SARAJEVO. Gli europei schoolboy-girls (13-14 anni) approdano per la prima volta a Sarajevo, la capitale della Bosnia-Herzegovina, resasi indipendente dalla Jugoslavia nel 1992, entrata nell’ONU nello stesso anno. Appuntamento importante, considerata la valenza dell’evento che riguarda la fascia più giovane del pugilato dilettantistico. Torneo nato nel 2003 a Roma e proseguito per il solo settore maschile, fino al 2018, quando l’attuale presidente EUBC, Franco Falcinelli propose l’esordio delle “scolare”, che debuttarono in quell’anno ad Albena in Bulgaria. Mentre gli scolari sono arrivati alla 18° edizione, per le ragazze si è trattato della terza volta. Nella prima edizione in rosa, le azzurrine guidate da Valeria Calabrese e Gianfranco Rosi, centrarono un oro (Falconeri), un argento (Erbasecca) e 2 bronzi (Cataldo, Massone) impresa ritenuta impossibile alla vigilia, considerato che le russe in particolare, ma anche inglesi, irlandesi, ungheresi, ucraine e bulgare, salgono sul ring a 10 anni, contro i 12-13 delle nostre. Per capire la distanza, la Russia parte da una base di oltre 100.000 scolari e in questa edizione in Bosnia, le titolari, solo per vincere il torneo nazionale hanno disputato 5 incontri e nella media si sono presentate con oltre 50 match. Le nostre mediamente a quota 5 e alcune con meno, una addirittura con un solo match. Dopo Albena, nel 2019 la rassegna venne ospitata a Tbilisi in Georgia e la Russia non prese parte alla rassegna, per problemi di visti di alcuni atleti. Non collimavano le date di nascita con i libretti dei match! L’assenza del gigante russo, rese la rassegna più equilibrata e l’Italia centrò ben 3 ori (Sannino, Acconcia e Marra) e 3 bronzi (Broccio, Ferraris e Lambro), seconda nel medagliere femminile. A Sarajevo, in rappresentanza di 17 nazioni, si sono presentate 78 atlete per 13 categorie. Il ritorno della Russia e la consistenza dell’Ucraina ha trasformato la rassegna europea in un campionato russo-ucraino open, dove alle altre nazioni sono rimaste le briciole. Basta leggere il medagliere, con la Russia che conquista 8 ori e 4 argenti. Fuori dal podio solo nei 60 kg. per la sfida nei quarti tra la russa Korobova, battuta dall’ucraina Taran. Ucraina che segue la Russia con 4 ori, 4 argenti e 1 bronzo, a seguire l’acuto della Repubblica ceca, che sapeva di poter contare sulla Jlkova (51 kg), che dal 2020 domina i vari tornei e la Polednikova (54) altro talento, raccogliendo oro e bronzo. Quando il vertice assoluto, viene condiviso da tre sole nazioni, sulle 17 presenti, lo squilibrio è evidente. Le nove azzurre avevano come denominatore l’inesperienza e per alcune come la de Donato (42) e la Barca (51) era praticamente l’esordio a livello europeo. Aver vinto qualche match è stata impresa notevole. Non avendo nessun peso chi accompagnava la squadra. Ci sono riuscite l’emiliana Borghi (46) e la romana Muzzi (60), giunte al bronzo. Responsabili degli europei, il croato Marko Marovic, Delegato Tecnico e Dragoljub Radovic del Montenegro, direttore sportivo. Di fatto coloro che hanno gestito l’organizzazione, sorteggi compresi. Partendo dal fatto che non ci sono teste di serie, quindi è tutto affidato alla buona stella, appare strano che su tredici categorie, ben nove hanno designato Russia e Ucraina ad affrontarsi solo in finale, assicurandosi le medaglie più importanti. Solo in quattro occasioni si sono trovate di fronte prima e solo in una la Russia ha dovuto rinunciare alla finale. La Russia è arrivata in finale dodici volte e ha vinto otto ori, per l’Ucraina otto finali e quattro ori. Perché questa dissertazione? Semplice. Un conto è trovare le due più forti all’esordio, per cui se perdo esci subito, altro incrociarle quando sei in corsa e la vittoria può assicurarti almeno il bronzo. L’Italia esordisce nei 42 con la de Donato contro la russa Panechkina, argento, battuta dall’ucraina Makohonenko. Nei 48, la Maroungiu debutta contro l’ucraina Panasenko, battuta in finale dalla russa Borisenko; nei 46 la Borghi al secondo incontro trova l’ucraina Bezfamilna, già in semifinale come la russa Kazakova Nei 51 la Barca incrocia subito la ceca Jlkova, oro di categoria. Fosse stata sorteggiata contro una rivale meno quotata si garantiva il podio. Nei 60 kg. una delle rare volte che russe e ucraine entrano in rotta di collisione prima della finale e in questo caso l’ucraina Taran batte la russa Korobova che non sale sul podio. Stesso discorso nei 64 kg. questa volta subito scontro diretto e la russa Kazakova batte l’ucraina Davydova che finisce quarta. Ripetuto nei 70 kg. stavolta a favore della russa Plotsyna sull’ucraina Novikova fuori dal podio. Quattro volte su tredici, una percentuale decisamente scarsa, per credere che nelle altre nove occasioni le due potenze, casualmente finissero nei gironi diversi. Questo nelle scolare, il bello arriva con i maschi (16 categorie) dove la causalità ha messo russi e ucraini nei gironi diversi in ben dieci categorie su sedici, in altre cinque solo in semifinale e in un solo caso si sono affrontati all’esordio. La signora fortuna, sbirciava niente male nei sorteggi e non mi vengano a raccontare che non erano guidati. In questo modo questi europei, ma anche negli jr. si sta verificando lo stesso fenomeno. Inoltre, arbitri e in particolare i giudici - assente l’Europa occidentale - con presenza massiccia dell’ex URSS ed Europa Est (Bielorussia, Kosovo, Bosnia Herzegovina, Romania, Lituania, Moldovia, Russia, Armenia, Croazia, Ungheria e la sola Italia), hanno formato un cartello devastante che ha visto l’Italia subire verdetti incredibili, non tanto contro russi e ucraini, ma anche nei confronti di avversari meno quotati. Ho seguito l’evento in diretta televisiva e molte decisioni non le ho condivise. A parte la Francia che non ha mai preso parte alle competizioni giovanili, l’assenza di tutto il gruppo d’Oltre Manica (Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda) dell’Europa del Nord (Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca), oltre a Germania, Austria, Olanda, Azerbajan e addirittura la Georgia, deve pur significare qualcosa e dovrebbe far riflettere i vertici. Anche nei maschi il dominio russo è talmente schiacciante da scoraggiare la concorrenza e se ci aggiungi il sorteggio che favorisce sfacciatamente Russia e Ucraina, è normale che il torneo non cresca, semmai il contrario. Teniamo presente che in Europa ci sono 47 stati riconosciuti. Quando si iscrivono in 25 e arrivano all’oro tre nazioni, quale valore può avere il medagliere? Nel femminile la Russia, assente a Tbilisi nel 2019, quindi due presenze su tre, stacca il resto della compagnia con 14 ori, lasciando le ucraine e le inglesi a otto lunghezze, Irlanda e Italia a dieci, che hanno fatto bottino con la Russia assente. Il resto non esiste, salvo qualche eccezione come è stato per l’Armenia che ha lavorato a fondo nel settore giovanile, facendone crescere diversi, messisi in luce nei tornei di categoria, esplosi a Sarajevo con 2 ori, 3 argenti e 3 bronzi, ma una rondine non fa primavera, anche se può servire da esempio. Il settore maschile giunto alla 18° edizione, vede la Russia solitaria con 175 ori, 45 argenti e 28 bronzi, seguono Ucraina (33-62-79), Inghilterra (16-16-30), Irlanda (14-23-57), Turchia (8-22-63), Armenia (8-17-30), Azerbajan (8-11-26), Ungheria (4-9-29), Moldovia (4-5-23) e Georgia (4-5-16). Di queste dieci, quattro mancavano a Sarajevo. Il presidente EUBC, Franco Falcinelli è troppo esperto per non aver recepito il problema nel suo complesso.
Giuliano Orlando