Nessuno potrà mai dimenticare le immagini, crude e tristi, che quella mattina del 18 luglio del 1995 arrivarono dal Tour de France. Un corridore, esanime a terra, in una pozza di sangue sul tratto in ripida discesa del Colle di Portet d’Aspet: Fabio Casartelli.
Quel giorno si scrisse una delle pagine più buie dello sport, quello italiano in particolare, perché si interruppe brutalmente la storia di un ragazzo che stava coltivando da qualche anno la sua infnita passione per il ciclismo.
Era martedì, 17 luglio, appunto, e la quindicesima tappa della “Grand Boucle” era iniziata da pochi chilometri. Era uno di quei giorni che i protagonisti del Tour avevano ben chiaro: sali e scendi continuo su alcuni dei più temuti passi pirenaici. I corridori avevano da poco superato il passo del Colle di Portet d’Aspet, iniziando la ripida discesa verso Ger de Boutx. Velocità sostenute, ben superiori ai settanta chilometri orari. All’improvviso qualcuno sbanda. Dante Rezze perde il controllo della bici e finisce lungo una scarpata. Sarà recuperato malconcio e dolorante qualche minuto dopo. Breukink, Museeux e Perini cadono ma in breve recuperano la bici e riprendono la corsa. Baldinger invece resta a terra e, poco più indietro, Fabio Casartelli è lì, immobile. Cadendo ha battuto la testa contro il paracarro e le sue condizioni appaiono subito molto gravi. Il medico del Tour, il dottor Porte, arriva in pochi minuti: Fabio ha perso conoscenza ma il cuore batte. L’elicottero del servizio medico lo trasporta con urgenza all’ospedale di Tarbes. E’ mezzogiorno ed un quarto quando il bravo atleta italiano raggiunge il Pronto Soccorso. In elicottero per tre volte gli viene praticato il massaggio cardiaco per tenerlo in vita. Viene sottoposto alla rianimazione cardio respiratorio per quasi due ore, ma dalle radiografie si capisce che la situazione è drammatica: fratture multiple e schiacciamento dell’osso parietale. Ogni tentativo si rivela purtroppo inutile: il comasco viene dichiarato morto alle ore 14, gettando nello sconforto tutto il mondo dello sport, italiano e non.
Il giorno successivo, i corridori del Tour de France, dopo aver osservato un minuto di silenzio alla partenza, arrivarono a bassa andatura. A pochi metri dall’arrivo i corridori della Motorola restarono davanti al gruppo e passarono, tutti uniti, sotto lo striscione d’arrivo. Lance Armstrong, visibilmente commosso, due giorni dopo passando da vincitore sotto lo striscione d’arrivo alzò le braccia al cielo e dedicò il successo al compagno di squadra.
Avrebbe compiuto venticinque anni di lì a poco, Fabio Casartelli, nato a Como il 16 agosto del 1970. Da due mesi era diventato anche papà del piccolo Marco, messo alla luce il 13 maggio dall’amata Annalisa. Una tragedia che ancora oggi provoca emozioni e cordoglio a chi ricorda quelle immagini. O la voce spezzata dall’emozione di Adriano De Zan e Vittorio Adorni che dai teleschermi della Rai confermarono la tristissima notizia: «Sono quelle notizie che ti mettono in grossa e tragica crisi in quanto che la cronaca continua… Sapevamo, ma aspettavamo a darla per essere sicuri, sperando che non fosse vero...».
Ben diverso era stato il tono della voce dello stesso Adriano De Zan quando, il 2 agosto del 1992, aveva seguito con trepidazione ed enfasi l’esaltante prova di Casartelli che, nella prova in linea valida per i Giochi Olimpici di Barcellona, promosse la fuga decisiva con il lituano Dainis Ozols. I due furono poi raggiunti dall’olandese Erik Dekker. Sul rettilineo d’arrivo, Fabio partì ai 300 metri, protagonista di uno spunto irresistibile che lo consegnò alla gloria: medaglia d’oro olimpica e futuro tutto da scrivere.
In bicicletta praticamente da sempre, Casartelli divenne professionista l’anno successivo: nel 1993 lo chiamò la Ariostea di Giancarlo Ferretti. Talento innato quello che giovane comasco che vinse una tappa della Settimana Ciclistica Bergamasca e anche la classifica finale del Gran Premio Lotteria al Giro d’Italia. Si accorge di lui la Motorola del grande Lance Armstrong che lo mette sotto contratto nel 1995. Il ricordo di Fabio Casartelli è però rimasto indelebile. Sul luogo del tragico incidente è stata eretta una stele: ogni qualvolta il Tour passa dal Colle di Portet D’Aspet i corridori si fermano in raccoglimento. A Forlì, dove sono nati la moglie e il figlio, la pista ciclabile è dedicata a Fabio Casartelli. A suo nome è stata anche istituita una Fondazione che ogni anno organizza una delle Mediofondo più partecipate del calendario che si corre ad Albese con Cassano, comune che diede le origini allo sfortunato ed indimenticato campione dello sport italiano.