Tre anni senza Jules Bianchi. Il 17 luglio 2015 si spegneva definitivamente lo sfortunato pilota dell'accademia Ferrari, dopo nove mesi a lottare tra la vita e la morte in seguito al terribile incidente di Suzuka nell'ottobre precedente.
Pochi giorni fa Bianchi è stato ricordato dall'amico Jean-Eric Vergne, che gli ha dedicato il titolo di Formula E vinto lo scorso fine settimana. Un ricordo ancora vivo quello di Jules, andatosene nel corso della sua seconda stagione in F1 a bordo della Marussia, il piccolo team al quale il francese aveva regalato la grande gioia dei primi punti con una gara superba a Montecarlo. Bianchi era in procinto di passare in Sauber, per una fase di transizione prima del suo passaggio in Ferrari: il Cavallino puntava molto sul ragazzo francese che era considerato, non solo a Maranello, un fenomeno del volante. Purtroppo per lui, il futuro in rosso non è mai arrivato.
L'incidente del pilota di Nizza, sua città natale dove gli è stata dedicata anche una via, aveva riportato al centro delle discussioni la sicurezza in F1, in particolare per quanto riguarda la testa dei piloti, pericolosamente esposta nelle monoposto. Da lì dunque si sono intensificati gli studi che hanno portato all'Halo, il dispositivo che ha debuttato quest'anno in Formula 1 dopo svariate prove e comparazioni con altri sistemi, come lo Shield e l'Aeroscreen, poi bocciati proprio a favore dell'Halo.
Sebbene la morte di Bianchi non sia avvenuta direttamente in pista, la sua scomparsa in seguito ad un incidente in una gara di F1 è stato il primo mortale dai tempi di Ayrton Senna, a poco più di 20 anni dal botto che si portò via il brasiliano. Quel 5 ottobre 2014, giorno del triste Gran Premio del Giappone a Suzuka, ricordò a tutti la pericolosità delle corse, dopo due decenni in cui lo spettro di incidenti fatali sembrava essersi allontanato dalla Formula 1.