Tre partite amichevoli (una vittoria, un pareggio e una sconfitta), tanto entusiasmo e diverse novità. Il nuovo corso di Roberto Mancini è partito neanche da un mese ma la sua linea è già chiara: "Siamo obbligati a qualificarci per l'Europeo ma io gioco sempre per vincere e confesso che l'idea del Mondiale, che da giocatore non ha mai avuto l'occasione di disputare, è già un sogno nella mia testa".
La sua passata esperienza da giocatore della Nazionale non è stata infatti indimenticabile: "Bearzot non mi chiamò nel 1986 perché non chiesi scusa per una notte brava a Manhattan, Sacchi mi lasciò fuori nel 1994 perché non tornai sulla decisione di autoescludermi, nel 1990 Vicini mi convocò ma senza mai schierarmi. Risultato: non ho giocato un minuto di un Mondiale e la trovo un’assurdità, ma in buona parte è stata colpa mia".
Il futuro invece riserva un faticoso percorso per ricostruire un ciclo vincente, che ha toccato il fondo dopo lo storico fallimento contro la Svezia, e che sarà ancora più difficile dopo l'addio dei tanti senatori: "Considerato che la Nazionale è destinata a perdere, subito o nel giro di un paio d'anni, lo zoccolo duro che ci ha tenuto a galla fino al flop nello spareggio mondiale, ho bisogno di nuovi leader. Balotelli ha l'età e la credibilità tecnica per farlo, e per fortuna non è l'unico".
Al centro del suo progetto infatti ci sarà sicuramente spazio per il centravanti che ha lanciato nel calcio dei grandi all'epoca dell'Inter: "Provo affetto per lui, è ovvio, ma il suo ritorno in azzurro ha motivazioni esclusivamente calcistiche, Mario ha soltanto 28 anni, e quindi fa ancora in tempo a prendersi tutte le soddisfazioni che desidera perché al suo background fisico e tecnico ha aggiunto l’esperienza. Insomma, è cresciuto in tutti i sensi".
Tra i giocatori su cui pensa di costruire la riscossa c’è Federico Chiesa, figlio di quell’Enrico che all’epoca, facendo alzare il sopracciglio a colleghi come Vialli e Montella, definì il migliore dei suoi partner: "Ogni tanto mi fermo a osservarlo, perché con lui viaggio nel tempo. Federico è identico a Enrico, le stesse finte, la stessa accelerazione, un tiro molto simile. Quest’anno ha segnato poco in relazione alle potenzialità, ma è il classico talento che può esplodere in qualsiasi momento anche dal punto di vista realizzativo".