Lo scudetto numero 18 ha la firma indelebile di Massimiliano Allegri. Il trasformista del Milan, l’allenatore che ha stupito dal punto di vista tattico, l’uomo che ha messo d’accordo tutti nello spogliatoio: mai una parola fuori posto, l’esatto contrario rispetto alla brevissima parentesi firmata da Leonardo.
Eppure, già dopo qualche giornata di campionato qualcuno aveva fatto il riepilogo, nel senso che aveva incolpato Allegri di non aver messo il timbro. “Non si vede la sua mano nel Milan”, la sentenza definitiva dopo un paio di settimane di serie A. Come se Allegri non avesse avuto bisogno di tempo per incidere. Ma la risposta Max l’ha data, con gli interessi. Ha scoperto Abate esterno difensivo, ha blindato la difesa, non ha fatto sconti ai senatori, ha lanciato Boateng un po’ trequartista e un po’ mediano, ha scelto in base alle convinzioni e ai rapporti settimanali. Un grande timbro, non ci sono dubbi.
E adesso si presenta alla cassa dopo una gavetta breve ma significativa: Spal, Sassuolo, il salto a Cagliari. Un nuovo modo di fare calcio: schemi offensivi ma con grande attenzione alla fase difensiva. Insomma, il classico allenatore completo. Se ha vinto lo scudetto al primo anno di Milan, un motivo ci sarà. Se è rimasto in testa in pratica fin dalla prima giornata, evidentemente aveva le idee chiare. Il timbro di Allegri sullo scudetto numero 18 del Milan: adesso se ne sarà accorto anche chi – già a metà settembre – aveva tirato le somme, non sapendo di rischiare una figuraccia.