I custodi della montagna. Vite d’ingegno, calli e silenzio
Conoscere gli abitanti delle Terre Alte, una ricchezza imperdibile – Vittorino Mason – I custodi della montagna. Vite d’ingegno, calli e silenzio – edicicloeditore - Pag. 240 – Euro 17.00.
di Giuliano Orlando
“Sono stanco di tutto questo mondo occidentale che invece di andare avanti torna indietro… di un alpinismo negativo, che ha i germi negativi della cultura occidentale: competizione, conquista, insoddisfazione, montagna come nemica da conquistare. Per questo ho voluto conoscere il vero mondo della montagna, della gente che in montagna ci vive da sempre, ci lavora, ne trae i pochi mezzi di sussistenza”. Era il pensiero di Carlo Mauri nel 1976. Dopo quasi mezzo secolo poco è cambiato. La montagna è sempre meno popolata e gli ultimi che resistono assomigliano ai panda di casa nostra, in via di estinzione. Vittorino Mason è voluto entrare in questo mondo arcaico, ha raccontato le storie di questi uomini e donne che resistono alla logica del consumismo, ultime sentinelle di ricordi e sensazioni, di sofferenze e riscatti, di un tempo che sembra antichissimo e invece è appena dietro l’angolo. Il fatto è che tutto corre troppo in fretta e la montagna resta testimone, ma soffre il modernismo dell’usa e getta. Per fortuna ci sono ancora i poeti come l’autore di questo libro, che scrive più col cuore che col computer e rende attuale il passato remoto. Alza il sipario su un palcoscenico naturale dove attrici e attori hanno capelli e barbe candide, gli occhi chiari anche se offesi dalla cataratta, riescono a mandare la luce della serenità. I personaggi, perché tali sono, che incontra rappresentano una continuità sempre più esile. Ti lascia senza fiato leggere come Lasen poco più di un borgo nel feltrino, alle pendici di Monte S. Mauro, erano gli anni ’20, cacciò la miseria, assicurando il ghiaccio ad una ditta che produceva birra ed era in difficoltà con gli impianti dir refrigerazione. Gli abitanti scavarono il ghiaccio necessario prelevandolo dalla “giazzèra”, una cavità naturale sulle pendici del Col de la Madona, a circa 1800 metri. Per assicurare quanto richiesto dalla ditta, tutto il paese, dai nonni ai più piccoli, operarono in sintonia e realizzarono il sogno atteso da anni, di avere una casa e soprattutto di mettere in tavola quanto occorreva per saziare tutte le bocche. Pagine stupende, capaci di farti sentire all’interno di un film del passato che torna presente. Agostino il buono, come Genesio e l’amico Franco, sono nati e cresciuti all’ombra di questi giganti di pietra, calpestando neve e fatica, che serviva a malapena per sopravvivere. Hanno in comune il gusto del bracconaggio, soprattutto la caccia al camoscio, il simbolo della montagna, animale che ammirano e sfidano, in lunghi appostamenti. Con regole non scritte che sentono di dover rispettare. Femmine e piccoli vanno salvati. In questa vocazione all’infinita solitudine, la modernità è rappresentata dalla “scatola di vetro” così definiscono la televisione, sempre accesa come un richiamo all’oggi da commentare e criticare. Conoscere la Giota, ovvero una giovane di 84 anni, settanta dei quali trascorsi senza un attimo di riposo. Aiutando in casa, tra cucina e stalla, girando per l’Italia e poi per l’Europa, vendendo di tutto, dalle ciabatte alla biancheria intima, dalle spille da balia ai mestoli di legno, fatti da lei. Un commercio ambulante infinito come le storie che racconta. Bellissima da giovane, non meno bella oggi. Il tempo dei ricordi non ha date di calendario e la Giota è un torrente in piena. Una sorgente inesauribile che ti incanta e coinvolge. Viaggiando a accanto a queste sculture gigantesche, trovi le testimonianze che i nipoti non vogliono vengano cancellate. Sul fronte del Brenta, dal versante del Sasso Rosso, ci sono terrazzamenti che sembrano impossibili, tanto si specchiano su vuoti infiniti come nelle valli himalaiane. Oggi producono chicchi che si tramutano in vino dolce, dall’uva fragola, ma un tempo, ecco la sorpresa, i vecchi coltivavano il tabacco! Lo spiega Gianni “stradin”, che fa conoscere gli antichi contrabbandieri, tutti oltre le 80 primavere col sorriso fresco e la memoria degli elefanti. In quegli anni il tabacco era un bene prezioso, che lo stato gestiva, con leggi severe. I coltivatori ricevevano le briciole e questo non bastava. Ragion per cui i trucchi per eluderla erano infiniti. Adesso basta, se mi lascio trascinare dall’entusiasmo arrivo fino all’ultima storia, quella di Beppino de Giambon, un soggetto assolutamente speciale, un fascio di muscoli che sconfiggono l’età, lavori infiniti e anche corse in montagna con risultati strepitosi. Ama la “gnocca” sottolinea con orgoglio e cento altre storie imperdibili. Non lo faccio spesso, meglio raramente. Dico grazie all’autore, che mi ha reso più ricco leggendo questo libro. Anche perché questi eroi senza tempo sono quasi miei coetanei.
Giuliano Orlando