La sfida delle sfide: prendere in corsa una squadra in grossa difficoltà e cercare di condurla verso una salvezza ai limiti del miracoloso. Aimo Diana, ex giocatore di serie A con trascorsi un po’ ovunque (ad esempio Brescia, Sampdoria, Verona, Palermo, Parma, Torino, senza dimenticare la Nazionale), ci sta riuscendo con il piccolo Melfi “anche se non abbiamo fatto ancora niente” puntualizza subito. Ma i numeri gli danno ragione: nelle ultime quattro partite, contro avversarie toste come Catania, Catanzaro, Virtus Francavilla e Akragas, il team gialloverde ha infilato tre vittorie ed un pareggio, tra l’altro senza incassare alcun gol. E gran parte dei meriti sono suoi, salito in sella lo scorso 20 febbraio: ne parla in esclusiva a Datasport, mostrandosi gentile e loquace.
- Sei arrivato dopo dieci ko di fila e nel tuo match di esordio, contro la Paganese è arrivato un pesantissimo 0-4. Poi che è successo?
“Sarò sincero, prima di accettare l’incarico mi ero informato bene: la squadra aveva dei valori non espressi e faticava dal punto di vista mentale. Del resto, quando perdi dieci partite di fila il problema non può essere solo tecnico: la gara con la Paganese non conta per una serie di motivi, e poi quella gara si è disputata sotto un nubifragio, dopodiché ho cercato di lavorare sulla testa dei ragazzi e di stimolare la loro voglia di reagire. Ho spiegato loro che l’unica soluzione per provare a uscirne era quella di essere sbarazzini, pur con la consapevolezza di poter perdere ancora: ma ho detto <piuttosto perdiamo 6-4>. Chiaramente non c’è ancora un vero equilibrio, sarà interessante capirne di più nelle prossime partite: non potremo vincerle tutte, già a Reggio Calabria sarà dura e se andremo sotto sarò curioso di vedere come reagiremo”.
- Zero gol presi in quattro partite, un dato statistico impressionante.
“Il successo di Catania, in una gara in cui abbiamo subìto poco, è stato molto importante: poi ovviamente ci sono stati dei cambiamenti a livello tattico, ora si lavora meglio con gli altri reparti e c’è maggiore fiducia. Peccato non essere arrivato prima a Melfi, avrei avuto a disposizione più gare: invece siamo ancora nella bagarre e con un risultato negativo potremmo vanificare tutto”.
- Ci si domanda: come mai hai accettato la proposta del Melfi? Com’è nato il tuo legame con i colori gialloverdi?
“Prima di tutto Melfi è un’opportunità di lavoro: confesso di aver avuto in precedenza altri due-tre abboccamenti, a febbraio ho parlato con altri presidenti, del resto in Lega Pro saltano 50 allenatori all’anno per cui l’opportunità ti arriva prima o poi. Eravamo a febbraio e dovevo decidermi ad entrare per non perdere l’anno: quando il Melfi mi ha contattato non ho guardato la classifica, ma solo a quel che sentivo. E poi conoscevo già diversi giocatori, mi sembrava impossibile che i risultati fossero cosi negativi. Ora pensiamo al match con la Reggina, proveremo a vincere e poi penseremo al turno infrasettimanale: li capirò veramente se ho dato qualcosa a questa squadra”.
- Reggina, dove hai giocato nel 2003 con Luigi De Canio allenatore: tra l’altro, nello spareggio salvezza contro l’Atalanta, hai servito a Bonazzoli l’assist decisivo.
“Lo dico sempre, per me tornare a Reggio è sempre una grande emozione: quella è stata una tappa fondamentale per la mia carriera, era la mia prima volta al Sud e mi sono trovato in un ambiente incredibile, con 23.000 abbonati. Poi ci siamo salvati, emozioni indimenticabili: non posso fare altro che ringraziare ancora una volta la città e l’ambiente per quella opportunità, che mi ha dato modo di andare poi alla Sampdoria e in Nazionale.
- Già, la Sampdoria: ricordi il tuo gol al Delle Alpi contro la Juventus, a Buffon?
“Certo: se riguardi il video di quella rete ti accorgi che ho fatto fatica ad esultare, io sono juventino. Che stupido, un gol contro di loro dovrebbe darti una gioia incredibile…ancora oggi mio figlio mi chiede <ma come hai fatto a non esultare?>”.
- Tu hai giocato ad altissimi livelli, con compagni di squadra importanti: chi di loro ti porteresti a Melfi?
“Sicuramente Pirlo, ma non penso che verrebbe (ride)…anche per un discorso di amicizia, Andrea è un ragazzo serio e a modo”.
- Altri due ex giocatori di Serie A stanno facendo o hanno fatto bene in Lega Pro: Gattuso al Pisa e Inzaghi al Venezia.
“Loro sono stati calciatori di altissimo livello, eppure hanno avuto la capacità e l’umiltà di fare la gavetta. Inzaghi ha annusato la serie A da allenatore, eppure non ha avuto problemi a fare due passi indietro e a rimettersi in gioco. In Lega Pro c’è il calcio vero, quello che ti forma: devi gestire squadre con ragazzi giovani e uomini di 35 anni, non è semplice. Stessa cosa per Gattuso, quando è andato all’Ofi Creta. Anche io, come loro, ho l’ambizione di crescere e di salire”.
- Per concludere: hai avuto tanti allenatori in carriera, quali sono stati per te i più importanti?
“Faccio due nomi: Mazzone e Novellino. Mazzone, a Brescia, mi ha lanciato e mi ha insegnato a giocare da esterno mentre Novellino, alla Sampdoria, mi ha permesso di raggiungere la Nazionale”.