Europei 1964
Paese ospitante: Spagna
Squadra Campione: Spagna
Capocannonieri della fase finale: 2 gol Pereda (Spagna), Bene e Novak (Ungheria).
La finalissima - Madrid, 21 giugno 1964
SPAGNA-URSS 2-1
RETI: 6' Pereda (S), 8' Schussanov (U), 84' Marcelino (S)
SPAGNA: Iribar, Rivilla, Olivella, Calleja, Zoco, Fusté, Amancio, Pereda, Marcelino, Suarez, Lapetra. All. Villalonga.
URSS: Jascin, Chustikov, Shesternev, Mudrik, Voronin, Anichkin, Cislenko, V. Ivanov, Ponedelnik, Korneev, Schussanov. All. Beskov.
ARBITRO: Holland (Inghilterra)
La Spagna fa festa a casa sua
A quattro anni dalla prima dimezzata edizione, gli Europei di Calcio tornano e la musica è cambiata: sono 29 formazioni le iscritte alla fase di qualificazione e tra le big l'unica a rinunciare nuovamente è la Germania Ovest. La formula invece resta invariata: eliminazione diretta con gare di andata e ritorno e “final four” con gare secche di semifinale e finale.
La vittima ilustre del primo turno è la Cecoslovacchia, semifinalista nell'edizione precedente, eliminata dall'esordiente Germania Est, mentre lo scontro di cartello è il derby della Manica fra inglesi e francesi, vinto dai transalpini con un netto 5-2 casalingo dopo l'1-1 dell'andata. Gli ottavi di finali sono fatali all'Italia, eliminata dall'Unione Sovietica e alla Jugoslavia, fatta fuori dalla Svezia. Nei quarti esce anche la Francia, così in semifinale si ritrovano Spagna, Unione Sovietica, Ungheria e la soprendente Danimarca.
Nella “final four” disputata in Spagna, i padroni di casa eliminano a fatica l'Ungheria, mentre i campioni in carica dell'Urss rifilano 3 reti ai danesi. L'atto finale, quindi, è proprio la sfida Spagna-Urss, il quarto di finale saltato nella edizione del 1960 a causa del rifiuto della Spagna franchista di affrontare l'Urss comunista. Non è un match che passa alla storia per la spettacolarità: dopo un botta e risposta nei primi minuti di gioco, la Spagna lo fa suo con una rete di Marcelino a 5 minuti dalla fine: gli 80 mila del Bernabeu, tra i quali il generali Franco possono esultare. Per la Spagna sarà l'unico alloro conquistato con la Nazionale maggiore fino all'Europeo del 2008.
E' una Spagna di lotta e di governo, quella che si aggiudica la fase finale dell'Europeo. Di lotta perché il ct Villalonga, sfidando l'opinione pubblica e gran parte dei commentatori, tiene fuori dalla selezione tutte le grandi stelle del mitico Real Madrid, da Di Stefano a Gento, puntando su una squadra da corsa, che fa del ritmo l'arma principale, nel rispetto di quel soprannome, le “Furie Rosse” che da sempre accompagna gli iberici. E' anche una Spagna di governo, perché dopo il rifiuto di affrontare l'Urss comunista nei quarti di finale dell'Europeo del 1960, nell'edizione successiva il regime di Franco cambia strategia e decide di “scommettere” sulla vittoria per sfruttarne l'eco a fini propagandistici.
Entrambe le mosse, quella di Franco e quella di Villalonga, si rivelano azzeccate. La Spagna è priva di grandi stelle, ma in campo non molla di un centimetro, neppure quando l'Ungheria, in semifinale, la mette sotto per buona parte del match. Salvate da una grande Iribar, che evita in più di un'occasione il vantaggio dei magiari, le Furie Rosse grazie a un gol nei supplementari approdano in finale contro l'Urss dove a fare la differenza è un “italiano”, quel Luisito Suarez già campione d'Europa e del mondo con l'Inter. Suarez con i suoi lanci lunghi per le frecce Amancio e Marcelino ilumina il gioco dei compagni trascinandoli alla vittoria: la stella di Spagna 1964 è lui.
La curiosità
La strategia del dittatore Francisco Franco di affrontare e provare a battere su un campo di calcio l'Urss comunista fu accompagnata da un atteggiamento ospitale nei confronti dei sovietici, il cui inno, prima della finale, fu addirittura tiepidamente appaludito dl pubblico del Bernabeu. L'edizione del 1964 registrò comunque un altro caso di boicottaggio politico: la Grecia, infatti, si rifiutò di affrontare nel doppio confronto del primo turno l'Albania, un Paese con il quale ufficialmente era ancora in guerra non essendo stato mai siglato un trattato di pace né un armistizo dal secondo conflitto mondiale.