Potremmo definirlo miracolo a Londra, dopo Russo arriva anche Cammarelle a farci sognare la ripetizione di Pechino 2008, entrambi finalisti, contro ogni pronostico. Se Clemente ha dovuto risalire una situazione disperata, trovando conforto con giudici che hanno premiato la sua coraggiosa rimonta, il gigante di Cinisello Balsamo, ha lottato contro giudici ottusi, che hanno penalizzato la sua splendida prova contro l’azero-russo Medzhidov, campione del mondo a Baku, battendo in finale l’inglese Joshua dopo aspra lotta.
Cammarelle a giudizio unanime ha dominato l’avversario, eppure dopo la prima ripresa era sotto 4-6, un altro si sarebbe arreso, non così il mancino che riprendeva a colpire e, bontà loro, i giudici gli concedevano il 6-4 che pareggiava i conti. Il bello è che l’italiano aveva forse colpito meno del primo tempo. La terza era ancora chiaramente di Roberto, più preciso e attivo, ma finiva con un modesto 4-3, sufficiente per dargli la vittoria comunque penalizzante. “Non voglio parlare dei giudici – ha detto dopo il match – sono gli spettatori che valutano e dagli applausi mi pare che mi abbiano dato ragione. Stavo bene e ho gestito il confronto, senza innervosirmi dopo la prima ripresa.
Capivo di essere avanti, e nel terzo round ho gestito la situazione pensando anche alla finale. Che voglio vincere”. Dopo i quarti, contro Arjaoui non ero ottimista, ma il Cammarelle visto ieri era un altro pugile. Non quello atomico di Pechino, ma abbastanza esplosivo per pensare di ripetere l’impresa. L’inglese Joshua è bravo e protetto, ma non ha la mascella di granito e Cammarelle sta ritrovando quel gancio sinistro che giustiziò Zhang in finale. Medzhidov, incassatore formidabile, l’ha digerito a fatica. Il fatto più incredibile e indecoroso è il doppio reclamo (respinto) dell’Azerbajan avverso alle vittorie di Russo e Cammarelle. Un fatto inaudito, reso possibile dopo il cambiamento di due verdetti, smentendo arbitro e giudici. Se non si ferma questo andazzo l’AIBA cade nel ridicolo. Il presidente Falcinelli aveva minacciato di ritirare la squadra in caso di accoglimento.
Domani sarà una sfida-rivincita tra il colored londinese, genitori nigeriani, passato dal calcio al pugilato, un fisico scultoreo, nove anni meno di Cammarelle, che lo scorso ottobre nei quarti mondiali gli cedette il passo per 15-13, dopo un match equilibrato, nonostante fosse in condizioni atletiche decisamente precarie. La sera della sconfitta, tornando all’albergo in pullman, ero accanto a Roberto e cercai di capire il motivo di una situazione che poneva molte ombre alla terza presenza olimpica, anche se aveva ottenuto la qualificazione. “Sono al vertice dal 2005 primo bronzo mondiale. Da quel momento non mi sono mai fermato, nonostante i guai alla schiena e una categoria dove i pugni sono pesanti. Ho vinto due mondiali, un bronzo e un oro olimpico. Nei dual match nessuno mi ha battuto, ho praticamente posto fine alla carriera del cubano Roberto Alfonso che puntava a Londra, come non bastasse mi hanno fregato l’europeo ad Ankara. Posso anche non essere al meglio a Baku. Ma non datemi per bollito, sono uno che parla poco ma ha uno smisurato orgoglio e questo inglese potrei ritrovarmelo a Londra, magari in finale”.
Parole profetiche, tornatemi alla mente dopo la vittoria sull’azero, che gli spalanca le porte della finale olimpica. Un personaggi straordinario questo gigante italiano, sempre misurato nelle parole, come concreto sul ring. Ieri sera aveva vinto con almeno quattro-sei punti. L’atteggiamento dei giudici preoccupa non poco, anche se il presidente federale Franco Falcinelli esclude il pericolo: “I giudici nel complesso hanno fatto il loro dovere. Non tutti sono all’altezza, ma questo accade ovunque. Nel 95 % hanno rispecchiato la realtà. Penso anch’io che Roberto meritava qualcosa in più, l’importante abbia vinto. Confesso di essermi emozionato per tutti e tre i nostri medagliati, come per gli altri. Sono stati bravissimi, hanno dato il cuore e oltre. Una squadra ammirevole. Comunque vada a finire e non è detta l’ultima parola, l’Italia ha confermato di essere una potenza assoluta sul ring. Solo Ucraina e Regno Unito hanno tre finalisti, noi siamo alla pari di Cuba a Kazakistan, meglio della Russia con uno. Chi sperava in una disfatta è stato smentito clamorosamente”.
La dichiarazione del presidente federale, conferma che l’impianto è solido. E tale resterà anche se il ct Damiani dovesse passare la mano dopo Londra. Lo staff tecnico può contare su Bergamasco e Coletta che sono fior di tecnici. E anche su un ricambio niente male a cominciare da Mangiacapre e Cappai, ma pure su alcuni ventenni che stanno crescendo bene. Il ricambio è già cominciato a Londra. Questa sera oltre a Russo contro Usik, il gigante ucraino campione del mondo massimi, si disputano altre quattro finali. Nei 49 kg. il mancino cinese Zou, punta al bis dopo Pechino, opposto al thailandese Pongprayoong, battagliero ma sfavorito. Nei 56 kg. derby tra l’irlandese Nevin e Campbell, due mancini diversi nell’impostazione, forse qualcosa in più per Nevin.
Nei superleggeri il compito di Sotolongo è di natura atletica contro quel carro armato di Berinchyk, ucraino di ferro che conosce solo la marcia in avanti, incurante dei colpi che riceve. Tecnicamente il cubano è avanti tre spanne, ma potrebbe cedere per sfinimento, come è accaduto al mongolo Uranchimeg, per due riprese avanti e il naufragio delle terza. Incertissima la finale dei 69 kg tra il brasiliano Falcao Florentino e il giapponese Murata. Lineare e infaticabile l’orientale, che colpisce sopra e sotto ma non ha punch, mentre l’americano ha boxe furba e potente, con scatti offensivi che lasciano il segno. Gioco mezza sterlina su Falcao. Una l’ho già perduta con Mangiacapre, non posso permettermi il fallimento. Domani sarà il giorno di Cammarelle, eterno gigante di 32 anni.