Alla Diriyah Arena la struttura nell’ex capitale dell’Arabia Saudita, il gigante inglese Anthony Joshua (23-1) si è ripreso il cospicuo capitale di titoli iridati (WBA, WBO, IBF e IBO) che aveva lasciato nei guantoni del messicano Andy Ruiz (33-1) lo scorso primo giugno, sul ring di New York. La serata organizzata dalla Matchroom di Eddie Hearn, che gestisce Anthony Joshua e la regia del principe ereditario Mohamed bin Salman, delegato dal padre a sviluppare varie attività sportive di vertice, per dare al Paese un’immagine più democratica che in passato, è pienamente riuscita.
Tutti occupati i 15.000 posti, più di 5000 riservati ai tifosi inglesi, che hanno sostenuto il loro beniamino dal primo all’ultimo round, fiduciosi che Joshua tornasse campione. Impresa riuscita, confermando l’orientamento degli scommettitori, nettamente favorevoli allo sfidante. L’inglese ha disputato un combattimento tatticamente perfetto, l’unico che poteva riportarlo al vertice. Niente battaglia furiosa, cercando il KO, ma con molta umiltà l’uso del sinistro senza soluzione di continuità, movimento di gambe che mettevano il messicano fuori misura, l’uso del destro a ragion veduta e mai accettata la corta distanza, legando quando Ruiz era troppo vicino. I suoi preparatori, visto l’andamento della prima sfida, hanno fatto tesoro degli errori, convincendo Joshua a usare quelle armi dimenticate a New York. Non deve essere stato facile per Joshua, mettere da parte l’orgoglio di umiliare Ortiz battendolo di forza, col rischio nel contempo di rifinire a sua volta al tappeto. Ortiz, pur con una struttura fisica non certo adonica è un massimo veloce e mobile, che diventa pericoloso quando è vicino al rivale. Joshua lungo i 12 round, non glielo ha mai permesso. Ha disputato tutte le riprese uguali: jab a ripetizione, mai fermo e quando era opportuno anche destri pesanti. Ruiz ha tentato in ogni modo di accorciare la distanza ma ogni volta trovava un sinistro maledettamente preciso, che lo fermava. In tutto il match ha potuto sentire l’avversario vicino solo nell’ottavo e nono round, per il resto ha inseguito un fantasma. Nell’ultima ripresa ha invitato Joshua a fare a botte. Come risposta ha ricevuto un sorriso. A questo punto la situazione torna come prima della serata di New York. Ora Eddie Hearn gestisce il patrimonio più ricco nel mondo dei massimi, mentre il clan di Ruiz, che ha lasciato la Top Rank per Al Haymon, torna a casa senza titoli, ma con un bottino di dollari non indifferente. Si calcola che le due sfide abbiamo portato a casa Ruiz non meno di 50 milioni, 40 dei quali nelle casse dell’ex campione. Tra l’altro, al termine del confronto, Ruiz ha chiesto pubblicamente la disputa della bella. Richiesta più che legittima, ma poco appetibile per Hearn, visto l’esito della rivincita. Ruiz era una tigre di carta? Non esageriamo, semmai una meteora, approfittando di una situazione negativa da parte di Joshua, forse troppo sicuro di vincere. Ruiz è un buon massimo, non un super. Come pregi e difetti ha Joshua, una statua bronzea, sensibile ai colpi e fragile sul piano psicologico. Stavolta ha superato gli ostacoli con intelligenza e modestia, consapevole che sarebbe stato folle insistere sull’orgoglio del leone ferito. Fare paragoni con i grandi del passato sarebbe ingeneroso. I vari Louis, Marciano, Frazier, Foreman e Alì, compreso il miglior Tyson, fanno parte di un altro pianeta. Al momento potrebbe indicarsi come il migliore degli ultimi anni, anche se Wilder giustamente potrebbe non essere d’accordo e neppure Tyson Fury.
Quasi sicuramente Joshua non tornerà a combattere prima della prossima primavera e in Inghilterra, anche se non è da escludere un bis in Arabia Saudita. Sul ring saudita si sono disputati altri incontri interessanti. La sfida tra lo stagionato russo (40 anni) ed ex campione Alex Povetkin (35-2-1) e Michael Hunter (Usa 18-1-1)) si è conclusa in parità, dopo dieci round a corrente alternata. Al più giovane americano, per i giudici, non è bastato il finale all’attacco. Il pari rimanda la qualifica a sfidante WBA di Joshua. Sbrigativo il gigante croato Filip Hrgovic (10) contro Eric Molina (USA 27-6) 37 anni, finito KOT alla terza ripresa. Vince anche l’altro inglese Dillian Whyte (27-1) sul polacco Mariusz Wach (35-6), dieci round poverissimi di idee e senza ritmo. Se Whyte è lo sfidante di Wilder, il campione può dormire sonni tranquilli. Vittoria rapida per il massimo azero Mahammadrasul Majidov (2) su Tom Little (Ing. 10-8) KOT dopo meno di due riprese. Altri risultati in Arabia Saudita: Supermedi: Diego Pacheco (USA 8) 18 anni, alto 1,93 batte Selemani Saidi (Tanzania 20-16-5) KO. Supergallo: Ivan Price (Ing. 2) 19 anni, batte Swedi Mohamedi (Tanzania 12-7-2) KOT 3.
A New York, Jermall Charlo (29), 29 anni, il più bravo dei gemelli texani, dopo essere stato campione IBF dei superwelter dal 2015 al 2018, ha conquistato la cintura WBC medi il 29 giugno scorso a Houston, battendo Brandon Adams (USA 21-3) e l’ha difesa con successo sabato, costringendo Dennis Hogan (28-3-1) irlandese di 34 anni, residente da tempo in Australia, pugile di grande temperamento, mai sconfitto prima del limite, a subire il primo KO in carriera. Charlo ha dominato lo sfidante fin dall’inizio, facendolo contare al quarto tempo, costringendo l’arbitro a chiudere il match, nel settimo, ormai troppo impari. Da ricordare che la DAZN vedrebbe di buon occhio il confronto di Charlo con Canelo Alvarez, che rifiuta la terza sfida con Golovkin. Il risultato di New York, dovrebbe avvicinare il texano al messicano. E non sarà una passeggiata per Alvarez. L’attesa sfida nei medi di Chris Eubank jr. (Ing. 29-2) figlio d’arte, inferiore al padre, ma con buone qualità e altrettanta spocchia, col russo Matved Korobov (28-3-1), 36 anni, è finita praticamente prima di iniziare. Dopo un primo round a favore del russo, che ha saputo anticipare l’inglese, a metà del secondo tempo, Korobov si infortunava alla spalla destra e doveva rinunciare a proseguire il match. Così Eubank conquista l’interim WBA senza alcun merito. Al Boxing Acamedy di Ekaterinburg,in Russia, il cruiser Alexey Egorov (10), antico vincitore di Clemente Russo nel 2016 tra i dilettanti, ha regolato l’ucraino Sergej Radchenko (7-5), ultimo test prima di affrontare il franco-armeno Arsen Goulamiriam (25), titolare WBA. Egorov ha spedito al tappeto Radchenko al primo tempo, poi ha gestito il confronto al meglio, mentre l’ucraino dimostrava una stoica resistenza, sopportando colpi pesanti. Il miliardario russo Andrey Ryabinsky si è detto pronto ad allestire la sfida iridata col francese.
Anche se priva di titoli in palio, la sfida svoltasi al Bell Center di Montreal in Canada, tra l’ex iridato IBF, il locale David Lemieux (41-4) e Maksym Bursak (Rus. 35-6-2) va annoverata come la più violenta del week end. Lemieux è finito al tappeto nel primo e nel quinto, mentre il russo ha subito lo stesso trattamento alla sesta tornata. Ritmo infernale per tutto l’incontro e fasi alterne. Vittoria per Lemieux. L’altro russo sul ring, il massimo Arslanbek Makhmudov (10) che ricordo avversario di Guido Vianello nelle World Series, ha messo KO al primo round, Samuel Peter (38-9), nigeriano di 39 anni, antico campione WBC nel 2008. Chissà che le loro strade non tornino ad incrociarsi?
Giuliano Orlando