Emma Raducanu, una storia incredibile

Pubblicato il 17 settembre 2021 alle 15:00
Categoria: Tennis
Autore: Matteo Pifferi

Sabato scorso, nella tarda serata italiana, si è scritta la storia recente del tennis femminile: Emma Raducanu, infatti, ha vinto gli US Open, uno dei quattro tornei più importanti dell'anno, partendo direttamente dalle qualificazioni senza lasciare un set ad ognuna delle avversarie affrontate. Un'impresa senza precedenti che rende speciale e meritevole di attenzione una tennista di 18 anni dal grande avvenire.
Emma Raducanu è una tennista nata il 13 novembre 2002 da mamma cinese e papà romeno a Toronto ma cresciuta fin dall'età di 2 anni a Londra, città nella quale risiede tuttora e che l'ha portata a scegliere la cittadinanza britannica. Emma inizia a giocare a tennis a 5 anni e se ne innamora subito, portando avanti in ogni caso gli studi. Tennisticamente parlando, il primo highlight della carriera arriva all'inizio del 2018 quando a poco più di 15 anni vince l'ITF Chandigarh Law Tennis in India, aggiungendo poi altri tornei di rilievo per il circuito junior come la vittoria di New Delhi. Ma è sempre nel 2018, a Wimbledon, che il suo nome inizia a circolare nel circuito: la giovane britannica riesce ad arrivare ai quarti di finale dello Slam juniores, replicando poi agli US Open nello stesso anno. A 16 anni è difficile avere una costanza di rendimento ma Emma dimostra di essere speciale così come lo è la vittoria al secondo turno a Wimbledon contro Leylah Fernandez, con la quale si contenderà poi gli US Open 'senior' tre anni più tardi. La giovane britannica, da predestinata qual è, brucia le tappe e nel 2019 alterna tornei juniores a qualche comparsata nel circuito maggiore: l'arrivo della pandemia, però, limita gli exploit della classe 2002 anche perché la britannica preferisce concentrarsi sugli studi, viste le difficoltà che il Covid-19 ha provocato al suo sport durante i primi mesi di pandemia, tra tornei cancellati e stop imposto da ATP e WTA.
Il 2021, però, è l'anno della svolta in tutti i sensi anche se il primo torneo disputato risale appena ad inizio giugno: al WTA di Nottingham, la 18enne perde al primo turno dalla connazionale Dart ma qualcosa inizia a mutare in Emma tanto che, nell'ITF sempre a Nottingham di due settimane più tardi, conquista le prime due vittorie stagionali contro Sanders e Babos, prima di arrendersi ad un ex top 20 come Pironkova. A Wimbledon, Raducanu entra in tabellone grazie ad un invito concessole dagli organizzatori. Una decisione convinta e convincente, una scelta prontamente ripagata da una tennista che sembra avere qualcosa di speciale in più delle altre. Al primo turno liquida con un perentorio 7-6, 6-0 la russa Diatchenko, replica al secondo turno contro la ceca Vondrousova (6-2, 6-4) e stacca il pass per gli ottavi di finale dopo aver sconfitto la romena Cirstea 6-3, 7-5 prima di arrendersi al quarto turno per ritiro dovuto a complicanze respiratorie contro l'australiana Tomljanovic - fidanzata di Matteo Berrettini - sotto comunque 6-4, 3-0 nel punteggio. La britannica, dopo un mese di stop, si prepara agli US Open con due tornei in America, perdendo subito al primo turno nel WTA di San José contro la cinese Zhang arrivando ai quarti dell'ITF di Landisville prima di ritirasi per affaticamento. Qualcosa cambia ad agosto quando Raducanu, sempre più convinta nel proprio gioco, compie un'azione non così comune a quest'età: si separa dal suo tecnico, Nigel Sears, optando per il ritorno di Andrew Richardson, che l'aveva allenata in tenera età. Una scelta forte, che denota carattere ma anche desiderio di certezze in un periodo tutt'altro che sicuro, dentro e fuori dal campo.
Agli US Open, Raducanu si presenta nelle qualificazioni e non lascia scampo alle tre avversarie, spazzate via quasi in nonchalance: Schoofs, Bolkvadze e Sherif si arrendono ed Emma stacca il pass per il main draw, giocando per la prima volta a Flushing Meadows. Per molte già essere tra le 128 tenniste ai nastri di partenza può rappresentare un traguardo, a maggior ragione se poco più di maggiorenne, ma quando il talento si somma ad una forza di volontà oltre la media, tutto può accadere. E così accade l'imponderabile: Raducanu batte, nell'ordine, Voegele, Zhang, Sorribes Tormo, Rogers, Bencic e Sakkari arrivando così in finale senza perdere nemmeno un set, tanto da scalare nel ranking virtuale oltre 100 posizioni ed entrare in top 30, scavalcando anche Johanna Konta e diventando la prima britannica in classifica. Emma arriva in finale a nemmeno 19 anni di età riscrivendo un record che durava da Maria Sharapova (2004) ma nessuna era riuscita, nell'era Open, ad arrivarci partendo dalle qualificazioni, iscrivendo il suo nome nell'albo delle più grandi: in finale, infatti, c'è Leylah Fernandez, di due mesi più grande e con cui aveva già giocato tre anni prima in un apparentemente innocuo secondo turno di un Wimbledon juniores come tanti altri. Raducanu vinse a Londra tre anni prima e anche a New York la settimana scorsa, diventando la prima tennista da Serena Williams (2014) a vincere gli US Open senza perdere un set ma anche la prima tennista in assoluto, nell'Era Open, a vincere un Major alla seconda apparizione. Raducanu è anche la terza teenager della storia ad aver vinto lo US Open senza concedere set, impresa centrata da Monica Seles (1992) e Martina Hingis (1997). Una storia incredibile che ha proiettato la giovane Emma - subito diventata popolare sui social con un seguito di 585mila follower su Twitter e di addirittura quasi 2 mln su Instagram - al centro della ribalta mondiale. Un coup de théâtre clamoroso per una tennista prodigio, destinata a scrivere il proprio nome nell'albo d'oro di tanti tornei. Se il buongiorno si vede dal mattino, la WTA ha trovato una nuova numero 1 anche se altre giovani predestinate - la stessa Fernandez è una 2002 mentre l'americana Gauff, numero 45 al mondo, è addirittura una 2004 - puntano a rubarle la scena. Con l'aspetto mentale che diventa fondamentale per distinguere un talento straordinario da un campione affermato. In attesa di altre storie avvolgenti e universalmente che rendono ancor più speciale uno degli sport più belli e al contempo crudeli che ci siano.