione in carica. In effetti era difficile pensare al successo dello sfidante, reduce da due vittorie per split decision. La prima nel dicembre 2019 sullo stesso ring del Madison, contro Mickey Bey (23-3) pugile di Cleveland che dal 2015 era salito sul ring tre volte, capace di impegnare severamente l’australiano sui 10 round. La seconda a Wembley, di fronte al locale Lee Selby (28-3), un anno addietro, pure per split decision. Evidentemente la preparazione è stata diversa e contro Teofimo Lopez ha disputato il match della vita. Un brutto colpo per la Match Room di Eddie Hearn, che guida Lopez e ci rifiutiamo di credere che nel contratto non fosse prevista la eventuale rivincita. Di certo l’ex campione dovrà anche fare un bagno di umiltà e non pensare che gli avversari siano pronti a farsi battere. Il successo meritato contro Lomachenko l’aveva proiettato oltre le nuvole, la sconfitta contro Kambosos dovrebbe riportarlo con i piedi in cantina. Che la piccola partecipazione al film “Creed III”, sia stata una distrazione piacevole deve restare un episodio isolato. Che insista nel dire che non aveva perso è solo una scusa. Si guardi in faccia per capirequanti pugni ha preso e pensi che è finito il tempo delle parole. I re è nudo e per rivestirsi deve ricominciare da capo, sapendo che non è imbattibile come pensava. L’Australia torna sul tetto del mondo, dopo un digiuno di tre anni. Gli ultimi due campioni di sigla (WBO) sono stati il massimo Joseph Parker tra il 2016 e il 2018 e il welter Jeff Horn, che il 2 giugno 2017 detronizzò Manny Pacquiao a Brisbane, poi difeso contro l’inglese Gary Corcoran e perduto di fronte a Terence Crawford (38), 34 anni, nato a Omaha nel Nebraska, che dopo aver conquistato il mondiale nei leggeri e superleggeri tra il 2014 e 2018, centra anche quello dei welter battendo l’australiano, ed è tutt’ora imbattuto in 13 anni di attività. L’ultima vittoria a spese di Shawn Porter (31-4-1) che subisce il primo KO di una carriera, iniziata nel 2008. Sullo stesso ring, altra sfida emozionante tra il giapponese Kenichi Ogawa (26-1-1) e il sudafricano Azinga Fuzile (15-2) in palio la cintura vacante IBF superpiuma. Match condotto a ritmi altissimi con scambi violenti e, a sorpresa Ogava imponeva il kd al rivale al quinto round. La prevista riscossa di Fuzile veniva frustrata dal nipponico che nella parte finale, imponeva altri due conteggi al sudafricano e conquistava la cintura IBF. Mondiale di sigla anche al Park Theater di Las Vegas, serata organizzata da Tom Brown, tra il texano Brandon Figueroa (22-1-1 WBC), 24 anni e Stephen Fulton (20 WBO), 27 anni, pugile di colore di Filadelfia. Match molto vivace, con Figueroa che teneva l’iniziativa e Fulton attento e pronto alle repliche. Quando sembrava che il texano potesse fare la differenza, tra il quarto e l’ottavo round, veniva fuori l’ottima tecnica di Fulton che recuperava lo svantaggio e alla fine dei 12 round, due giudici lo premiavano (116-112), mentre il terzo dava il pari (114-114) che il pubblico applaudiva. A questo punto Fugueroa merita la rivincita.

La Triller Figh Club ha organizzato al Globe Life Park di Arlington in Texas, una serata dove gli atleti combattevano con regole particolari, miste fra pugilato e MMA. Per assistere a questo minestrone di norme sono accorsi quasi 20.000 spettatori. Si sono confrontate due squadre e i pugili combattevano su un ring triangolare. Il clou era riservato a Kubrat Pulev, il bulgaro quarantenne, due volte sfidante al mondiale massimi, che affrontava Frank Mir, alto due metri, campione NFL, che avrebbe dovuto usare le tecniche di ju-jitsu, rimasto nelle intenzioni perché Pulev lo ha sempre anticipato colpendolo senza soluzione di continuità, fino a che l’arbitro ha rimandato Mir all’angolo, ormai incapace di difendersi. Gli applausi maggiori il pubblico li ha riservati alla sfida tra il massimo Matt Mitrione, 123 kg. che ha militato nella NFL giocando con i New York Giants che ha impegnato severamente il californiano Alexander "The Great" Flores, pugile professionista, che ha poi vinto ai punti.

Aspettando il prossimo avversario, che potrebbe essere anche un mediomassimo o addirittura un massimo, il supercampione messicano Saul Alvarez in collaborazione con Eddie Hearn, ha allestito il mondiale femminile pesi piuma sul ring di Puerto Vallata (Messico), tra la messicana e campionessa Cruz Hernandez (14-1), 31 anni opposta alla connazionale Melissa Esquivel (12-2-1), che ha tenuto botta con la titolare, sconfitta per split decision, con qualche fischio del pubblico.

Al Whites Hotel di Bolton in Inghilterra, per l’organizzazione di Dennis Hobson Jr., il beniamino locale Jack Massey (19-1), 28 anni, pro dal 2013, già campione inglese dilettanti, ha conquistato il titolo IBO massimi leggeri, lasciato vacante dal sudafricano Kevin Lerena (26-1), 29 anni. che lo aveva conquistato nel 2017 e difeso sette volte, l’ultima nel febbraio 2020 a Goeppinger in Germania, spedendo KO al sesto round Firat Arslam (49-9-3), tedesco di origine turca, ancora attivo a 51 anni. Massey è andato oltre le previsioni, liquidando il belga Bilal Laggounen (25-3-2), 29 anni, già campione d’Europa, in tre round, dopo averlo fatto contare due volte, lo ha definitivamente messo KO con un preciso sinistro. Prosegue la marcia vittoriosa del piuma Nathaniel Collins (9) titolare del Commonwealth, che ha messo KO alla nona ripresa il sudafricano Thembani Mbangatha(11-1) alla prima sconfitta.

Sul ring dello Sportpark di Berlino, il campione italiano massimi Ivan D’Addamo (8-2-1), 41 anni, è stato dominato dal modesto tedesco Granit Shala (9), ex kickboxing, che gli ha inflitto due atterramenti, nel primo e ottavo tempo, vincendo largamente ai punti. Mi chiedo se sia dignitoso per un campione nazionale, salire, sul ring, rassegnato alla sconfitta fin dal primo colpo di gong. Il medio Vincenzo Gualtieri (19-0-1) genitori campani, ha conquistato il vacante Intercontinentale IBF, battendo nettamente l’argentino Billi Facundo Godoy (38-7).

 

La scorsa settimana al Palapalestre di Ferrara, il campione leggeri Ablin Kaba (13-2-1), 27 anni, nato in Albania, bolognese a pieno titolo, ha mantenuto la cintura contro il pugile di casa Daniele Zagatti (9-2-1), 28 anni, dopo dieci round di levatura tecnica modesta, anche se non è mancato l’agonismo. Kaba, che faceva presagire nel recente passato un buon percorso nei pro, dopo il KO subito contro Mohamed Khalladi un anno addietro a Mantova, è l’ombra del pugile del recente passato. Lo sfidante Zagatti, ha chiari limiti tecnici e ha cercato di sopperire a questa carenza, lanciandosi all’attacco senza una vera tattica offensiva. Dopo cinque riprese a favore del campione, in quella successiva il sinistro del ferrarese centrava la mascella del campione, che evitava di finire al tappeto appoggiandosi sulle corde e finendo sia pure a fatica il round. Nelle altre riprese si vedevano più abbracci che pugni. Verdetto giusto a favore del campione, che purtroppo ha confermato la fragilità della mascella. E qui occorre parlare dell’arbitro, il signor Sauro Di Clemente, che ha diretto l’incontro mettendo assieme una serie di errori che confermano la sua incapacità a questi livelli. Ha comminato un richiamo a testa ai due pugili, senza che esistessero gli estremi per farlo. Non ha contato Kaba nel sesto round, quando avrebbe dovuto farlo ed è stato sempre incerto in ogni decisione. Auguriamoci che questa sia l’ultima presenza a dirigere un campionato italiano.

 

Giuliano Orlando