Era l'11 ottobre 1969 quando nasceva a Prato uno degli sportivi italiani più amati, capace di rendere popolare la ginnastica artistica.
In Italia, si sa, sono gli sport di squadra, calcio su tutti, a occupare i posti più alti del gradimento pubblico, ed è molto difficile riuscire a fare interessare la massa a qualcosa che esula da quella ristretta cerchia. Se questo accade, se l'interesse del grande pubblico converge tanto su una disciplina generalmente di nicchia, vuol dire che a rappresentarla per il nostro Paese vi è un autentico fenomeno. Pensiamo a Valentina Vezzali nella scherma, la più conosciuta di tante donne e uomini che hanno trionfato in questa specialità, ad Alberto Tomba e alle sue discese con gli sci, a Federica Pellegrini, nuotatrice eccezionale... e poi c'è Jury Chechi, che negli anni '90 divenne semplicemente il migliore al mondo, il "Signore degli anelli". È una storia che nasce sul finire dei meravigliosi anni '60, quando Jury viene al mondo con un nome particolare, chiamato così in onore di Gagarin, il celeberrimo primo uomo a volare nello spazio nel 1961, un eroe e un simbolo per l'allora potenza sovietica. Chechi scoprì la ginnastica artistica molto presto, non aveva neanche dieci anni quando assisteva agli allenamenti della sorella alla Società Etruria di Prato, prestigiosa palestra del territorio, fondata sul finire dell'ottocento. Nonostante il fisico gracilino Jury iniziò a frequentare gli allenamenti sviluppando una passione per questo sport, e nel giro di pochi anni fece di quella passione la sua vita, dedicandosi interamente ad essa. Spostatosi alla Società Ginnastica Varesina, non era ancora maggiorenne quando nel 1987 iniziò a far parlare di sé, conquistando due ori nel volteggio e nel concorso a squadre ai Giochi del Mediterraneo, a cui si aggiunsero un argento nel concorso generale e uno proprio agli anelli. Il ragazzo dimostrò tutta la sua stoffa anche alle Olimpiadi di Seoul 1988, dove non andò a podio, ma riportò l'Italia in una finale individuale ventiquattro anni dopo le imprese di Franco Menichelli, oro nel corpo libero e argento negli anelli a Tokyo 1964.
Con l'inizio degli anni '90 la sua popolarità e i suoi successi crebbero a dismisura. Nel 1991 fu capace di vincere sei ori ai Giochi del Mediterraneo di Atene, trionfando praticamente in tutte le specialià: anelli, cavallo, parallele, corpo libero, concorso generale e a squadre. Vinse quattro ori e un argento anche nel 1993, anno in cui portò a casa altre due medaglie del metallo più pregiato alle Universiadi di Buffalo. Divenne per tutti "Il Signore degli anelli" quando per quattro edizioni di fila, dal '90 al '96, vinse l'oro ai campionati europei, mentre furono addirittura cinque i concorsi consecutivi nel quale Chechi trionfò a livello mondiale, imponendosi sul gradino più alto del podio nei Campionati del mondo disputati tra il '93 e il '97. Mancava solo una cosa per chiudere il cerchio: la medaglia olimpica. Nel 1992 fu sfortunato, e dovette saltare i Giochi di Barcellona per una rottura del tendine d'Achille appena un mese prima delle gare. Ad Atlanta 1996 invece non c'era nessun infortuno a fermarlo, e si presentò in finale con un chiaro obiettivo: portare a casa quella medaglia, per sé stesso e per l'Italia. L'esercizio di Jury fu pressoché perfetto: sembrava librarsi nell'aria, volava, come sottolineato dal commentatore di allora. Il voto della giuria fu 9,887, quasi la perfezione. Jury Chechi ce l'aveva fatta, l'oro olimpico era suo. Ma c'è ancora un'appendice a questa storia di successo. Perché Jury dopo aver annunciato il ritiro nel 1997 ha ancora voglia di Olimpiadi. E allora ci prova a partecipare a Sydney 2000, ma anche stavolta deve alzare bandiera bianca, sempre per una rottura del tendine. Atene 2004 sembra un po' troppo, ormai ha trentaquattro anni, ma in fin dei conti chi l'ha detto che i miracoli non esistono? E infatti non solo Chechi partecipa alle Olimpiadi, ma arriva anche alla finale individuale. Esegue un esercizio straordinario per la sua età, e la giuria lo premia con un 9,812, che lo fa finire terzo dietro al bulgaro Jovtchev e al greco padrone di casa Tambakos. Si alza anche qualche polemica sul favoritismo all'ellenico, ma a Jury non interessa: quel bronzo, conquistato a quell'età, per lui è come un oro. Questa volta il ritiro è definitivo, e dieci anni dopo il CONI decide di omaggiarlo per sempre, dedicandogli una delle prime cento targhe nella Walk of Fame dello sport italiano, un gesto dovuto per un campione che ha per sempre legato il suo nome nella memoria collettiva alla propria disciplina.