Che fine hanno fatto i capitani-bandiera?

Pubblicato il 27 febbraio 2019 alle 13:04:12
Categoria: Senators
Autore: Davide Grilli

Dovremmo sempre guardare ai ragazzi. Nello sport giovanile, il capitano è ancora il capitano: chi porta la fascia la merita, se l’è conquistata, ha qualche qualità e qualche onere in più. Eppure, pressato proprio dalle responsabilità, frenato dal ruolo nell’ennesimo rinnovo contrattuale, Mauro Icardi, si autodegrada.

Straniero fra gli stranieri“E’ uno straniero fra gli stranieri”, protesta qualcuno puntando il dito contro l’identità italica perduta del nostro calcio e masticando la parola “mercenario”. Ma non si può mai generalizzare, e tantomeno pensare che un argentino sia meno capitano di uno slovacco, come Marek Hamsik, il capitano che ha lasciato Napoli in lacrime, dopo dodici anni di amore con la città, col pubblico, coi compagni, persino col presidente Aurelio De Laurentiis. Che lo acquistò per 5,5 milioni di euro dal Brescia a diciannove anni e lo ha rivenduto ai cinesi per 20 a trentuno. “Le porte per lui resteranno sempre aperte”, dice il patron. “C’è solo un capitano”, grida il popolo, ricordando i 116 gol (miglior marcatore azzurro, persino di Maradona) e le 512 presenze (meglio anche di Bruscolotti).

L’esempio di TottiDopo il mitico Francesco Totti alla Roma, il capocannoniere dell’anno scorso all’Inter, Icardi: Luciano Spalletti si sta facendo la fama di ammazza-capitani. Ma è proprio l’emblema del calcio moderno: non guarda in faccia a nessuno, non fa sconti al passato e alla personalità, analizza solo i responsi numerici, mette in campo gli undici più funzionali. E il capitano, almeno come figura romantica, l’eroe di un tempo che fu, che ci ricorda i Rivera e i Mazzola, i Maldini e i Baresi, evapora, insieme a quell’altra parola arcaica, “bandiera”. Dove sono infatti questi personaggi legati ormai solo alle collezioni di figurine Panini di un’altra generazione? Continua a leggere l'articolo su sportsenators.it.