Del Piero è l’ultimo capitolo di una storia infinita. Bandiere ammainate. Rispetto zero. Vince il business, la voglia di mettere la faccia e di parlarne a prescindere. Senza rispettare i paletti. Senza rispettare circa vent’anni di storia. Stiamo parlando di Del Piero, non di pinco pallino. E non capisco la scelta da parte di Andrea Agnelli, presidente della Juve, di annunciare un addio scontato. Mi spiego: il contratto di Alex scade il 30 giugno 2012. Tutto il mondo sapeva che sarebbe stata l’ultima stagione con la maglia della Juve. Che al massimo Alex avrebbe continuato l’attività lontano da Torino, in attesa di un eventuale incarico da dirigente.
Ora, la domanda è: siccome erano cose scontate, banali, per quale motivo Agnelli ha approfittato dell’assemblea dei soci per parlare di una cosa certificata, come se volesse soltanto ribadirla con forza? Come se intendesse togliersi questo peso: perché se lo dici forte e chiaro, senza giri di parole, significa che non vedi l’ora di annunciarlo. E di toglierti un peso dalla tasca. Come se Alex fosse un ingombro. Della serie: annunciamo ufficialmente che sarà l’ultima stagione con la Juve, in modo da evitare qualsiasi equivoco o interpretazione diversa. Ma perché?
Io me la sarei giocata diversamente, agli antipodi rispetto alla scelta di Agnelli. Mi sarei soffermato sulle prospettive e sui nuovi investimenti. Avrei fatto un punto sulla meravigliosa idea di costruire uno stadio che funziona alla grande. E avrei sorvolato su Alex. Per poi parlarne in primavera, in compagnia di Alex, magari organizzando una bella conferenza, con tanto di premi, medaglie, riconoscimenti e inchini. Sarebbe stata la scelta più logica. Dicono: c’è qualcosa sotto. Anche se ci fosse qualcosa sotto, ma cosa?, stiamo parlando di del Piero. E probabilmente non è bastato il sofferto rinnovo di contratto della scorsa primavera, quando tutto era un problema.
Ormai siamo entrati in un’era di bandiere ammainate e in soffitta. Totti rinnova con la Roma fino al 2014 (con un futuro assicurato da dirigente), poi arrivano i nuovi dirigenti e lo spazzano via parlandogli attraverso i giornali. Tutto ricomposto? Certo, ma lo strappo c’è stato e i panni sono stati lavati in pubblico. Inzaghi è un ingombro per il Milan, al punto che non può entrare in lista Champions. E cosa dovremmo dire di Paolo Maldini – non una comparsa – che a precisa domanda “non dovevi avere un incarico all’interno del club”, risponde con un disarmante “se mi vogliono, sanno dove trovarmi”?
Sul ponte sventola una sola bandiera: quella del business.