Un campo da basket in dono ai bambini di Aleppo, in Siria. È questo l’impegno che hanno preso i giocatori italiani del Maxibasket, il basket giocato dai 40 agli 80 anni. L’annuncio era stato più di un anno fa; ben presto si trovò la collaborazione con l’associazione Pro Terra Sancta, e cominciarono ad affluire le offerte dei giocatori – nonni. Poi è arrivata la tempesta del Covid 19, i viaggi sono stati bloccati, e tutto è stato rinviato. L’iniziativa peraltro continua. I giocatori hanno imparato sul campo che non bisogna mai mollare, e tengono duro. L’iniziativa era partita dall’associazione Maxibasket Milano e poi è stata condivisa dagli irriducibili appassionati cestisti veterani in Italia. Pochi sanno che una iniziativa analoga è stata messa in atto a Pesaro. Sì, sarà presto realizzato un campo di basket a Wolisso, in Etiopia, a circa 130 km da Addis Abeba. Perché Wolisso? Perché laggiù (o, meglio, lassù… visto che la zona è a oltre 2000 metri di altitudine) c’è una scuola di circa mille studenti, messa in piedi e finanziata dal distretto dell’associazione dei Lions, e in particolare dal Club Lions Pesaro della Rovere. L’idea è stata di Alberto Paccapelo, un ingegnere che in gioventù è stato un buon giocatore di basket e che nel 2019 ha disputato i campionati mondiali FIMBA nella nazionale Over 65 allenata da Tonino Zorzi.
Torniamo ora a Wolisso e alla scuola, che è gestita da suore e che è il punto di riferimento di una vastissima regione, abitata da circa mezzo milione di persone. L’ingegner Paccapelo ha realizzato il progetto, dopo di che i giovani appartenenti ai Lions, hanno raccolto i fondi per costruirlo. Senza dubbio questa iniziativa è da applausi. Ma non è l’unica partita da Pesaro. Già, perché quasi 20 anni fa i pesaresi, ancora con l’apporto di Peccapelo, hanno realizzato un campo da basket in Africa, a Keita, nel Niger, vale a dire in una delle zone più povere del mondo, nella fascia del deserto del Sahel. Dopo che gli echi di una tremenda carestia erano giunti anche in Italia, un gruppo di studenti pesaresi, guidati dal loro professore Luigi Panzieri, aveva deciso di dare un aiuto concreto. Il progetto partì e si arricchì anno dopo anno: riforestazione, pozzi per l’acqua, medicinali, assistenza in vari campi… E perché non il basket? Il nostro ingegner Paccapelo, dirigente della società pesarese Basket Giovani, intuisce che il basket può essere il mezzo ideale per facilitare la coesione fra le tre etnie di Keita (Tuareg, Haussa, Peuls). Detto fatto. Pesaro è davvero una città speciale per il basket, capace non solo di grandi imprese sportive, ma anche in grado di far fiorire la passione per i canestri anche in un deserto africano.
Tutto questo sembra una favola, ma invece è realtà che va ben oltre la fantasia. Da allora il campo realizzato dai pesaresi funziona alla grande e ancora oggi è frequentatissimo dai giovani del luogo. Aleppo, Keita a Wolisso. E non è tutto. In Palestina, a Gerico, gli Amici del Basket di Verona hanno realizzato dieci anni fa un bellissimo campo da basket, completo di spogliatoi, tribune laterali e illuminazione. L'impianto, che è un piccolo capolavoro, costò circa 40 mila euro, e sorge in un oratorio gestito da francescani. Piccolo miracolo: da dieci anni vi giocano e ragazzi cattolici, ebrei e musulmani, tutti assieme appassionatamente. In questa vicenda di campi regalati a zone depresse c’è una piccola morale. Praticare con passione il basket, che è sport di squadra, significa acquisire valori vitali che vanno oltre alla partita, alla vittoria o alla sconfitta, significa allargare la squadra ai meno fortunati, uscendo anche dai propri confini.
Mario Natucci