F1, Gp Singapore: il commento

Pubblicato il 22 settembre 2013 alle 17:11:29
Categoria: Formula 1
Autore: Redazione Datasport.it

In comune con Michael Schumacher non ha solo la nazionalità e la storia per certi versi simile, visto che ha cominciato sulla stessa pista dove aveva mosso i primi passi il Kaiser. In comune con il suo idolo Sebastian Vettel ha la stessa fame di vittoria e la stessa “tipologia” di vittoria. Non gli basta battere gli avversari. Li vuole annientare.
 
Imbarazzante il dominio di Vettel nella corsa di Singapore, una gara che è anche la resa da parte di Alonso e della Ferrari. Con queste prestazioni inutile continuare a crederci ed a lavorare su un progetto le cui soluzioni saranno poi difficilmente riproponibili su quello del 2014, anno di un cospicuo cambio regolamentare. Alonso e la Ferrari lasciano con una grande prova d’orgoglio questo mondiale, chiudendo al secondo posto una gara dalla quale si poteva raccogliere molto di meno, ma i 60 punti di vantaggio che Vettel ha nel mondiale sono ormai incolmabili. Mancano ancora sei gare, e non è tanto il margine che il tedesco ha in classifica a far paura (che comunque resta di un certo livello), quanto la facilità con cui vince ed il potenziale che lui e la sua vettura riescono a dimostrare, dando inoltre l’impressione (vera) di non essere mai al limite. Un’altra caratteristica che lo accomuna al grande Michael, che riusciva a vincere con margini di tempo in gara e di distacchi in classifica talmente ampi che pur riconoscendo che la sua era la macchina migliore, non si poteva non alzare il cappello di fronte ad un pilota che ci metteva molto del suo.

Troppo facile è parsa la vittoria di Vettel, che alla ripartenza dopo la safety car ha girato con un ritmo mostruoso raccogliendo in meno di quindici giri un vantaggio tale da permettergli di effettuare la sosta in tutta tranquillità e restare davanti, per poi aumentare nuovamente un distacco che alla fine è stato di oltre mezzo minuto su Alonso.
Vincere, anzi dominare, non raggiungere mai neanche il limite e magari fare anche finta che la vittoria non è stata “facile come sembra”. E non sbilanciarsi troppo sui pronostici mondiali, anche se tutti, tranne lui e la sua squadra (che tra l’altro vede fermarsi una macchina, ma non quella del numero uno, bensì quella dello “sfortunato compagno”: toh, un’altra “coincidenza“), ammettono che ormai i giochi sono fatti. Vi ricorda qualcuno?