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Nel calcio, a 35 anni, vieni considerato un “vecchio” ma è proprio in quel periodo che comincia la vita reale. Paolo Castelli, portiere classe 1980, non ha ancora appeso i guantoni al chiodo (oggi difende i pali del Renate, in Lega Pro) ma ha già dato uno sguardo al futuro, creando con Matteo Andreoletti e Stefano Nadalini Keeper Project: "Un supporto tecnico per tutte le società di calcio – spiega - il nostro scopo è quello di lavorare con i portieri più giovani, con l’obiettivo di aiutarli a migliorare al di fuori degli allenamenti con la loro squadra di appartenenza".
Ancora pochi giorni, e il progetto verrà messo definitivamente in pista. "Avremo base nelle province di Lecco, Monza e Bergamo: la mia base sarà a Biassono, nei pressi di Monza, mentre Andreoletti sta già lavorando a Carugo, Calcinate e Loreto. Stiamo organizzando diversi open day, per farci conoscere e presentare la nostra idea di lavoro: ingresso gratuito, saremo a Calcinate il 12 ottobre, a Carugo il 14, a Loreto il 16 e a Biassono il 26". Per maggiori informazioni su Keeper Project, è possibile consultare la pagina ufficiale Facebook: di certo si tratta di un bel modo per fare calcio sano e pulito, valorizzando il territorio.
Intanto c’è un campionato da disputare ed una salvezza tutta da conquistare: Castelli, che in carriera ha indossato tante maglie (Cagliari, Reggiana, Lucchese, Spezia, Lecco, Modena, Crotone e Monza, per citarne alcune) è arrivato a Renate in punta di piedi ma ci ha messo poco a prendersi la maglia da titolare. Benedetti cambiamenti, avrà pensato quando i vertici del calcio e della Lega Pro in particolare hanno deciso di riscrivere le regole sull’utilizzo dei giovani: dall’obbligo di schierare dei fuori quota all’istituzione dell’età media, un’evoluzione della quale hanno beneficiato diversi calciatori e soprattutto i portieri, che fino a poco tempo fa erano da buttare già a 23-24 anni. "Senza l’introduzione di questa regola io oggi non sarei a Renate, probabilmente nemmeno in serie D – la cruda analisi – è comprensibile che la Lega Pro voglia far crescere i giovani, ma va fatto in modo naturale, non imponendolo con scelte forzate. Questo concetto lo possono capire tutti, anche coloro che svolgono altre professioni: perdere il lavoro solo per un discorso di carta di identità e non per demeriti dà fastidio. E pensare che una volta, nel calcio, l’esperienza era una virtù, soprattutto nel mio ruolo".
In cinque giornate il Renate non ha ancora vinto: "Non dobbiamo commettere l’errore di cadere nella spirale negativa: la squadra è valida, purtroppo stiamo avendo tanti infortuni e questo ci penalizza. Le sconfitte non mi fanno cambiare l’idea che ho sulla squadra, composta da bravi ragazzi ma soprattutto bravi giocatori: dobbiamo solo sbloccarci, senza però idealizzare troppo la vittoria". Certo, ci fosse il pubblico a dare un po’ di adrenalina: giocare in piazze come Renate è un’esperienza particolare, appassionati che seguono la squadra ce ne sono davvero pochi e disputare le gare interne a Meda, a oltre 20 km dal paese di origine, non aiuta di certo. Nemmeno i media danno la giusta visibilità ad un club piccolo che tuttavia in questi anni ha saputo raggiungere i propri obiettivi onorando sempre gli impegni presi: una società invisibile, disse tempo fa mister Boldini. "Chi viene a Renate sa che qui funziona così: c’è poca pressione per cui noi giocatori siamo messi in condizione di esprimerci al meglio, è chiaro che una piazza calorosa ci sarebbe sicuramente di aiuto e ci darebbe una spinta già prima della gara".
E ora sotto con la Reggiana, il prossimo avversario: 171.000 e più gli abitanti di Reggio Emilia, 4.100 circa quelli di Renate, una lotta impari sotto ogni punto di vista ma lo sport è bello anche per questo. E chissà che l’ambiente ostile ed uno stadio vero possano dare alle pantere della Brianza la tanto attesa scossa.