Rodriguez, un nome molto comune in Sud America. E molto comune anche in Messico. Ma se si parla di due Rodriguez in particolare, Ricardo e Pedro, la questione cambia. Non si è più nel popolano, no, si va nel mito. Almeno nell'ambito messicano delle quattro ruote.
Partiamo con ordine. In Sud America la F1 è già conosciuta sin dalla sua nascita, grazie ad un campione come Juan Manuel Fangio, argentino che trovò la fortuna in Europa con le corse laureandosi 5 volte campione del mondo, secondo di tutti i tempi dietro a Michael Schumacher. La fama di Fangio si fa sentire anche a casa e così nel '53 l'Argentina è pronta ad ospitare il suo primo Gp, il primo extra-europeo della storia se non si conta Indianapolis e la 500 Miglia. La passione per le quattro ruote avanza e si diffonde nel Sud America, ed arriva a toccare una famiglia messicana, i Rodriguez. Che hanno due fratelli, Pedro, classe '40, e Ricardo, classe '42, appassionati di corse, di qualsiasi tipo: corrono e vincono nel ciclismo, poi passano alle moto vincendo anche lì, infine il salto sulle quattro ruote. Entrambi molto bravi, si fanno presto notare, con il più grande dei due che, fattosi conoscere dall'importatore della Ferrari Luigi Chinetti, riesce a farsi iscrivere a Le Mans con una Ferrari 500. Ma è il più giovane dei due, Ricardo, a fare il salto decisivo: nel '61, ad appena 19 anni, Enzo Ferrari gli offre una macchina per partecipare al Gp d'Italia di quell'anno, cosa che rende il messicano il più giovane pilota ad aver mai corso in F1. Un record che verrà battuto solo nel 1980 da Mike Thackwell.
Essere il più giovane della storia a correre in F1, debuttando a Monza con una Ferrari: la sola partecipazione, per un giovanotto che viene dall'altra parte del mondo, potrebbe andare più che bene. Invece Ricardo ci sa fare, in qualifica sorprende tutti con il secondo tempo ed in gara se la gioca con Phil Hill e Richie Ginter, prima di ritirarsi per un guasto alla sua Ferrari 156, nel giorno della tragedia di Von Trips. Un segnale che basta per portare Enzo Ferrari ad offrire un contratto al giovane per la stagione successiva. Il Drake lo utilizza con parsimonia, temendo la giovane età ed il suo carattere (era comunque un latino...) , facendogli correre solo 4 Gp di quell'anno. Ricardo ripaga con un ottimo quarto posto in Belgio ed un sesto posto in Germania. Enzo Ferrari reputa il giovane messicano un futuro campione, ma non vuole correre in Messico, che nel frattempo è riuscito ad organizzare un Gp, anche se non valido per il campionato. Ricardo a casa sua vuole esserci, e così si accorda per correre con Rob Walker, che gli mette a disposizione una Lotus. Nel primo giorno di prove però si consuma una tragedia: nella bella e pericolosa “Peraltada”, Ricardo sbatte su un terrapieno (si ipotizza una rottura alla sospensione), la sua vettura prende fuoco e lui muore carbonizzato.
Un destino tremendo per una giovane promessa. Così a raccogliere il testimone ci pensa il fratello Pedro (che pensò di ritirarsi dopo la scomparsa di Ricardo), al quale il fratellino ha lasciato un anello come ricordo. Pedro, molto superstizioso, custodisce gelosamente quel regalo, e lo porta con sé in ogni trasferta, comprese quelle che gli permettono di arrivare in F1. Infatti, nel '63 tocca a lui correre in F1, con il debutto che arriva nel Gp degli Stati Uniti, seguito da quello del Messico, paese che nel frattempo è riuscito ad assicurarsi un Gp valido per il campionato. Pedro non è fortunato, si ritira due volte, ma ottiene successo nel campionato Marche, dove con la Ferrari si toglie le sue soddisfazioni. L'anno successivo partecipa ancora al Gp del Messico e questa volta finisce a punti, sesto. Corre ancora per un po' nelle gare di durata, fino al salto definitivo in F1, che avviene nel '67: scelta giusta, perchè con la Cooper in Sudafrica ottiene la prima vittoria in F1, un traguardo sognato ed inseguito per molto tempo. Negli anni seguenti, pur non lottando mai per il titolo, continuerà a togliersi altre soddisfazioni, salendo sul podio in qualche occasione e vincendo un altro Gp, quello del 1970 in Belgio. Ma anche per lui, il destino ha in serbo la morte: nel luglio del '71, durante la prova di Norimberga del campionato Interserie, il messicano trova la morte a bordo di una Ferrari 512M. La storia riporta che negli ultimi tempi Pedro era un po' nervoso: proprio nel '71 aveva smarrito in un aeroporto l'anello tanto caro a lui lasciatogli dal fratello, e questo, essendo lui molto superstizioso, per sua stessa ammissione con la stampa, lo fece sentire meno sicuro; aveva provato a farsi fare una copia uguale dell'anello, ma raccontò che non era la stessa cosa.
Questa la storia dei fratelli Rodriguez, i due ragazzi un po' matti appassionati di corse che spalancarono le porte della F1 al Messico. Il destino gli ha portati via troppo presto, ma oggi, leggere all'ingresso dell'autodromo “Hermanos Rodriguez” (fratelli Rodriguez, a cui è stato intitolato il circuito), ha il suo effetto, almeno per la “Scuderia Rodriguez”, la fondazione di famiglia che ha visto perdere due figli divenuti però immortali.