Il torneo olimpico di pugilato si avvicina alle prime due assegnazioni di medaglie d’oro. Che avverranno martedì 3 agosto alla Kokugikan Arena, per i 57 kg. femminili e i 69 maschili. L’Italia ha perduto due delle quattro atlete in gara. Angela Carini nei welter e Giordana Sorrentino nei mosca. Sulla sconfitta di Angela ci sarebbe da discutere, anche se non parlo di scandalo. Di certo diversi giudici sono molto severi con le italiane. La Carini contro la Cheng, ha mostrato una boxe migliore, ma non è bastato. Almeno per l’algerino che ha segnato un 30-27 decisamente sconcertante, mentre il marocchino ha visto l’ultimo e decisivo round per la Cheng e il colombiano dopo aver dato i primi due round all’asiatica, solo al terzo round ha scelto la Carini, pur sapendo che era ininfluente. L’azzurra è stata sicuramente più attiva, ha cercato lo scambio, trovando una rivale abilissima a colpire sul filo della regolarità e facendo leva sulla forza atletica e sull’esperienza. La Chen nel 2016, a 19 anni ottenne il bronzo ai mondiali di Astana in Kazakistan nei 75 kg. fermata dalla Shields (Usa) e l’anno dopo in India, scesa di categoria vinse l’oro, battendo in finale la cinese Chn Gu, veterana del 1988, che ripeté l’argento del 2016, battuta dalla kazaka Khalzova, una meteora. Gli incroci tra Cina e Taipei sono ricorrenti da parecchi anni. La cinese Li Qian (75 kg.) in lizza per il podio ai Giochi, 31 anni e un carnet che parte dal 2014, argento nei medi e prosegue fino a Tokyo. Tornando al torneo, alla base di queste considerazioni c’è la grave colpa della Talk Force, che ha compilato un ranking folle, rivoluzionando i valori reali. Faccio un esempio sempre nei 69 kg. Mentre si scontravano atlete di valore, trovi la sfida tra la kenyana Akinyi e la mozambicana Panguana che accede ai quarti con un solo match! Che poi qualche giudice ci metta del suo, per non favorirci sembra quasi una consuetudine. Fuori anche Giordana Sorrentino nei 51, battuta dalla cinese di Taipei, Huang Hsiao-Wen,24 anni, che la sovrastava di oltre 20 cm. Lo stesso risultato ottenuto nel 2019 ai mondiali di Ulan Ute in Russia, nell’occasione a 54 kg. Le sue smisurate leve facilitano il compito per tenere a distanza le rivali. Situazione riuscita perfettamente nelle due riprese conclusive contro la romanina. Sconfitta giusta, ma perché negare all’azzurra il primo round vinto chiaramente. Perché polacco, ugandese e srilankese hanno premiato l’asiatica che non lo meritava, riconosciuta solo dallo statunitense e dal mongolo?
Sabato notte tocca a Irma Testa migliorare il colore e il valore della medaglia olimpica. A parte la storica impresa di aver conquistata il podio, fallito a Rio per inesperienza, un traguardo importantissimo, La capitana azzurra tenta di salire ancora più in alto, nonostante sia al quarto match e a dispetto di un sorteggio che l’ha vista debuttare contro la russa Vorontsova vice campionessa iridata, proseguire con l’irlandese Walsh testa di serie n. 4, quindi il terzo match con la canadese Veyre dominata in lungo e largo. Sabato notte italiana, le tocca la filippina Nesthy campionessa del mondo. Chi è questa asiatica? La peggiore avversaria, per le caratteristiche atletiche più che tecniche. Brevilinea dalla forza incedibile, attacca senza soluzione di continuità portando colpi al limite delle regole, Sbraccia e spinge e ha sette polmoni. Il vero problema è che gli arbitri la lasciano fare. Quando a Ula Ute (Russia) vinse il mondiale, scrissi che quel successo non faceva onore al pugilato come arte. Tatticamente potrebbe essere l’avversaria ideale per una contrista come l’italiano, che ha il pregio di sapersi spostare lateralmente, mandando a vuoto l’avversaria. Ma quante riserve ha ancora la nostra splendida torrese? Il problema per Irma è che quando la filippina ti aggancia, comincia a picchiare senza badare al sottile. Trasformando la sfida in una rissa da strada. Alla preolimpica asiatica, la giapponese Irie, seppe batterla evitando la corta distanza, aiutata dall’arbitro che interveniva appena la Petecio usciva dai binari del regolamento. Se sarà così anche a Tokyo, le speranze per Irma sono parecchie. Diversamente si farebbe dura. Sull’altro fronte troviamo l’inglese Artingall, argento europeo a Madrid, battuta in finale da Irma Testa e la giapponese Irie, classe 2000, molto forte e offensiva. Nel 2019 ai mondiali in Russia, venne battuta nei quarti dalla Petecio, ma un anno dopo alle qualificazioni di Amman in Giordania, si prese una chiara rivincita. Sempre ad Ulan Ute, in semifinale la stessa Petecio ottenne il successo a spese dell’inglese Artingstall con un verdetto molto contestato.
Domani, attorno alle 4 del mattino, nei 60 kg. Rebecca Nicoli trova in rotta di collisione Kellie Harrington, la favorita dei Giochi, mancina irlandese di 31 anni. Argento iridato nel 2016 nei leggeri, oro nel 2018 a 57 kg. a dispetto dei pronostici che indicavano la Potkonen e la russa Beliakova, le favorite. La mancina fece saltare il banco e proseguì ai vertici. Nel suo carnet le manca la cintura europea, fallita nel 2018 a Sofia, battuta in semifinale dalla Potkonen. Intanto ha dominato le qualificazioni a Parigi, battendo in finale la Dubois, cioccolatina inglese che sembrava inarrestabile. Se proseguirà il cammino potrebbe ritrovarla in semifinale. Tecnicamente la Harrington è completa, brava in attacco e di rimessa, cambia spesso guardia, anche se nasce mancina. Questa l’avversaria dell’azzurra, che parte nettamente sfavorita, anche e soprattutto, per una preparazione incompleta, ferma per mesi per infortuni vari. Nessuna illusione, ma la certezza che la milanese, libera da ogni impellenza, disputerà un buon match e sarà orgogliosa della sua prova. L’azzurra ha 21 anni, dieci meno dell’avversaria e Parigi arriva nel 2024, quando sarà al top del rendimento. I complimenti per Rebecca partono dal momento che ha compiuto l’impresa di qualificarsi per i Giochi.
Giuliano Orlando