Libri di Sport: Stelle di David: come il genio ebraico rivoluzionò il calcio. La recensione di DataSport

Pubblicato il 21 maggio 2019 alle 15:05:16
Categoria: Libri di Sport
Autore: Redazione Datasport

Da Erbstein a Czeizler, precursori del calcio totale che il nazismo cercò di cancellare.

Niccolò Mello – Stelle di David, come il genio ebraico rivoluzionò il calcio – Bradipo Libri - Pag. 270 – Euro 15.00

La follia nazista non risparmiò neppure il calcio che il genio ebraico ha fatto evolvere in anticipo sui tempi. Figli di tante, troppe diaspore, ebbero intuizioni oltre che in svariati campi come la filosofia, la musica, lo spettacolo, la medicina e la politica, anche nel calcio, di cui furono i precursori assoluti. Questo nonostante il regime nazista abbia cercato in ogni modo di cancellarne i migliori protagonisti.

Molti purtroppo vittime dei lager, altri costretti a fuggire per non cadere vittime di una persecuzione mai finita. Il gioiello calcistico Wunderteam, la squadra austriaca, creata dal tecnico ebreo-boemo Hugo Meisl, attorno agli anni ’30, mostrò al mondo una perfezione tecnico-tattica riconosciuta dai più grandi allenatori, compreso Vittorio Pozzo che pure aveva battuto il Wunderteam nella semifinale mondiale del ’34, ebbe parole d’elogio per la raffinatezza del gioco austriaco. Meisl è stato uno dell’esercito che il genio ebraico ha prodotto. I nomi scorrono come un fiume in piena: Imre Hirschl, Ernest Erbstein, Lajos Czeizler, che guidò il Milan del trio dell meraviglie Gre-No-Li, Bela Guttman, Lippo Hertzka il primo tecnico a far grande il Real Madrid, negli anni ’30, Izidor Kurschner, altro innovatore, dopo aver insegnato calcio in Svizzera e Germania, nel 1937 emigrò in Brasile facendo crescere il calcio carioca alla grande. Gyula Mandi, uno dei pochi sopravvissuti, uno dei più forti difensori nella nazionale magiara negli anni ’20, assieme a Gustav Sebes e Bela Guttmann, costruì la meravigliosa nazionale ungherese degli anni ’50. Dopo l’invasione dei carri armati sovietici del ’56, emigrò prima in Brasile dove col Rio de Janeiro non ebbe successo, mentre in Israele divenne capo allenatore e guidò la squadra al secondo posto nella Coppa d’Asia nel 1960 e quattro anni dopo quella coppa la vinse e centrò la qualificazione ai mondiali del 1970 in Messico. Alexandru Schwartz, ebreo di Romania, cresciuto nel club sionista di Timisoara, città al confine con l’Ungheria, negli anni ’60 giocò in Francia, in Germania dove con l’Eintracht vinse la Coppa delle Alpi e in Portogallo nel Benfica. Uno dei pochi che hanno chiuso per anzianità di servizio. Si è spento nel 2000 a 92 anni. Eugen Konrad, ungherese, fratello maggiore del grande Kalman, calciatore senza acuti, si trasferisce in Austria dove guida il team della capitale e contribuisce a formare la squadra guidata dal quel genio di Mattias Sindelar, uno dei calciatori austriaci più talentuosi, mai sottomessosi al nazismo, morto in circostanze misteriose nel 1939. Eugen insegna calcio in Romania, in Francia e Austria, nel 1937 approda a Trieste, ma l’anno dopo viene espulso con le leggi razziali, ripara in Francia e poi in Portogallo. Trova pace alla vigilia della Grande Guerra, quando con la famiglia si imbarca su una nave che trasporta sughero e dopo tre settimane di navigazione sbarca negli USA. Solo la vetta di una base molto più ampia. Purtroppo molti di questi geni, con l’Anschluss divennero prede e vittime di una persecuzione pazzesca. Un libro da non perdere. Per riflettere.

Giuliano Orlando