No, non era questo l'epilogo sperato. Un popolo rosso raccoltosi sin dalla mattina che sognava di gioire ancora dopo un sabato da favola, e che invece si vede costretto ad ingoiare il boccone amarissimo di una monoposto d'argento davanti a tutte le altre.
Entusiasmo alle stelle già nel corso della parata dei piloti, con Seb e Kimi accolti come profeti in patria da un calore che forse non ha eguali nell'automobilismo. Entusiasmo che lascia spazio alla tensione mano a mano che i minuti passano e ci si avvicina alla gara, che si mette male: il boato che saluta le due rosse davanti si spegne subito alla Roggia, quando Seb si gira e scompare.
Da lì cominciano due gare in una per il pubblico, diviso tra la lotta al vertice con Raikkonen e la rimonta dal fondo di Vettel. Ma c'è aria di pessimismo, specie quando si capisce che Lewis si fermerà tardi per attaccare nel finale con Bottas a fare da tappo a Kimi: è un due contro uno che alla fine premia l'inglese, mentre sulle tribune tutti hanno già capito e stanno solo aspettando il colpo di grazia che arriva ad una decina di tornate dalla fine.
Pazienza, si dirà dopo la bandiera a scacchi, mentre le Mercedes si prendono la gloria in parata nel giro d'onore accompagnate da applausi e qualche fischio (e questo non va bene, così come non vanno bene i fischi a Lewis sul podio) e le Ferrari l'onore delle armi, applaudite e "scortate" emotivamente dal pubblico fino al rientro in corsia box. Poi è la solita, affollatissima invasione di pista, ma con un pizzico di amarezza. È andata così, sono le corse. Arrivederci Monza, all'anno prossimo.
Dal nostro inviato Matteo Novembrini