Evidentemente sto invecchiando e questo potrebbe anche preoccuparmi. Dopo aver sbagliato il pronostico nella sfida tra Lomachenko e Lopez, mi sono ripetuto con quella allestita a San Antonio nel Texas, tra il messicano Leo Santa Cruz (37-2-1), 32 anni, che metteva in palio la cintura WBA superpiuma e l’imbattuto Gervonta Davis (24), 25 anni, di Baltimora, origini messicane, titolare WBA leggeri. Nella presentazione affermavo che ritenevo non fosse facile per Davis vincere. In considerazione dell’esperienza e di una completezza tecnica di Leo, che potevano fare la differenza a favore del messicano. Il risultato mi ha smentito, anche se fino al drammatico KO subito da Santa Cruz a pochi secondi dal termine del sesto round, la situazione (48-47 a favore di Lopez), era sostanzialmente in equilibrio. Quello che ha fatto la differenza è stato la netta superiorità di potenza del più giovane e quel montante sinistro che quando arrivava faceva la differenza. Non solo, Santa Cruz ha attaccato e non poco, portando serie che in altre occasioni hanno prodotto danni, mentre contro questo ragazzo Davis, sembravano rimbalzare contro un muro. Chiara la frustrazione di Santa Cruz che sperava nella maggiore velocità e un repertorio più vasto, senza ottenere altro risultato che ritrovarsi Lopez pronto alla replica con colpi che lasciavano il segno. La tattica del vincitore è stata quella del cobra, che scattava senza alcun timore, incurante delle repliche del rivale. Il montante decisivo che ha centrato Leo è arrivato tra mento e orecchio ed è stata una scossa elettrica, folgorando il messicano, che aveva appena finito di attaccare. Un KO impressionante, confermando la potenza devastante di Gervontas, che per KO ha vinto 23 dei 24 incontri sostenuti. Quando hai nel cassetto queste bombe, puoi permetterti di rischiare qualcosa per avvicinarti al bersaglio e così ha fatto Davis. Dimostrando anche grande personalità e lucidità tattica. Una sconfitta amara per un campione che aveva saputo conquistare ben quattro mondiali di categoria (gallo, supergallo, piuma e superpiuma), ed era praticamente imbattuto in 14 stagioni di professionismo, avendo cancellato l’unica sconfitta nel 2016 contro l’inglese Carl Frampton, in una pronta rivinta l’anno dopo. Nel corso dei sei round, combattuti ad alto ritmo, si capiva che mentre Santa Cruz pungeva senza produrre danni apparenti, quando Cruz arrivava, il messicano sbandava. Impressione diventata realtà al primo colpo arrivato a bersaglio preciso e potente. Che il protetto di Floyd Mayweather jr. gestito da Al Haymon, abbia un carattere da prendere con le molle e la polemica facile, che cambi umore facilmente, rispecchia le caratteristiche del purosangue. Intanto i risultati gli danno ragione e lo ritroveremo presto a “litigare” con Teofimo Lopez che ha scalzato Lomachenko e Devin Haney (24), che il 9 novembre tre giorni prima del 22° compleanno, a Hollywood in Florida, difenderà il titolo WBC contro il datato cubano Yurorky Gamboa (30-3), 38 anni, già stracciato da Davis. Nel derby texano, il superleggero Mario Barrios (26), 25 anni, dopo la conquista della cintura vacante il 28 settembre 2019, a spese del duro uzbeko di origini turche Batyr Akumedov (8-1), 29 anni, ha battuto anche il generoso Ryan Karl (18-3), che dopo cinque round intensi ed equilibrati, si ferisce e viene travolto con ganci e montanti dallo scatenato campione. Vince anche l’altro superleggero Regis Prograis (25-1) - reduce dalla sconfitta di misura del 28 ottobre 2019 a Londra, contro l’inglese Josh Taylor (16) costatagli le cinture WBA e WBC - imponendosi al pur valido Juan Heraldez (16-1-1), salito sul ring imbattuto. Per il trentenne californiano non c’è stato nulla da fare. Prograis lo ha tempestato di colpi e al terzo round ha concluso con gancio mancino, costringendo l’arbitro a dare lo stop. E’ durata meno di un round la prima semifinale IBF leggeri tra l’emergente Isaac Cruz Gonzales (20-1-1), 22 anni e il mancino di Las Vegas, Diego Magdaleno (32-4) 34 anni, travolto dalla furia offensiva del più giovane messicano, costretto alla resa dopo due atterramenti pesanti.
Prosegue ad opera dell’infaticabile Bob Arum (89 anni) l’attività della Top Rank, con base a Las Vegas presso “The Bubble”, sia pure a porte chiuse. Stavolta ha offerto il numero uno del Giappone, l’imbattuto Naoya Inoue (20), 27 anni, (la cui carriera completa, ho tracciato nel servizio di presentazione), chiamato a difendere le cinture WBA e IBF gallo, contro l’australiano Jason Moloney (21-2), 29 anni, al secondo tentativo, dopo aver fallito d’un soffio nel 2014 quello IBF contro il portoricano Emanuel Rodriguez (19-1) sconfitto per SD. Jason ha tenuto botta per tre riprese, attuando la tattica della corta distanza, evitando in tal modo le staffilate del campione, che ha confermato la straordinaria scelta di tempo, attuata al meglio dal quarto round, allorché la furia offensiva di Moloney si è dovuta attenuare. Nei quattro tempi successivi Inoue ha sciorinato un repertorio completo, deliziando i telespettatori che si erano collegati su Latin America, Canal Space e USA ESPN+. A lunga distanza è praticamente imbattibile. Jason in quei frangenti ha fatto la parte dello scolaretto; dopo aver assaggiato il tappeto due volte nella sesta tornata col sinistro, al settimo round cade sul destro come un tordo e l’arbitro dice stop. Adesso la Top Rank pensa alla sfida contro il messicano Emanuel Navarrete (31-1) titolare supergallo WBO. La californiana Michela Mayer (13) 30 anni, non si è fatta sfuggire l’opportunità mondiale, dominando la polacca Ewa Brodnik (19-1) 36 anni, che aveva già perso il titolo WBO superpiuma sulla bilancia, picchiata per dieci riprese. Anche se nel record del brasiliano Robson Conceicao (15) oro a Rio, 32 anni, resterà la vittoria su Luis Coria (12-3), 22 anni, il ring ha raccontato una storia diversa. Contato al secondo round, richiamato due volte per colpi sotto la cintura, resta difficile valutare la parte finale a lui favorevole, sufficiente per ottenere la vittoria. Non certo fortunato il giovane californiano, che dopo la discutibile sconfitta con Adam Lopez (14-2), MD, per la cintura NABF, subisce l’ulteriore beffa col brasiliano. Prosegue la marcia dell’altro nipponico, il superleggero Andy Hiraoka (16), allenato dal padre di Inoue, vincitore di Rickey Edwards (Usa, 12-5), per KO al quarto round, dopo tre KD. L’altro superleggero Julian Rodriguez (21) conferma di possedere mani pesanti, costringendo l’esperto Jose Eduardo Lopez (29-8-2) alla resa al terzo tempo dopo due conteggi. Il massimo Jared Anderson (7), gigante di colore, 21 anni a novembre, alto 1,93, bronzo ai mondiali jr. nel 2015, vincitore al torneo youth di Brandemburgo (Germania) 2016, campione USA 2017-2018, centra il settimo sigillo con altrettanti KO, vittima stavolta Luis Eduardo Pena (6-2) steso al primo round.
La Match Room di Eddie Hearn, è tornata alla Wembley Arena londinese, sempre a porte chiuse, per capire se l’ucraino Oleksandr Usyk (18), 33 anni, pro dal 2013, oro a Londra nei massimi, battendo il nostro Clemente Russo, che lo aveva superato ai Giochi di Pechino 2008, nei pro, dopo aver dominato tra i cruiser, possa ambire a seguire lo stesso percorso anche nei massimi. Dereck Chisora (32-10), 36 anni, nato nello Zimbawe, chiamato a valutare il quesito, ha specchiato i pro e i contro della situazione. Usyk tecnicamente è un maestro, un buon incassatore e conosce bene il mestiere. Grazie a questo ha superato indenne i primi quattro round, in particolare i due iniziali, quando l’inglese che pesava 17 kg. più del rivale (115.5 kg. contro 98.5) ha fatto valere il divario, assalendo e colpendo con cattiveria e anche precisione. Una bufera che Usyk ha superato bene, pur subendo parecchio. Dal quinto tempo la musica è cambiata e il tasso tecnico del mancino ucraino ha avuto la meglio. Colpi lunghi e precisi, spostamenti sulle gambe e schivate al millimetro hanno fatto la differenza e alla lunga Usyk si è imposto. Ma non è stata una passeggiata, Chisora anche se stanco ha sempre cercato di colpirlo sopra e soprattutto al corpo. Una vittoria di misura non i cinque punti di un giudice. Inoltre, mentre nei cruiser faceva abbastanza male, da massimo la potenza è venuta meno e un massimo senza dinamite non fa molta strada. Pensare a Fury e Joshua e anche a Wilder è un rischio molto alto. Nel programma, l’europeo vacante dei massimi leggeri, titolo conquistato dall’inglese Tommy McCarty (17-2), 29 anni, pro dal 2014, residente a Belfast nell’Irlanda del Nord, che ha ottenuto la designazione dopo la vittoria a Trento sul nostro Fabio Turchi, successo determinato dal giudice italiano Barrovecchio, con verdetto di SD. L’avversario Bilal Laggoune (25-2-2), belga di 27 anni ha mostrato una buona base tecnica ma anche fiato corto. Dopo le prime due riprese alla garibaldina, ha ridotto il ritmo e McCarty ha iniziato a mettere punti in cascina. Al sesto round il belga si ferisce, interviene il medico che lascia proseguire. Il match ha ritmi lenti e molti abbracci. McCarty sembra aver l’incontro in pugno, ma al nono round anche lui deve riprendere fiato e il belga tenta un recupero impossibile. Finisce il match e il giudice belga Daniel Van de Wiele vede un pari assurdo, confermando che il settore giudici arbitri EBU, raccoglie una massa di colpevoli incapaci. Purtroppo hanno dalla loro il silenzio di gruppo e quindi non cambierà mai nulla. L’Inghilterra mette in bacheca un secondo europeo, stavolta femminile con Savanna Marshall (9), 29 anni, nel cui record in maglietta figura una storica vittoria con Claressa Shields nel 2012 ai mondiali (14-8) in Cina, dove vinse l’oro, sul podio anche nel 2010 (2) e 2016 (3). Meno fortunata ai Giochi (2012 e 2016) eliminata nei quarti. Avversaria per la cintura medi, la scozzese Hanna Rankin (9-5), 30 anni, apparsa decisamente inferiore, fermata al settimo round, svuotata di energie. Nel 2018, la Rankin aveva provato contro Claressa Shields (10) regina WBA, WBC e IBF, finendo battuta ai punti. Imprevista battuta d’arresto del leggero Lee Selby (28-3), battuto sia pure per split decision dall’australiano George Kambosos Jr (18), 27 anni, giramondo di qualità, sempre all’attacco ed ora semifinalista al titolo IBF.
A Cancun in Messico, Mariana Juarez (54-9-4), 40 anni, attiva dal 1998, icona della boxe messicana femminile, già mondiale minimosca e gallo, per 38 volte impegnata tra interim e titoli assoluti è scivolata sulla connazionale Yulian Luna Avila (20-3-1), 26 anni, pro dal 2011 a 17 anni, al secondo tentativo, dopo aver fallito nel 2014 per i supergallo IBF. Contro ogni pronostico la meno quotata Avila ha sfilato alla Juarez la cintura WBC gallo che deteneva dal 2016, con verdetto unanime, grazie alla maggiore aggressività. Nei minimosca WBC, la titolare Yesenia Gomez (18-5-3), 24 anni mantiene il titolo dominando Mirna Sanchez (5-1-1) 21 anni, pro dal 2018, apparsa ancora acerba per una sfida iridata. Sul ring di Krasnaya Poliana, città non lontana da Soci, nella Russia meridionale, il promoter Vladimir Hryunov, ha presentato Murat Gassiev (27-1) già campione cruiser WBA e IBF, scalzato dall’ucraino Olek Usyk (18) a Mosca. Da quel 21 agosto 2018, non è più risalito sul quadrato. E’ rientrato contro un avversario inesistente. Tale si è dimostrato Nuri Seferi (41-10), 46 anni, nato in Macedonia, residente in Svizzera e tesserato in Bulgaria. Pro dal 1999, si è presentato in condizione penose. Ai primi pugni è scivolato al tappeto e l’arbitro ha detto stop. Nei welter, il moscovita Adlan Abdurashidov (5), 30 anni, pro dal 2018, conquista il WBO Oriental jr. una delle cento cinture di nessun valore, battendo il tanzaniano Idd Pialari (27-5-1), che ha fatto da sparring. Adlan nei dilettanti è stato campione russo 2017 tra i leggeri, argento nel 2012 e 2014, titolare ai Giochi di Rio 2016, ai mondiali ed europei 2015, sempre fuori dal podio. Proseguono i debutti nei pro, dei campioni asiatici. Ad Atyrau in Kazakistan, è stata la volta del mediomassimo mancino Bekzat Nurdauletov (1), 22 anni, oro ai mondiali di Ekaterimburg 2019, battendo in semifinale il titolato il cubano Julio Cesar La Cruz, campione ai Giochi di Rio 2016 e del welter Ablaikhan Zhussupov, (1) 23 anni, anche lui campione nazionale, bronzo mondiale 2019, iridato youth e titolare a Rio.
Entrambi mancini. Per i due, avversari tanzaniani. Ibrahim Maokola (14-10-1) ha affrontato Nurdauletov e ha chiuso dopo tre conteggi al secondo round. E’ andata meglio a Meshack Mwankemwa (21-8-2), che ha retto tutti e sei i round previsti. Confermando la scarsa potenza del kazako. Grazie all’iniqua norma dell’AIBA, i due kazaki si sono qualificati alle selezioni asiatiche di marzo e saranno a Tokyo nel 2021, affrontando avversari con la sola esperienza da dilettanti. Nella palestra del promoter Erol Ceylan ad Amburgo in Germania, il gigantesco ucraino Victor Vykhryst (4) doppio europeo dilettanti (2017-2019) prosegue la marcia vincente. L’avversario, Yakup Saglam (43-7), turco di 43 anni, residente in Germania, ha resistito quattro round, quando una provvidenziale ferita a interrotto l’impari lotta. L’ucraino al momento è un massimo dalla struttura impressionante, ma all’abc della tecnica. Il giorno prima venerdì, grande spettacolo al Fantasy Springs Resort Casino di Indio in California, per la Golden Boy di Oscar De La Hoya. Il messicano Jaime Munguia (35), 24 anni, ex mondiale superwelter WBO, conquista l’Internazionale di sigla, battendo il mai domo Tureano Johnson (21-3-1), 36 anni delle Bahamas, pro dal 2010, residente in Oklahoma. Prima della resa di Johnson, per ferita al 6° tempo, Munguja per trovare il vantaggio, ha dovuto variare spesso la tattica, passando dal jab alle serie al corpo, contro un rivale che sembrava di granito, insensibile ai pugni. Ricordando che nel 2017, aveva impegnato allo spasimo il medio ucraino Georgy Derevyanchenko (13-3), e al momento del KO, al 12° round, due giudici lo vedevano in vantaggio. Ha impressionato il supermedio uzbeko Bektemir Melikuzie (6) 24 anni, mancino, argento ai mondiali 2015 e ai Giochi di Rio, bronzo iridato nel 2017, campione nazionale nel 2015 a 19 anni, oro mondiale youth 2014, pro dal 2019, residente a Indio (USA) sotto le cure di Vadim Kornilov, il manager russo che ha sotto contratto quasi tutti i migliori russi, kazaki e uzbeki. Al messicano Alan Campa (17-5), 28 anni, ha concesso tre round scarsi, lungo i quali l’ha costretto a due conteggi e nel terzo l’arbitro ha fermato il match, con Campo privo di difesa. L’altro messicano Elvin Soto (18-1), 23 anni, dopo dodici round tiratissimi e cattivi, mantiene il titolo minimosca WBO, battendo Carlos Buitrago (32-6-1), 28 anni, del Nicaragua, pro dal 2008 al quarto tentativo iridato. Nei welter, Rashidi Ellis (23) con 14 KO, 27 anni, pro dal 2013 ha costretto alla prima sconfitta il mancino californiano Alexis Roche (16-1) 10 KO, 23 anni, dopo 4 stagioni di imbattibilità. In palio l’International WBC Silver.
Nel prossimo week end, nonostante la pandemia, negli USA sono programmate ben 9 riunioni, fissate a Los Angeles (California), Bonita Springs (Florida), Davemport (Iowa), Arnold (Missouri), Filadelfia (Penn sylvania), Rock Hill (Sud Carolina), Chattanooga (Tennessee), Parkresburg (West Virginia) e Hollywood (Florida) dove è in programma il mondiale leggeri WBC tra il campione Devin Haney e lo sfidante Yurorkys Gamboa, oltre ai massimi Zhilei Zhang (21) e Filip Hergovic (11). Il primo è il cinese che ai Giochi di Pechino 2008 disputò la finale contro Roberto Cammarelle, finendo KO al quarto round. Pro dal 2013, dopo Londra 2012, dove perse nei quarti da Joshua. Risiede a Las Vegas e ha 37 anni. Difficile pensare a imprese clamorose. Il croato Hergovic di anni ne ha 28, ha vinto il bronzo a Rio, sconfitto in semifinale dal francese Yoka, poi oro. Campione d’Europa 2015, battuto nel 2013 ai mondiali di Almaty (Kaz) da Cammarelle nei quarti in modo netto. In hotel con alcuni connazionali, tenne un atteggiamento provocatorio nei confronti della squadra italiana, ritenendo ingiusta la sconfitta. Dopo Sauerland è passato con la Matchroom Boxing di Eddie Hearn.
Giuliano Orlando