Petr Cech, che lunedì prossimo compirà 31 anni, è il giocatore straniero che ha collezionato più presenze nella storia del Chelsea. Ai microfoni di Sky, nel corso della trasmissione "I Signori del Calcio", il portiere originario di Plzen non nasconde la soddisfazione: "E' un grande risultato soprattutto in quanto portiere perché significa che sei il numero uno indiscusso. Negli altri ruoli basta giocare un minuto per aumentare il numero delle presenze, un portiere o è titolare o non gioca. Sono orgoglioso di avere conservato il mio posto per così tanto tempo, costringendo altri ottimi portieri a stare in panchina. E' una soddisfazione personale ulteriore, sapevo che non sarebbe stato semplice".
Cech, che sarà tra i pali domani sera ad Amsterdam a difendere la porta dei Blues nella finale di Europa League contro il Benfica, rivela di avere diversi modelli a cui si ispira: "Non ho mai avuto un particolare idolo, ho sempre cercato di cogliere i migliori aspetti di tutti. Potendo comporre il puzzle perfetto, sceglierei la personalità di Schmeichel, la mentalità di Kahn e la calma di Buffon. Mi sono ispirato anche a Van der Sar, che ai tempi dell'Ajax in fase di impostazione faceva in pratica il libero e grazie a lui ho capito che è molto importante avere una buona tecnica anche con i piedi. Ho cercato di rubare i segreti dei migliori portieri di tutti i tempi e unirli nel mio puzzle".
Da sette anni il portiere del Chelsea gioca indossando uno speciale casco protettivo dopo il grave infortunio rimediato nel 2006 a seguito di uno scontro di gioco: "Il fatto di aver giocato a hockey mi ha aiutato a sopportare il caschetto. Le orecchie sono coperte, quindi la percezione dei rumori è diversa rispetto a quando non lo indossi. Anche la nuca è coperta, non posso affidarmi al tatto così ho imparato a ricevere le informazioni dal mio corpo in altri modi. Prima di tornare in campo mi sono allenato tre mesi con il caschetto per abituarmi, ma un conto è giocare all’aria aperta senza rumori, un altro rientrare in una partita ufficiale ad Anfield (contro il Liverpool 98 giorni dopo l'infortunio, ndr) con lo stadio pieno di gente che cantava. In quel momento mi sono reso conto che con il rumore cambiava tutto, ho impiegato un paio di partite ad abituarmi. A livello visivo invece non ho mai avuto problemi".