Boxe: numeri e curiosità verso i Giochi di Londra

Pubblicato il 14 luglio 2012 alle 17:26:14
Categoria: Olimpiadi
Autore: Redazione Datasport.it

Il grande caleidoscopio della boxe ha messo in ordine tutte le caselle, pronto per la passerella dei Giochi olimpici, la più importante della boxe in maglietta. Che potrebbe essere l’edizione d’addio, paventando concretamente l’ingresso dei professionisti a Rio de Janeiro 2016. Il pugilato, per la più grande festa dello sport, rappresenta una delle discipline con maggiore visibilità, nelle dieci categorie maschili (tre quelle femminili). Si tratta dei promossi ai mondiali e alle qualificazioni,  percorso iniziato lo scorso ottobre e concluso a metà maggio. Al termine i numeri dicono che a Londra saranno presenti pugili in rappresentanza di 78 nazioni, otto decise dalla Commissione Tripartita. Così suddivise: Europa 23, Asia 17, Americhe 15, Africa 22 e Oceania 10. L’Australia (10) è l’unica nazione a ranghi completi, 9: Usa e Kazakistan; 8: Cuba e Algeria; 7 India, Russia, Ucraina, Azerbajan, Brasile, Marocco, Ecuador e Italia; 6: Turchia, Cina e Uzbekistan; 5: Egitto, Irlanda, Francia e Portorico; 4. Camerun,Tunisia, Ghana, Giappone, Mongolia, Iran, Germania e Inghilterra; 3: Bielorussia, Bulgaria, Ungheria, Colombia, Rep. Dominicana, Thailandia, Tajkistan e Tunisia; 2: Spagna, Lituania, Svezia, Galles, Argentina, Messico, Venezuela, Canada, Korea Sud, Turkmenistan, Kenya, Mauritius, Sud Africa, Gabon, Nigeria e Namibia; 1: Armenia, Moldavia, Romania, Serbia, Scozia, Georgia, Danimarca, Nicaragua, Trinidad, Filippine, Korea Nord, Jordania, Siria, Mozambico, Botswana, Seycelles, Benin, Burkina Faso, Zambia, Mali, Tanzania, Afganistan, Honduras, Rep. Ceca, Montenegro, Irak, Panama, Angola e Congo.

Non è stato uno scherzo, far quadrare conti e numeri. Oltre ai pugili l’AIBA ha scelto gli arbitri che fungeranno anche da giudici. Come gli atleti sono stati esaminati nelle diverse rassegne da oltre due anni. Sul piano formale, tutto secondo le norme. Anche se leggendo i nomi dei promossi, qualche dubbio permane, sulla equità dei valori. Per non fare nomi, l’irlandese William Ghallagher, sia alle WSB che nei tornei ne ha combinate di tutti i colori, eppure sarà ai Giochi. Il tipico raccomandato di ferro. L’Italia è rappresentata da Albino Foti, sardo e di lunga esperienza.

La prima sfornata dei pugili è iniziata a Baku lo scorso ottobre con i campionati del mondo,  al via quasi 600 atleti in rappresentanza di 113 nazioni. A disposizione 91 pass sul totale di 250. L’Europa come previsto raccoglieva il bottino maggiore (47), a seguire Asia (28), Americhe (14) e Africa (1), mentre l’Oceania (1) in totale autarchia, sceglieva gli altri 9 ai campionati continentali, che completavano l’en plein dell’Australia. Successivamente, qualche aggiustamento di circostanza, niente di trascendentale, mentre procedevano gli esami di riparazione in Europa a Trebisonda (Turchia), in Asia ad Astana (Kazakistan); per l’ Africa: Casablanca in Marocco, l’America a Rio de Janeiro in Brasile. Facendo un po’ di conti, salta all’occhio il coinvolgimento di ben 146 nazioni sulle 201 più o meno riconosciute (l’ONU ne indica 192), in occasione delle qualificazioni. A Trebisonda 197 pugili e 45 nazioni, ad Astana 131 pugili e 28 nazioni, a Casablanca 154 iscritti e 30 stati, a Rio de Janeiro 166 atleti e 35 nazioni, più le 8 dell’Oceania. In rapporto a Pechino, i numeri sono in lieve aumento, nonostante una categoria in meno, da undici a dieci, saltati i piuma.

Quanti sono i medagliati di Pechino nel 2008, presenti a Londra? Decisamente pochi. Dei vincitori (in Cina le categorie erano 11) soltanto tre ci riprovano. Il cinese Shiming Zou nei 49 kg, il piuma ucraino Vasyll Lomachenko, ora nei leggeri e il nostro inossidabile Roberto Cammarelle, il supermassimo che si affaccia per la terza volta ai Giochi con un bottino di bronzo ad Atene e d’oro a Pechino. Tre anche i vice: il mongolo Purevdorj nei 49 kg,  Clemente Russo nei massimi e il cinese Zhang nei +91. Dei 22 saliti sul terzo gradino, ci riprovano solo in 5: l’irlandese Barnes (49), il nostro Vincenzo Picardi (51), Alexis Vastine (Fra) salito nei welter e il cubano Iglesias nei superleggeri,  oltre all’indiano Kumar nei medi, alla terza olimpiade.

Dei vincitori assenti, il thailandese Jongjohor ha fatto il salto, dalla boxe al palcoscenico, come cantante di successo, meno fortunato il russo Tishchenko, biondino dagli occhi di ghiaccio, che sperava di conquistare il terzo oro, dopo Atene (57) e Pechino (60), ma guai fisici lo hanno messo fuori gioco. La grande beffa è che  la Russia non avrà il leggero a Londra, essendo saltato il favorito Selimov sia a Baku che a Trebisonda. Fuori causa anche il kazako Sarsekbayev, oro nei welter, che dopo l’esperienza della prima edizione WSB, è uscito di scena. Il suo posto l’ha conquistato Serik Sapiyev classe 1983, inossidabile e tenace: oro iridato nel 2007, bronzo nel 2009 e argento a Baku, si ripresenta alle Olimpiadi nei 69 kg. dopo l’esperienza di Pechino nei 64, battuto alla soglia del podio da Manus Boonjumnong, uno dei grandi talenti thailandesi. L’asiatico vinse l’oro nel 2004, diventando l’idolo del Paese. L’argento a Pechino fu un miracolo, poiché l’atleta invece di prepararsi risultava sempre occupato in altre faccende, a cominciare dal ruolo di instancabile playboy. La Federazione non sapendo più cosa inventare per condurlo sulla via degli allenamenti, lo spedì con il suo tecnico a Cuba! Lascio ai lettori la giustezza della scelta. Comunque, un argento non si butta. Dopo Pechino, per due anni tornò alla pratica preferita. Chiamato nella squadra per Londra, dimostrò di avere ben altri pensieri, diversi dal sacrificio della palestra. A nulla valsero i richiami. Se lo vuoi trovare, basta bazzicare i night di Bangkok. Ugualmente vinse la selezione interna per partecipare alle qualificazioni olimpiche. Ma compì l’errore di lasciare il ritiro senza alcun preavviso e a questo punto, il pur paziente presidente federale Boonlet Kaewprsait decise di fare a meno della sua presenza. Il suo sostituto Mazuk, purtroppo non è riuscito a centrare la promozione ai Giochi. L’oro degli 81 kg., il cinese Xiaoping Zhang, conferma il ruolo di meteora. Negli ultimi tempi non ha svolto attività, facendo perdere le tracce. Tre dei vincitori hanno scelto il professionismo: il dominicano Diaz (64), l’inglese James DeGale (75) e il russo Rakhim Chakhkiev (91), lanciatissimi con mire mondiali. In rapporto ad Atene, il numero dei presenti è sceso, confermando una sia pure lieve tendenza al ricambio. I medagliati, dell’edizione greca, presenti a Pechino furono 14. Tre campioni: Thishchenko (Russia), Boonjumnog (Thailandia) e Artayev (Kazakistan), cinque vice: Zou (Cina), Thomas (Francia), Petchkoom (Thailandia) Guk Kim (Corea del Nord) e Zuyev (Bielorussia), 6 bronzi: Rachimov (Germania), Sultanov (Kazakistan), Gheorghe (Romania), Gheorgiev (Bulgaria), Jung Joo (Corea del Sud) e Cammarelle.

Da non dimenticare i fedelissimi, presenti per la terza volta, dopo Atene e Pechino. Il gruppo più forte è quello italiano, con Domenico Valentino, Clemente Russo e Roberto Cammarelle, con loro il cinese Shiming Zou, Rau’she Warren primo statunitense a centrare il tris, il magiaro Gyula Kate, il brasiliano Mke Carvalho e l’indiano Vijntender Kumar. Tenaci ma non come l’egiziano Mohamed Abdellmaghoud El-Fetou Hekal, 33 anni compiuti a gennaio, che a Londra festeggia il poker. Dopo Sydney 2000 nei 71 kg., Atene 2004 nei 69,  Pechino 2008 nei medi, ha ottenuto il pass a Casablanca in Marocco, col classico calcio nel fondo schiena. Eliminato nei quarti dal marocchino Haddioui con un +10-10 che gli aveva lasciato molta amarezza, si ritrova promosso grazie alla vittoria del pugile di casa in finale. Quando si dice il destino.

Dai Giochi del 1992 a Barcellona, con le qualificazioni obbligatorie, e l’ingresso dal 1996 delle nazioni ex Urss, il numero di paesi premiati con medaglia si è ampliato, superando mediamente quota venti. A  Barcellona ci arrivarono addirittura in 25, cifra record, anche se solo in 5 salirono sul podio più alto: Cuba (7), Germania (2), uno a testa Corea del Nord, Irlanda e Usa. Clamorosamente l’EUN che incorporava per l’ultima volta l’URSS, sia pure ormai defunta, colse soltanto un argento e un bronzo. Ad Atlanta 1996, ben nove bandiere diverse sul pennone più alto con le novità Kazakistan, Ucraina e Algeria per la prima volta in cima ai Giochi, assieme a Cuba, Bulgaria, Usa, Russia, Ungheria e Thailandia. La Turchia coglie il primo argento dopo due bronzi in passato. Nel 2000 a Sydney, si ha la conferma del Kazakistan che centra due vittorie (Sattarkhanov nei piuma e Ibraimov nei superwelter) e la new entry Uzbekistan col superleggero Abdullaev, che al primo turno batte un certo Miguel Cotto del Portorico. Il piuma kazako è vittima di un incidente mortale qualche anno dopo, mentre gli altri due non lasciano tracce ulteriori. In Australia,  medaglie per 22 nazioni, (Vidoz bronzo nei +91), dominio di Cuba con 4 ori e 3 bronzi, seguita dalla Russia 2 ori, tre argenti, 2 bronzi e dal Kazakistan. Nel 2000, la Francia ritrova il gusto della vittoria col minimosca, magrebino  Brahim Asloum, dopo un digiuno durato 64 anni, dai Giochi di Berlino del ’36. Statisticamente, per Norvegia, Belgio e Danimarca l’attesa tocca ormai gli 88 anni. Nel 1924 a Parigi il loro primo e unico oro ai Giochi. Nuova Zelanda e Olanda con Edward Morgan (67 kg.) e Lambertus Van Kleveland (57 kg.) nel 1928 brindarono alla vittoria. Il bis lo aspettano da 84 primavere.

Ad Atene nel 2004, gli ori toccano solo a 5 nazioni, la solita Cuba ai vertici con 5 trionfi, Russia con 3, Kazakistan, Thailandia e Usa a quota uno. Le novità riguardano la Bielorussia prima volta sul podio con due argenti, l’Egitto un argento e un bronzo, la Siria conquista il bronzo. Nel complesso 20 nazioni medagliste, 11 in finale. A Pechino 2008, i colpi a sorpresa riguardano la Mongolia e la Repubblica Dominicana. L’asiatico Badar-Uugan Enkhbat si rivela il più forte nei 54 kg. e lo stesso fa il superleggero Felix Diaz che in finale domina il thailandese Manus Boonjumnong, oro uscente. L’americano presente anche ad Atene nei 60 kg., porta ai dominicani il primo oro a cinque cerchi. Da segnalare il bronzo di Bruno Julius delle isole Mauritius e quello dell’Armenia nei leggeri con Hrachik Javakhyan. Oltre alla Cina, padrona di casa che in un colpo mette a bersaglio due ori  e un bronzo, entrando per la prima volta nel gruppo delle nazioni vincenti alle Olimpiadi. Si ripete Atene: 20 sul podio, 12 finaliste e 9 all’oro. Grande delusa Cuba, per la prima volta all’asciutto di vittorie, mentre la Russia pur raccogliendo meno del previsto finisce alla pari della Cina, che qualche favore dai giudici lo ha ottenuto, in particolare col mediomassimo Xiaoping Zhang, non certo il migliore della categoria. Grande Italia con oro, argento e bronzo per merito di Cammarelle, Russo e Picardi, interrompendo un silenzio ventennale (Parisi nel 1988 a Seul).

Da segnalare il Kazakistan che dal 1996 Giochi di Atlanta - prima apparizione - ha sempre centrato il podio più alto. In quattro edizioni mette in carniere 5 ori, 4 argenti e altrettanti bronzi. Solo Cuba e la Russia fanno meglio. Che a Londra, toccano il minimo storico di presenze con 8 e 7 pugili.  Londra potrebbe essere l’edizione della svolta, stando ai risultati dei mondiali di Baku. L’edizione asiatica, tra la sorpresa generale, ha visto esplodere l’Ucraina, presentando una squadra omogenea ad altissimo livello. Quattro ori e un bronzo, staccando Cuba, Russia e l’Azerbajan che giocava in casa. Il volume di fuoco degli ucraini è stato impressionante. Come sempre, sussurri e dubbi si sono insinuati tra la concorrenza. A Londra capiremo se l’effetto sorpresa si è trasformato in effetto conferma.