Ufficialmente è stato sorteggiato come numero uno del tabellone ma l'Australian Open di Novak Djokovic resta in dubbio. Il tennista serbo, che guida la classifica ATP, è stato protagonista della vicenda della settimana. Nole ha vinto l'appello contro il decreto di espulsione dall'Australia per non aver rispettato le norme Covid-19 ma la partita non è ancora finita, dato che si attende la decisione del Ministro dell'Immigrazione dell'Australia, che può espellere Djokovic nel caso in cui riterrà di pubblico interesse la cancellazione del visto.
Ci sono tanti, troppi errori e falle in una vicenda che rischia di fare giurisprudenza. Tutto nasce circa un mese fa quando Novak Djokovic partecipa il 14 dicembre alla sfida di Eurolega (basket) tra Stella Rossa e Barcellona, con un pubblico gremito di tifosi, senza mascherina. Due giorni più tardi, Nole fa due tamponi in Serbia, uno molecolare che risulta poi positivo. Il numero 1 al mondo dichiarerà, in seguito, di aver scoperto la positività la sera del giorno seguente, il 17 dicembre, giorno in cui Novak prende parte ad un evento pubblico al Novak Tennis Center di Belgrado dove viene immortalato, dalle foto dei genitori dei giovani tennisti, ancora una volta senza mascherina. Il 18 dicembre, poi, Djokovic rilascia un'intervista all'Equipe, con tanto di set fotografico, dopo aver ottenuto il riconoscimento di Champion of the Champions 2021 pur sapendo di essere positivo. Solo qualche giorno fa, Djokovic ammette di aver commesso un errore con il giornalista: "Avevo preso quell'appuntamento da tanto tempo per un'intervista e un servizio fotografico. Mi sentivo in obbligo di procedere con l'intervista con il giornale francese perché non volevo deludere quei giornalisti e in quell'occasione mi sono assicurato di essere rimasto a debita distanza e ho indossato la mascherina, ad eccezione dei momenti nei quali sono state scattate le fotografie. Nel momento in cui sono tornato a casa dopo l'intervista, per procedere al mio isolamento, ho valutato di aver commesso un errore di giudizio: ammetto che avrei dovuto rimandare l'appuntamento", conferma Djokovic. Ma la sua difesa è piuttosto lacunosa e l'Australia, il tennis ma anche l'opinione pubblica, vogliono vederci chiaro.
Djokovic si è presentato in Australia, infatti, con un'esenzione medica - accettata da Tennis Australia - da non vaccinato per poter partecipare agli Australian Open, primo Slam del 2022 e torneo caro a Nole, capace di vincerne ben 9 in carriera. Il 4 gennaio, Novak arriva nel Paese ma il giorno seguente si verificano i primi intoppi: arriva all'aeroporto Tullamarine di Melbourne ma viene preso in consegna dalla Polizia di frontiera, salvo poi essere respinto, il 6 gennaio, dal Governo australiano, che gli nega il visto. Novak finisce nel Park Hotel di Melbourne, in una struttura per richiedenti d'asilo. Ci sono però parecchi punti interrogativi, specialmente sulle date dei tamponi: il giornale tedesco Der Spiegel getta nubi sull'autenticità dei test fatti dal tennista serbo, con discordanza di 10 giorni tra quanto dichiarato da Djokovic e l'effettiva controprova dei tamponi stessi. Tra le minacce del padre, che paragona Nole a Gesù che si immola per il popolo, e messaggi discordanti dall'Australia stessa, Djokovic resta in 'stand-by' da parecchi giorni ma, al momento, il suo nome figura nel main draw del torneo. Nella mattinata di venerdì, il Ministro dell'Immigrazione Alex Hawke ha revocato il visto di ingresso in Australia a Djokovic, che anche oggi si era allenato dopo aver cancellato la sessione alla Rod Laver Arena. "Motivi di salute e ordine pubblico", si legge nella nota del Governo. Novak è pronto a fare ricorso ma il tempo scorre. Lunedì iniziano gli Australian Open ma la vicenda Djokovic non è giunta ai titoli di coda e ciò che è accaduto finora lascia un amaro in bocca, se non sensazioni più forti, di rabbia, per come Djokovic e l'Australia intera l'abbiano gestita.