Cala il sipario sul 2014, lo sport italiano si siede intorno all'albero di Natale e si prepara a stappare la classica bottiglia di spumante. C'è chi urla contento, con un sorriso splendente, e chi in un angolo riflette silenzioso perché - tutto sommato - sa di aver ben poco da festeggiare. Là, in piedi sulla sedia, c'è Vincenzo Nibali con una scintillante maglia gialla: il suo successo al Tour coincide con la riapertura del caso-Pantani, suo predecessore sugli Champs Elysees. Anche questa è una vittoria per chi, nonostante siano passati più di dieci anni, cerca ancora di ricostruire la verità; qualunque essa sia.
Abbracciato al ciclista siciliano c'è un gigante di quasi due metri che mostra a tutti uno strano anello: c'è scritto "Marco Belinelli campione Nba", il primo cestista italiano ad aggiudicarsi il titolo, aggiungiamo noi. E' festa grande insieme al redivivo Valentino Rossi, tornato vicecampione del mondo alla tenera età di 35 anni: Marquez è imprendibile, è vero, ma dovrà consumare ancora parecchia "gomma" se vuole recuperare i successi del pilota più longevo della classe regina. Nella confusione si stagliano altri visi euforici, su tutti quelli di Gregorio Paltrinieri e Tania Cagnotto, punte di diamante degli azzurri in costume.
Sorrisi stentati invece nell'angolo riservato ai protagonisti del calcio. Si sente solo la voce di un emiliano doc che espone fiero una coppa con due grandi orecchie: Carlo Ancelotti è adesso il tecnico più forte del mondo, peccato però che alleni il Real Madrid. Allenatore italiano, squadra straniera, perché le nostre - in estrema sintesi - certi ingaggi non possono permetterseli. Né in panchina, né in campo: i top player continuano a scegliere altre terre. E così, squadre che fino a ieri lottavano fino in fondo per aggiudicarsi la Champions, adesso non possono che guardarla da lontano. Troppo lontano.
Di questa situazione la Nazionale non può che risentirne: la delusione ai Mondiali brasiliani è ancora fresca ma lo scenario, incrociando le dita, sembra in trasformazione. Piccoli passi, s'intende, ma il nuovo corso Conte è iniziato col piede giusto e anche i club in Europa non stanno sfigurando. Progetti e fiducia sono le parole d'ordine, le stesse che girano in casa Ferrari dopo una stagione flop. E le stesse del post-Olimpiadi di Sochi, dalle quali una giovanissima Italia è tornata senza ori ma con tante buone prestazioni e un numero di medaglie maggiore rispetto a Vancouver 2010.
Insomma il salottone di Natale non è avvolto in un clima così funereo, come spesso ci piace descrivere lo sport italiano, ma certamente questo 2014 qualcosa ce lo insegna. Bisogna ripartire dal basso, costruire e ricostruire, progettare e inventare. Avere coraggio. Perché i lussi del passato - va bene, ci avete convinto - sono finiti ma la creatività di questo Paese si è sempre alimentata lì dove c'era da fare e disfare. Le storie di questi campioni dei cosiddetti "Altri Sport", quelli che contano solo se vincono (e talvolta nemmeno questo basta), lo mostrano e - forse - che il calcio diventi un po' più umile potrebbe non essere poi così un male.
Apriamoci al mondo per imparare e conoscere nuovi modelli, senza inseguire ossessivamente americani, sceicchi o russi. E ripartiamo da noi, dalle scuole, da un’educazione sportiva che punti davvero alla formazione e valorizzazione dei nostri giovani, giovanissimi. Perché quando i soldi nelle tasche scarseggiano si viene colti da tristezza e brutti pensieri, eppure può essere davvero la spinta più forte - perché necessaria - per creare una nuova scuola, un nuovo corso. Un nuovo anno.
Buon 2015 a tutti