Nato a New Orleans, in Louisiana, il 22 giugno 1962, Clyde Drexler uno dei talenti più cristallini del pianeta NBA, si trasferisce da ragazzo con la famiglia ad Houston, in Texas, iniziando a giocare a basket al Liceo, con apprezzabili risultati, visto che, una volta ottenuta la maturità nel 1980, sono ben tre i college che vogliono assicurarsi i suoi servigi. Drexler viene selezionato al primo giro del draft NBA del 1983, e, nonostante le ottime prestazioni al college, le prime 13 squadre aventi diritto di scelta se lo lasciano sfuggire consentendo così ai Portland Trail Blazers di assicurarsene le prestazioni. Peraltro, al suo primo anno da “rookie”, le statistiche di Drexler sembrano dare ragione a coloro che non erano eccessivamente convinti delle sue potenzialità, ricevendo solo poco più di 17 minuti di media a gara e partendo solo in tre occasioni nel quintetto iniziale. Ben diverso è, al contrario, l’impatto con le stagioni successive, in cui le prestazioni di Drexler salgono di livello, superando i 20 punti di media nel 1987, ’88 ed ’89, stagione, quest’ultima, in cui registra i propri record in carriera, quanto a media punti, sia nella “regular” (27,2) che nella “post season” (27,7) pur predicando nel deserto, visto che Portland si qualifica per i playoff come ultima nella “Western Conference”, venendo spazzata via al primo turno (0-3) dai Los Angeles Lakers di Magic Johnson e Kareem Abdul Jabbar.
Ecco, allora che a fianco di Drexler, sempre più leader indiscusso del club, giunge a maturazione l’indiscutibile talento del playmaker Terry Porter, al suo quinto anno tra i Pro, e migliora le proprie prestazioni sotto i tabelloni la batteria dei lunghi, composta da Jerome Kersey, Buck Williams e Kevin Duckworth, che in tre garantiscono oltre 24 rimbalzi di media a partita, nonché una dote di punti superiore ai 15 testa. Questa rinnovata coesione, fa sì che la stagione ’90 si concluda con Portland a realizzare il terzo miglior record di conference (59-23) che li porta, dopo aver surclassato (3-0) Dallas nel primo turno dei playoff, ad una durissima semifinale contro i San Antonio Spurs. Serie infinita, senza esclusione di colpi, con Porter sugli scudi per Portland e che si risolve solo in gara-7, che i Trail Blazers si aggiudicano 108-105 ancora una volta all’overtime, con Drexler a mettere a segno 22 punti. La notizia che i Phoenix Suns di Tom Chambers e Kevin Johnson hanno avuto la meglio sugli oramai stagionati Lakers, apre a Portland la strada verso il titolo della “Western Conference”, con Drexler decisivo nel 120-114 di gara 5 con 32 punti, 10 rimbalzi e 4 assist, per poi chiudere la serie sul 4-2 con il successo per 112-109 in Arizona, che vede Drexler e Porter spartirsi la palma di miglior realizzatore con 23 punti a testa. Portland torna così a disputare una Finale per il titolo NBA a 13 anni di distanza, sperando di rinverdire i fasti del trionfo per 4-2 contro i Philadelphia 76ers di Julius Erving, dovendosi scontrare con i campioni in carica dei Detroit Pistons, i famosi “Bad Boys” di Chuck Daly.
La maggior esperienza dei Pistons fa la differenza e i successi di Detroit sul parquet di Portland sanciscono la chiusura della serie sul 4-1 per Thomas & Co. La stagione successiva, nonostante Portland collezioni 63 vittorie in regular season, finisce al secondo turno dei playoff a causa dei Los Angeles Lakers. La stagione successiva Portland dopo un cammino abbastanza lineare nei playoff affornta i Chicago Bulls di Michael Jordan per il titolo. La serie la vince sua Maestà MJ, con però Drexler che è sempre l’ultimo a mollare dei suoi e chiude la usa personale serie con ottime prestazioni. Queste prestazioni, portano Coach Chuck Daly, chiamato a guidare il primo “Dream Team” di professionisti Usa alle Olimpiadi di Barcellona ’92, nel selezionare entrambe le stelle, le quali contribuiscono alla più schiacciante esibizione di superiorità di una Nazionale nella rassegna a cinque cerchi.
Le due successive stagioni nella NBA, con il progressivo invecchiamento della squadra vedono i Blazers qualificarsi, senza infamia e senza lode, per i playoff, venendo in entrambi i casi estromessi al primo turno. Dopo la disputa dell’All Star Game di metà febbraio ’95 – per il quale Drexler non era stato selezionato dopo sette apparizioni consecutive dal 1988 – la società, riconoscente al suo leader, accetta la sua richiesta di trasferimento ad un club in grado di poter competere per il titolo, che l’anno precedente, in concomitanza con il temporaneo ritiro dalle scene di Jordan, era stato appannaggio degli Houston Rockets del suo vecchio compagno di università Hakeem Olajuwon, con cui può così tornare a far coppia e proprio questo duo porterà Houston a vincere il titolo a fine stagione. Drexler si ritirerà nel 1998. Nel 2004 arriva la “firma” più attesa su una carriera ad alto livello: l’ingresso nella Naismith Hall of Fame dove “The Glyde” trova il meritato posto tra i grandissimi della NBA.