Al sesto posto a quota 47 e reduce da cinque vittorie consecutive, il Siracusa è una delle realtà più in forma del girone C di Lega Pro. Mister Andrea Sottil è il suo condottiero: a gennaio l’ex difensore di Atalanta e Udinese ha tagliato il nastro delle 100 panchine alla guida degli aretusei, che ha allenato sia nella beffarda stagione 2011/2012 (quando i siciliani vinsero il campionato di Lega Pro Prima Divisione ma, per insolvenze, furono costretti a disputare i playoff, persi per differenza reti) sia in quella trionfale dell’anno scorso, con i Leoni Azzurri protagonisti di una cavalcata dal penultimo posto in serie D fino alla promozione. Mister Sottil, in esclusiva per Datasport, racconta le ambizioni e i sogni della sua squadra.
- A inizio anno molti vi davano per spacciati. Ora, al sesto posto dopo cinque successi di fila, non si può più dire che il Siracusa sia semplicemente una sorpresa. Cosa non funzionava nella prima parte della stagione che invece, partita dopo partita, ha iniziato a ingranare?
“Non è stato un inizio facile per noi, abbiamo perso tantissimo tempo per il cambio di denominazione della società: un impedimento burocratico indispensabile, che ha però fatto scivolare i tempi di costruzione della squadra. Abbiamo cominciato un ritiro con solo cinque-sei ragazzi dell’attuale rosa e tanti sono arrivati solo alla fine, perdendo quella fase importante di preparazione fisica e tattica. E questo unito a un calendario molto difficile. Comunque io e il direttore sportivo Laneri siamo sempre stati convinti delle nostre scelte: sappiamo di guidare un gruppo straordinario di uomini”.
- Cosa servirà per conquistare la migliore posizione possibile nella griglia dei playoff?
“Da quando eravamo in una posizione difficile ho sempre detto ai giocatori una cosa: lavorare a testa bassa e giocare partita per partita. Ovvio che oggi, a otto partite dalla fine, un po’ la classifica la guardi… ma noi rispetto agli altri abbiamo un vantaggio: non abbiamo nulla da perdere. Questa squadra è stata costruita per salvarsi: ora siamo una squadra matura ma dobbiamo rimanere umili, con la tuta da operaio, per fare il massimo dei punti possibili”.
- Cosa chiede ai suoi giocatori quando scendono in campo?
“Sempre il massimo. E chiedo tanto anche in allenamento perché è lì che si costruisce la mentalità: i giocatori devono crederci davvero, avere abnegazione. Volere è potere non è solo un detto: la forza di volontà cambiare le cose. Infine, chiedo di metterci anche del divertimento: il calcio è un gioco, e se interpretato nel modo giusto anche questo lato più “ludico” può fare la differenza”.
- Cosa le ha dato Siracusa come piazza?
“Qui ho passato il mio primo anno da allenatore professionista ed è stato magnifico, nonostante quella promozione in B mancata. Mi è rimasto dentro e, quando il ds Laneri al quale sono molto legato mi ha contattato, siamo tornati insieme e abbiamo vinto la D facendo una rimonta dal penultimo posto. La città è bella, la gente mi ha accolto bene… mi sono innamorato della Sicilia. Qualcuno dei ragazzi del mio primo anno c’è ancora: ci siamo rimessi in gioco e ci siamo tolti qualche soddisfazione”.